lunedì 30 novembre 2009

Abir

Abir Fragranza, Adila Giusta, Afaf Castita', Afrah Felicita', Aidha Colei che parte ma ritorna, Aisha Vita, prosperita', Alia Alta (moralmente), Amal Speranza, Amina Fedele, Amira Principessa, Anbar Profumo d'ambra, Anisa Amichevole, di buona compagnia, Asiya Colei che tende verso I deboli e li solleva, Asah Pianta dal verde brillante, Asmà Eccellente, preziosa Bahira Abbagliante, brillante Basma Sorriso Dhuha Mattino, Faiza Vittoriosa, vincente, Fadwa Colei che si sacrifica, Farida Perla rara, Farah Felicita', Fawziya Coronata dal successo, Firdus Paradiso, Ghada Bella, Ghaliya Preziosa, Hadiya Dono, guida verso il giusto, Hamida Lodevole, encomiabile, Hanan Tenerezza, Halima Gentile, paziente, Hyam Amore delirante, Huda Guida retta Huriyya Angelo, Ikram Onore, ospitalita', Ilham Intuizione, Iman Fede, Intissar Trionfante, Isdihar Fiorente, rigogliosa, Jamila Bella, Jumana Perla d'argento, Kamila Perfetta, Karima Generosa, Kawthar Fiume del Paradiso, Lamia Dalle labbra colorate, Latifa Gentile, educata, Leila Notte, Lina Tenera, Maha Gazzella, Maisa Che cammina con fierezza, Manaar Luce che guida, Maram Aspirazione, Maryam Maria, antico nome arabo, Maimuna Propizia, favorevole, Maysun Di bell'aspetto, Muna Desiderio, Munira Colei che sparge la luce, Nabila Nobile, Nada Generosita', rugiada, Nadia Colei che comincia, Nadira Rara, preziosa, Nadwa Conciliante, Naima Che vive una vita dolce, piacevole, Najaa Successo, Najat Sicurezza, Najla Dialogo segreto, Nawal Dono, Nazaha Purezza, rettitudine, Nur Luce, Rania Che osserva con attenzione, Rasha Giovane gazzella, Rashida Saggia, intelligente, Rim o Rima Gazzella, Safiya Tranquilla, serena, pura, Sahar Alba, aurora, Salima Salva, Salwa Sollievo, conforto, Selma Pacifica, Samar Colloquio notturno, Samira Compagna ospitale, Sanaa Splendore, fulgore, Sharifa Nobile, generosa, Siham Freccia, Suha Nome di una stella, Suheila Morbida, delicata, Tahira Pura, casta, Wafa Fedelta', lealta', Wajiha Eminente, distinta, Warda Rosa, Widad Amore, amicizia, Yasmin Nome di un fiore, Yusra Accomodante, Zahira Raggiante, splendente, Zahra Fiore, Zakiyyeh Pura, Zeina Bellissima.

sabato 28 novembre 2009

Odissea

Due, due non in regola con il biglietto, lei e il suo elegante cappello color sabbia, lei e una festa di laurea, l'altra e la sua macchina in disordine, l'altra e una spaesata beneficenza, umori che si mescolano in caffè macchiati di pensieri diversi, versi di un discorso spezzato come un bicchiere nell'Odissea dei nostri cuori, sguardi amici tra sedie blu cobalto, nell'infinito spazio l'occhio della tecnica e quello dell'uomo si specchiano in un valzer. Vecchie lezioni si ripetono verso l'oltre, un dito lo indica ma saremo capaci di guardare, guardarlo, guardarci con occhi diversi? Tempo trascorso sui volti, sorrisi cambiati negli anni uguali a un adesso passato o a venire. Da me a te e da te a me una voce elettrica senza volto mentre vediamo mondi diversi. Poi musica del sud, incontri senza ritmo, frettolosi inganni. Infine lungo la strada punteggiata da luci e da un cercare quel che ancora non siamo. C'è qualcuno con noi? Adesso c'è da fare la spesa, manca il latte e bisogna prendere il pane, hai quei libri ancora da leggere e quelle righe ancora da scrivere.

venerdì 20 novembre 2009

Bach

"Non v'è dubbio - scrive Gadamer - che l'arte bachiana sia di una ricchezza inesauribile dell'espressione e di una profondità interiore senza pari; e tuttavia ne fraintenderemmo la natura se la pensassimo come espressione di stati d'animo e di sentimenti individuali. Il principio cui quella musica risponde non è quello della soggettività che si esprime, ma quello della rivelazione, dell'attingimento di un ordine superindividuale."

