venerdì 13 febbraio 2009

Come dirlo?

Parole magiche, diplomatiche, immaginifiche e biforcute, parole vere e false. Se il discorso può essere associato ad un treno di combinazioni diverse, Adelino Cattani, docente di Teoria dell’argomentazione all’Università di Padova, ci accompagna alla scoperta delle sue carrozze. “Come dirlo” (Loffredo editore), è un viaggio curioso tra le sfumature paesaggistiche dell’arte della parola. Si comincia con le parole magiche, quelle che incantano, che cambiano la vita, come giuramenti, benedizioni, sentenze, o che salvano poeticamente come Sherazade ne Le mille e una notte. Si prosegue con le parole diverse e gli eufemismi. Tra povero e economicamente svantaggiato, fiscalità e tasse, inceneritore e termovalorizzatore, tortura e “rigoroso esame”, le tonalità e gli effetti del nostro dire mutano. Perifrasi forbite che Cattani mostra con sense of humour:”Ella ha una scatola cranica che più che alla speculazione sarebbe atta alla riproduzione”. Pagina dopo pagina l’Autore s’inerpica sul treno in corsa e come un funambolo ci accompagna da un’espressione all’altra: l’inadeguatezza del termine First Lady; le definizioni del Lexicon recentis latinitatis; la Culeide del Gigli e il De modo cacandi di Rabelais; le furbizie del doublespeack citando anche Voltaire: “Quando una signora dice no, vuol dire forse. Quando dice forse, vuol dire sì. Quando dice sì, non è una signora” ; le variazioni possibili su uno stesso tema con quindici modi per dire “Lo so” e trentacinque per “Bisogna lasciare lentamente la frizione”. Il treno corre con a bordo una compagnia di alti ingegni: Shakespeare, Erasmo, Queneau, Swift, Wittgenstein, Orwell, Rabelais, Calvino e tanti altri. Il discorso a volte si attenua a volte si amplifica, mai si ferma, scarrozzando pensieri, sentimenti emozioni per nuovi territori. Certo a volte inganna perché “Se le persone non si illudessero, non si ingannassero o non fossero ingannate circa sé stesse, si perderebbero molte possibilità di realizzare molte cose buone”. Di stazione in stazione non si saltano i modi per chiedere o rifiutare un favore, per ben dire male dicendo, con uno spassoso ritratto del social climber che “sa tutto ma non sempre capisce tutto”, transitando per l’ insulto raffinato: “Lo sa? Lei mi ricorda il principe Myskin”, approdando infine agli equivoci linguistici tra uomini e donne e alle convenzioni del politically correct. E tra poliedrici riferimenti e umoristiche notazioni, si giunge in testa al treno per capire che “Non c’è cosa così importante che non importi come sia detta”. Meglio se con un po’ di zucchero direbbe Mary Poppins.

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