mercoledì 5 agosto 2015

“Se hai un sogno il mondo cambia”


Stagni per l’allevamento dei pesci in Togo,  un progetto di riciclaggio dei rifiuti a Luanda, una start up che valorizza i capelli afro, un sistema di pozzi d’acqua alimentati dall’energia solare a Kinshasa, un centro che distribuisce kit per partorire in sicurezza in Tanzania, una piattaforma dedicata all’agricoltura in Senegal. Non solo idee per fare impresa sociale, ma il risultato di una visione rivoluzionaria dell’Africa come laboratorio di creatività e cultura. Un modo nuovo di vedere e interpretare le cose, il cuore dell’African Summer School: una settimana di formazione unica come certi paesaggi che tolgono il fiato.
Ci arriviamo a piedi a Villa Buri, circondata da un parco lì da secoli, a qualche chilometro dai ponti di Verona, Evelyn, Francesca e io, una domenica pomeriggio di luglio, dopo essere scesi al capolinea del 90.  Nell’ordine incontriamo un bar chiuso da tempo, un signore a cavallo e un grande fiume.
L’inaugurazione è alle 17 con Cécile Kyenge, ma come tutte le inaugurazioni slitta di una mezzoretta. C’è tempo per rileggere le tappe del viaggio: L’idea politica dello sviluppo e la dottrina dell’evoluzionismo sociale, Il modello delle dinamiche a spirale, Letteratura africana scritta e orale,  Imprenditoria sociale e microfinanza per le start up d’impresa, L’idea politica del Rinascimento africano, Il business model canvas, La regola dei 45 giorni, due sessioni di lavoro di gruppo, due incontri sull’imprenditoria sociale. Che sarà una settimana speciale lo capiamo subito dalla performance che conclude l’inaugurazione: Pegas Ekamba trasforma due ospiti italiani in ballerini congolesi e scherza su due bergamaschi che ogni giorno vedono un nero andare al lavoro: “Se usa la bicicletta, l’Africa non deve essere lontana”. Poi dopo lo spettacolo racconta che ogni giorno parla con i suoi antenati, quelli che l’hanno preceduto, che possono darci consigli, forza, coraggio. Anche noi pensiamo ai nostri amici e parenti che non ci sono più e ci domandiamo come la penserebbero, che cosa direbbero. La pizza arriva tardi, molto tardi, alle dieci e mezza, la fame è tanta ma nessun malumore, solo la gioia di essere insieme, cooperanti, startupper, studiosi, giornalisti, laureati in scienze politiche, economia, management e marketing, lingue e culture dell’Asia e dell’Africa, provenienti da Italia, Ghana, Congo, Senegal  Belgio, Inghilterra, Francia, Togo, Costa d’Avorio, Nigeria, Camerun, Marocco, Somalia, per scoprire un nuovo orizzonte, un altro modo di stare insieme e di fare impresa.
I ritmi sono serrati, si comincia alle 8.30, un’ora per la pausa pranzo, poi si prosegue fino alle 19, sotto l’occhio vigile del direttore e neopapà Fortuna Ekutsu Mambuku e della vice Laura Fregi, “Pregi” per gli amici, e accompagnati in cuffia dalle voci delle interpreti Benedetta e Stefania, protagoniste di interminabili maratone linguistiche. Le lezioni di storia del professor José Do-Nascimento sono ricche, complesse e di una brillante chiarezza. Lavoriamo a gruppi sulle bozze del suo saggio che sintetizza i risultati dell’Histoire géneralé de l’Afrique pubblicata dall’Unesco in otto volumi. Il continente che, secondo la versione più diffusa, sarebbe stato civilizzato a partire dal XVI secolo con le conquiste coloniali e la deportazione di 60 milioni di schiavi, ha una civiltà antichissima. Solo la profondità della visione storica, dalla civiltà egizia ai calcoli matematici dei popoli Ishango del 35.000 a.C., ai primi insediamenti in Sudan del 77.000 a.C, permette di progettare in modo autonomo il proprio futuro, di dar vita a un Rinascimento africano, come teorizzava già negli anni ’50 Cheikh Anta Diop, autore di Nations nègres et culture.
Il professor Mawuna Koutonin ha un approccio più pragmatico, ci guida nei colori delle dinamiche a spirale e nei quadri del business model canvas. Cosa sia un’impresa sociale lo spiega Maria Teresa Giacomazzi di Mag Verona, che con i suoi collaboratori è riuscita a raccogliere 378.000 euro per acquistare una casa di 300 metri quadrati da mettere gratuitamente a disposizione della cittadinanza.
Il compito più difficile spetta al professor Bienvenu Sene Mongaba. In tre lezioni deve riassumere la letteratura africana che, oltre ad autori come Senghor, Achebe, Gordimer, comprende anche forme orali di narrazione come il Kasala: tutti in cerchio a raccontare la propria storia. La sera, uno alla volta, introdotti dal ritornello karakajè, karakajè, kajè. kajè, ci siamo presentati: chi con una poesia che parlava di un amore smarrito e intravisto fra gli alberi mossi dal vento, chi con un monologo sulle telefonate della fidanzata, chi mimando la sofferenza delle madri che lavorano nei campi e hanno i bimbi da accudire.
I contenuti delle lezioni sono discussi, ripresi, interrogati, a pranzo e a cena: “Come possiamo cambiare se chi governa gli stati africani è al servizio degli stati occidentali? Ci impediranno di fare qualsiasi cosa.”
“E allora cosa fai aspetti? Sono stufa di aspettare, se vogliamo possiamo cambiare.”
“La vera libertà non è una strada senza buche, in alcuni paesi l’intolleranza è tale che proporre modelli diversi significa mettere a repentaglio la propria vita”. “L’Africa non ha bisogno di eroi o martiri, dobbiamo essere noi a testimoniare quello che siamo riusciti a fare.”
Dopo sette giorni insieme, fra dentifrici prestati, turni per lavare pentole e piatti, balli nell’atrio con gli smarthphone, gare per arrivare prima alle docce, colazioni con caccia alla Nutella, danze sotto la pioggia, chiacchierate e sorrisi italoportoanglofrancoafricani, pacchetti di sigarette da dieci, asciugamani e vestiti stressati, è arrivata l’altra domenica. Non siamo riusciti a lasciarci d’emblée: qualcuno è partito la mattina presto, qualcuno ha aspettato un passaggio, molti hanno partecipato alla visita turistica di Verona, e alcuni si sono fermati un giorno in più. Quasi tutti sono rimasti in contatto postando foto e commenti su Facebook e Whatsapp. Un amico della Summer ha detto: “Se hai un sogno il mondo cambia”. Anche il tuo.
  
African Summer School si è svolta dal 26 luglio al 2 agosto a Villa Buri a Verona; è promossa da Africasfriends, sostenuta economicamente da UIL Verona, ITAL nazionale, Banca Popolare, Ria Money Transfer e patrocinata dal Comune, dall’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), dal Dipartimento di Scienze della Vita e della Riproduzione e dal Dipartimento Tempo Spazio Immagine Società (Tesis) dell’Università di Verona.

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