mercoledì 18 novembre 2009

Nebbia

Adoro la nebbia e quell'aria d'acqua d'argento che ti avvolge e ti fa sentir nuvola.

giovedì 12 novembre 2009

Città inconfessabili


In questo quattro novembre piovoso come altri si apre a Venezia il convegno “Le città inconfessabili”, organizzato dall’Istituto Ramon Llull di lingua e cultura catalana e coordinato da Patrizio Rigobon docente di Letteratura catalana a Ca’ Foscari. Nella città unica di riflessi e labirinti, si cammina per le strade e le piazze, per gli itinerari espliciti e, a volte, segreti di un discorso cominciato da Maurice Blanchot nel 1983 con “La comunità inconfessabile”, tema del padiglione catalano della Biennale e suggestione raccolta dai relatori dell’incontro. Dopo i versi di una poesia di Narcis Comadira letti da Josep Bargallò, direttore dell’Istituto Ramon Llull, “Così si son fatte le città:/ costruite lentamente/ di pietre che ieri erano/ vite umane: amori,/ sofferenze che nessuno ricorda/, Mercè Rius ne “Le anime delle città” muove da Musil: “Si conoscono le città, come le persone, per il loro modo di camminare”, ma se nelle città lo spazio pubblico in cui camminare viene a mancare, l’ottimismo delle comunità virtuali è solo consolatorio, diventa la comunità di coloro che non hanno una comunità. “L’anima delle città – dice Rius – è il loro ritmo, in assenza del quale sono morte. E il ritmo nasce da una particolare combinazione di spazio e tempo, senza uno dei due elementi non si dà ritmo. Dunque la massificazione 0n line corrisponde alla perdita d’anima delle città reali, nelle quali i cittadini si abbandonano a movimenti frenetici, antitesi della magnanimità, in uno spazio riconosciuto solo in funzione del tempo che si impiega a percorrerlo. In compenso, mentre la città reale “dissimula” lo spazio, la città telematica”dissimula” il tempo. La sua innovazione spettacolare consiste nella riduzione infinitesimale del tempo che impiega l’informazione a spostarsi. Il suo sogno dorato, la simultaneità.” Ma comunicare non è “dire le cose”, per dire le cose bisogna scrivere. Ma per chi? “Forse la comunità di quelli che non hanno una comunità – continua Rius – si esaurisce nello stretto spiegamento spazio-temporale della scrittura come in attesa di una risposta che colui che lancia il grido probabilmente non otterrà mai. Questo solitario, se non si accontenta della possibilità di entrare nel reame dello spirito, non conoscerà altra forma di trascendenza. E non dovrà lamentarsene.” Si procede quindi nel Labirinto Lisbona accompagnati da Vincenzo Arsillo che rilegge il Libro dell’Inquietudine di Pessoa: “Il capo del mondo è in noi, a che scopo viaggiare, dove altro potrei essere se non in me stesso, la vita è ciò che faccio ora” e, Lisbon Revisited: “Una volta ancora ti rivedo, Lisbona, e Tago e tutto, viandante inutile di te e di me, straniero qui come dappertutto, casuale nella vita come nell'animo, fantasma errante in sale di ricordi, al rumore dei topi e delle tavole che scricchiolano nel castello maledetto del dover vivere...
È ora di raggiungere quartieri derridiani con la “Confessione inconfessabile: la città democratica e il diritto al segreto” di Joana Masò che parte da un racconto di Blanchot, “L’idillio": “In una città dove regnava l’armonia ogni nuovo arrivato contraeva matrimonio con una ragazza della città e, una volta celebrate le nozze, moriva. Poi, verso sera, un familiare occupava il suo posto accanto alla giovane ragazza sorpresa d’accompagnare qualcuno che ormai non gli era sconosciuto.” La metafora è chiara: lo straniero è destinato ad essere sostituito con il familiare. Derrida, scrivendo della polis greca, denuncia il paradosso dello straniero che si vede obbligato a chiedere il diritto all’ospitalità usando una lingua che non è la sua, per farsi capire dovrà ricorrere ad una serie di codici che potrebbe usare correttamente solo se non fosse straniero. “Quando uno stato non rispetta il diritto al segreto, il diritto alla differenza o al sentirsi straniero, diviene minaccioso.” In sintonia anche la citazione di Mercè Rodoreda: “”Nel vedere che non gli rispondeva, mi chiese che gli spiegassi la mia vita (…) La mia vita è mia (…) se la spiego, fugge, la perdo...
Ci si ferma quindi nella post-metropoli studiata da Vittorio Gregotti, la città della rete e dei flussi , nella quale agli spazi pubblici si sostituiscono gli open interiors come il centro commerciale, lo stadio, le stazioni. Il viaggio prosegue nei paesaggi pietroburghesi di Silvia Burini, tra vie e palazzi scolpiti nell’aria, spazi onirici nei quali prende vita la statua che nel racconto di Puskin insegue Eugenio. Nelle lande carsiche de “La ripetizione” di Handke e nei quadri di Zoran Music esplorati da Simona Skrabec. Nelle città utopiche americane sotto la guida di Rosella Mamoli Zorzi. Luoghi perfetti dove le regole soffocano la libertà: New Harmony, Fruitsland, Herland, Walden, la città di Arcosanti di Paolo Soleri. La comunità ideale s’inventa anche in Rete: etopia. Altra tappa del cammino la riflessione “dietro il sipario” di Francesca Bisutti sulla città nel teatro con i suoi luoghi anonimi, privi di umanità, di riconoscimento, come la strada descritta da Miller in Morte di un commesso viaggiatore. Si approda infine alla Barcellona di Sagarra con Patrizio Rigobon e alla “città confessata come linguaggio” con Paola Mildonian: “Il nostro linguaggio – scrive in modo speculare Wittgenstein - può essere considerato come una vecchia città: un dedalo di stradine e di piazze, di case vecchie e nuove, e di case con parti aggiunte in tempi diversi; e il tutto circondato da una rete di nuovi sobborghi con strade diritte e regolari, e case uniformi."

