“Ci hanno rubato il futuro, si sono presi il
nostro tempo”. Le pronuncia sottovoce ma spaccano i timpani, sono
una sveglia che non vuoi sentire le parole di Marc Augé nel chiostro della
biblioteca civica di Pordenone. Questo signore, dal volto francescano
incorniciato da un’argentea barba, sorride e parla con misura. C’è una sola
parola che ripete diversa dalle altre, con pienezza leggera, con forza
silenziosa, con entusiasmo trattenuto : Temps. Ma chi ha ucciso il nostro tempo?
Gli autori del delitto sono due: la crisi della finanza che ha cancellato ogni
progetto e la tecnologia che ci tiene inchiodati all’istante con i telefonini e
Internet.
"Nel blog l'altro può firmare nel tuo testo, esiste uno spazio per chiunque decida di arrivare"
martedì 25 settembre 2012
giovedì 20 settembre 2012
Il post it sulle cose
Le parole servono a prima vista a dare un nome alle cose, come se per ogni oggetto della realtà ci fosse un post it che dice mela, albero, casa. Le cose si complicano quando alle parole corrispondono concetti, sentimenti, ideali: libertà, amore giustizia. E si complicano ancor di più quando si tratta del nostro nome, quello che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, da dove viene questo nome, che rapporto ha con il nostro volto? E se il nome è quello di una persona vissuta nel passato a chi/cosa corrisponde? Forse il nome gioca di volta in volta un gioco diverso.
martedì 11 settembre 2012
Ghezzi
L’ultima scena è onirica, Jean Dastè sei tu,
il tuffo dall’Atlante, e sott’acqua Enrico Ghezzi nuota in un groviglio di riflessi, più a destra
Massimo Donà suona la tromba curvo che sembra Chet Baker. Nuota Ghezzi nella
storia del cinema, anzi nel Cinema, e la sua voce è differita, come quando lo
vedevi a Fuori Orario con le cuffie da telegrafista, i capelli arruffati, la
voce polverosa, la luce sottomarina; la voce di Ghezzi rinvia a una passione
totale, a una discesa senza ritorno nei fotogrammi. Non simula niente, nuota
nell’Arrivée d’un train en gare à La Ciotat o ne L’uscita dalla
fabbrica,
“che già annunciava il mondo come controllo di facce ... grazie al cinema si
acchiappano i facinorosi”,
lunedì 10 settembre 2012
domenica 9 settembre 2012
Letto a una piazza
“Una città che trasforma
la sua piazza in una camera da letto è una città in cui vale la pena
vivere”, dice Edoardo sonnecchiando sotto le coperte in Piazza Flaminio.
Roberto ha sorpreso romanticamente sua moglie Serena: “Per il compleanno ti porto
a dormire fuori questa sera”, lei è rimasta senza parole quando ha visto la
location. Silvia e Margherita hanno scelto la dormita open air per
meravigliarsi. Con lui altre trenta persone che hanno scelto di dormire sotto
le stelle dando vita alla performance Deja Vu ideata da Pierluigi Slis.
sabato 8 settembre 2012
Avere vent’anni
“Avevo vent'anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è
la più bella età della vita», scriveva Paul Nizan nel 1931. “Avere vent’anni a
Tunisi e a Il Cairo” è il titolo dell’ultimo libro del sociologo e scrittore Khaled
Fuad Allam (in libreria in autunno) che scompagina lo stereotipo della Primavera araba: “Non c’è
rivoluzione nel mondo arabo, non è possibile - sostiene Allam. Lo scardinamento
temporale tra un prima e un dopo appartiene alla cultura occidentale, tanto che
Albert Soboul intitola un suo famoso saggio 1789, l’anno primo della libertà,
nel pensiero islamico invece il tempo non appartiene agli uomini ma a dio.”
Proust è jazz
Proust è jazz ha detto Enrico Rava, dove una volta la pietra si
trasformava in polvere, nell’atmosfera postatomica dell’ex Italcementi, accanto
all’amico e filosofo Massimo Donà, da un’idea ne nasce un’altra, una sterzata
improvvisa incontra nuove strade, una petite madeleine come un semplice tema
jazz può portarti ovunque, verso un finale inaspettato, in una depressione
profonda perché non sei riuscito a suonare come volevi, a giocare con la
banalità per cambiare regole già scritte come Paul Auster in Trilogia di New
York, Davis, Baker, Monk, sono chiarissimi, poi a un certo punto
venerdì 7 settembre 2012
Intercettazioni
Sono rimaste quindi
48 no 50 sedie, Fino a dove siamo arrivati?
Oltre il varco, Ma fa effetto, fa riempimento? Sì, guarda che per la festa di
domani sera con i sacchi di cemento per terra non possono fare lì il palco,
quindi lo fanno nell’altra parte dove c’è quella cosa alta, viene lì il djset,
A me basta una prolunga, basta che mi lasci una prolunga 10 metri,
io dentro gli faccio trovare un faro da cantiere, dobbiamo collegarci in due,
Sto pensando, il faro di cantiere che spina ha?
giovedì 6 settembre 2012
Anima e Tablet (6)
Nel
sesto e ultimo capitolo di Anima e iPad intitolato Corpus (escatologia) Maurizio Ferraris guarda a cosa
ne è di noi dopo la morte: come sopravvive la nostra anima, la nostra
coscienza? Non, come avevamo immaginato da bambini, incontrando i nostri amici
e parenti lassù, oltre le nuvole, ma tra gli spettri della rete, tra le mille
facce di Facebook, nel Totentanz di Youtube, o nel silenzio di un libro.
mercoledì 5 settembre 2012
Attenti a non inciampare
La
favela di San Augustin a Caracas e Vittorio Veneto hanno una cosa in comune:
vanno cambiate, riattraversate, condivise. Nella capitale venezuelana ci sta
pensando lo studio Think Tank, a Vittorio Veneto ci prova da sei anni Comodamente.
Nei dintorni di Piazza Flaminio spunta un orto sulla “spiaggetta” del Meschio,
un cubo di Rubik su tappetto verde e pallet vicino al ponte, dopo decenni si
apre la burella (passaggio segreto) di Casa Gandin, detta anche di Salomone, e
nascono dei giardini su strani animali di legno accanto a grandi mammelle
illuminate. Sono le sette le installazioni del concorso internazionale di
architettura Locus Amoenus
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