domenica 8 novembre 2009

Soldi e libri

In una lettera de del 4 luglio 1958 Italo Calvino scrive a Leonardo Sciascia:"Dici che devi avere dei soldi. Ma che c'entrano i soldi coi libri? Soldi e libri, purtroppo, appartengono a due universi non comunicanti".

sabato 7 novembre 2009

No man's land

"Fin dai primi anni della mia giovinezza - scrive la Berberova - pensavo che ognuno di noi ha la propria no man's land, in cui è totale padrone di stesso. C'è una vita a tutti visibile, e ce n'è un'altra che appartiene solo a noi, di cui nessuno sa nulla. Ciò non significa affatto che, dal punto di vista dell'etica, una sia morale e l'altra immorale, o, dal punto di vista della polizia, l'una lecita e l'altra illecita. Semplicemente, l'uomo di tanto in tanto sfugge a qualsiasi controllo, vive nella libertà e nel mistero, da solo o in compagnia di qualcuno anche soltanto un'ora al giorno, o una sera alla settimana, un giorno al mese; vive di questa sua vita libera e segreta da una sera ( o da un giorno) all'altra, e queste ore hanno una loro continuità".
foto: interno della libreria Stella in via San Francesco a Padova

giovedì 5 novembre 2009

Le città

Così si son fatte le città:
costruite lentamente
di pietre che ieri erano
vite umane: amori,
sofferenze che nessuno ricorda.
(Narcìs Comadira, poeta catalano)

mercoledì 4 novembre 2009

Scrittura e libertà

I colori violatopazio del tramonto, la luna piena dal Ponte degli Scalzi, il sapore morbido di una ciambella al cocco, l’attimo sguardo di una gallerista che scompare tra quadri di Botero, l’immagine sfocata di Tiziano Scarpa, dietro i vetri appannati dell’Ateneo Veneto. Tra poco inizia il dibattito con gli scrittori Tizano Scarpa e Roberto Ferrucci su “Scrittura e libertà (di stampa)”, conduce Gianluca Amadori. Scarpa: Mi viene in mente quello che considero uno dei miei scrittori preferiti, Gaio Valerio, è uno scrittore veronese, ecco immaginate una cassapanca e quando la aprite trovate un sacco di fogli mischiati, in uno si parla di faccende domestiche, nell’altro c’è un’invettiva politica, poi una poesia d’amore e così via, ecco il Liber Catulli è arrivato a noi così come quella cassapanca. Si può parlare, credo si debba parlare anche di quello che non è attuale. Perché accanto alla cronaca parlamentare il giornalista non ci racconta anche di una bega familiare, di una gita? Credo che la libertà sia poter sfuggire all’ordine del giorno imposto dall’agenda dell’attualità. Ferrucci: il compito degli scrittori nei giornali è quello di fare colore, il pezzo di spalla sul mercato a Sanremo o di commento a qualche disgrazia, oppure di essere giudicato un antitaliano come Tabucchi. Il giornalismo oggi è spesso solo cronaca di fatti non importanti, pettegolezzo morboso. Il mio invito è resistere. Scarpa: Non si può dire che in Italia manchi la libertà di stampa, ma ci sono delle differenze, ci sono dei luoghi come la rete o piccole case editrici dove puoi scrivere liberamente ma senza raggiungere il grande pubblico. A differenza di quanto si pensava una decina di anni fa il sistema reticolare di una informazione orizzontale aperta a tutti non ha sostituito il sistema centrale rappresentato dalla tv e dai grandi giornali. In sintesi solo se passi dal Premio Strega, da Miss Italia o da Sanremo tutti ti vedono e ti leggono. Ferrucci: L’Italia è l’unico paese in cui il numero di persone collegate alla Rete è diminuito, forse hanno buttato i modem nel cestino. In America Obama ha costruito una parte della sua campagna elettorale su Twitter e Facebook, da noi mancano blogger famosi o siti d’informazione che siano riusciti a raggiungere una certa visibilità. Quasi le otto, devo prendere il treno, esco mentre Tiziano Scarpa racconta dei suoi scritti corsari pubblicati in luoghi della rete poco frequentati o con editori che non sono al centro del sistema stellare. Una signora con giacca leopardata e lenti spesse che le ingrandiscono gli occhi mi precede e commenta: sè vero che sè un po’ vanitoso sto scarpa e poi o dise anche , ma anca questa se na forma de vanità. Uscendo in calle aggiunge: però i potea ciamar qualcuno che non fusse d’accordo, è mancà il parer contrario. Mentre sgaiattolo tra le calli verso la stazione cerco di entrare con gli occhi nelle finestre illuminate dei palazzi, penso alla libertà di stampa, questa volta senza parentesi, ad una possibile definizione, a chi decide l’agenda dell’attualità, direi il mercato visto che il giornale è un’azienda , ma anche le fonti primarie, politica, magistratura, che peso ha il doppio il filo che lega il giornalista alle fonti, e infine se non puoi uscire dal main stream mercantile o da quello che il caporedattore ha deciso di mettere in pagina sei ancora libero? Sì, di scrivere sul tuo blog che non legge nessuno. Binario 14, sono arrivato con cinque minuti di anticipo.

martedì 3 novembre 2009

L'asino

Una scodella bianca annerita dal fumo e un pianoforte che scende le scale. La scodella annerita è in realtà un quadro, perché l’artista, dopo averne annerito il fondo con una candela, lo ha inciso come fosse un’acquaforte per rappresentare un asino. Quell’asino sembra uscire da una notte nebbiosa, il suo spirito è instancabile, lo sguardo è vivace e per nulla addomesticato.
Il pianoforte che scende le scale è un sogno che se ne va. Fu venduto insieme ad altri mobili nel dopoguerra. Il bambino che voleva diventare un pianista prova un profondo dispiacere mentre lo guarda scomparire. Il piatto è appeso alle mie spalle mentre intervisto Paolo Portoghesi nella sua casa di Calcata.

lunedì 2 novembre 2009

Sisifo, Tantalo, Issione

Ci sono tre miti greci che interpretano in modo acuto la condizione umana, il nostro continuo raggiungere e perdere qualcosa senza poterci mai fermare, perché continuamente trascinati in un moto circolare tra alto e basso, luce e ombra, vita e morte, un moto che ricorda il sole che cala e risorge.
Sisifo deve spingere un grande masso da una parte all’altra di una collina, ma non vi riesce mai perché a poca distanza dalla vetta il grande masso lo travolge con il suo peso e rotola di nuovo a valle; Sisifo deve allora ricominciare da capo, “mentre il sudore gli bagna le membra e una nube di polvere si alza sopra il suo capo.”
Tantalo tormentato dalla fame e dalla sete è appeso ai rami di un albero che sfiorano uno specchio d’acqua, ma ogni volta che si avvicina all’acqua per bere, l’acqua si allontana, e ogni volta che tenta di cogliere un frutto dall’albero un soffio di vento glielo impedisce. Inoltre un grande masso potrebbe precipitare dalla montagna e schiacciarlo.
Issione, invece, fu legato a una ruota di fuoco che rotola senza posa nel cielo.
"Oknos intreccia una corda di giunco che un'asina via via rode.
Le Danaidi si sforzano invano di riempire una giara bucata con l'acqua che cola da un setaccio pieno di buchi - setaccio a proposito del quale Platone dirà che esso è l'anima di queste sciagurate, incapace, per dimenticanza, di non lasciarsi sfuggire il suo contenuto."1
1 Jean Pierre Vernant, Mito e pensiero presso i Greci