sabato 8 giugno 2013

La sinagoga degli iconoclasti


 Alle volte i libri, come le persone, s’incontrano per caso, sfogliando vecchi giornali da consegnare alla lucrosa società di smaltimento rifiuti, che a giorni alterni sfrutta il nostro lavoro di temporary street cleaner. Con le mani inaridite dalla carta e dall’inchiostro, con il tappeto cosparso di pagine strappate, fogli destinati ad un archivio senza indice, può capitare di leggere che La sinagoga degli iconoclasti di Rodolfo Wilcock  è uno dei libri più importanti del XX secolo, e anche che in Italia non ha praticamente pubblico. Stampato da Adelphi nel 1972 e poi nel 1990, è rimasto un tomo per aficionados.  La Sinagoga degli iconoclasti ci mette di fronte a una compagnia di trentacinque geni bizzarri: Juan Valdés y Prom, noto per le crisi di glossolalia che provocò ai relatori di un congresso alla Sorbona, Theodor Gheorghescu che conservò sotto sale 227 negri con un’aringa fra i denti rivolti verso Gerusalemme, Yves de Lalande, primo produttore  di romanzi su scala mondiale (più sotto un breve estratto), Socrates Scholfield, che brevettò un apparecchio per dimostrare l’esistenza di dio (più sotto un breve estratto), Félicien Raegge teorico della natura invertibile del tempo (più sotto un breve estratto), André Lebran inventore del pentaciclo ... Alcuni assaggi della prosa surreale ed enciclopedistica di Wilkock: “L’ufficio Destini era di carattere combinatorio; la titolare si serviva di una roulette e per ogni personaggio tirava tre numeri corrispondenti a tre schede dell’archivio doi Incidenti-Base, con le quali veniva rapidamente composto a ciascuno il suo destino. Nell’ufficio Concordanze si concordavano tra loro i destini individuali, in modo da evitare che un personaggio sposasse suo figlio o nascesse prima di suo padre o anomalie del genere, La vicenda ormai composta e concordata passava all’esperta in Stili-Base che assegnava al romanzo lo stile più adatto tra quelli in voga in quel momento; infine la ragazza addetta ai Titoli proponeva da sei a otto titoli da scegliersi a lavoro ultimato. Questa prima fase preparativa richiedeva tutt’al più una mattinata di lavoro; subito dopo il romanzo passava allo stadio di Lavorazione vera e propria”.  “La sua esistenza ha sempre sollevato dubbi. Del problema si sono occupati san Tommaso, sant’Anselmo, Cartesio, Kant, Hume, Alvin Plantinga. Non ultimo Socrates  Scholfield, titolare del brevetto registrato  presso l’U.S. Patent Office nel 1914 col numero 1.087.186. L’apparecchio di sua invenzione consiste in due eliche di ottone incastrate in modo che, lentamente girando ciascuna intorno all’altra e dentro l’altra, dimostrano l’esistenza di Dio. Delle cinque prove classiche questa è detta prova meccanica.” “Anche Félicien Raegge compose il suo libro, prevedibilmente intitolato La fléche du temps, meno prevedibilmente stampato a Grenoble nel1934. Consapevole, però, converrà ribadire, di stare abrogando in maniera irrevocabile la migliore spiegazione fino a quel giorno esistente del carattere retrogrado del tempo. Lo confortava, insinua, l’idea che tutte le idee siano destinate a scomparire: basta aspettare il momento del loro insorgere; un attimo dopo, nel flusso indietreggiante dei secoli, l’idea sfuma. L’uomo divenat davvero antico, raggiunge stadi di banale magia, e un giorno infine si scopre muto, forse ringhioso.”
Vengono in mente altre finzioni e personaggi fantastici, quelli di Borges, Swift, Bacone (La nuova Atlantide), Rabelais, Cervantes, Calvino, Schwob, Hrabal, Keret. E scienziati in carne ed ossa come Otto Overbeck che nel 1924 brevettò il Rejuvenator, un apparecchio elettrico che garantiva eterna giovinezza; il  chirurgo franco-russo Serge Voronoff che impiantava tessuto estratto  da testicoli di scimmia in uomini anziani; Werner Forsssman che davanti allo specchio s’infilò un sottile catetere nella vena del braccio e lo spinse fino a raggiungere il cuore. 
“L'autore, Rodolfo Wilcock, è uno scrittore leggendario – scrive Roberto Bolano. Nato a Buenos Aires nel 1919 e morto a Lubriano, in Italia, nel 1978, fu amico di Jorge Luis Borges e Adolfo Bioy Casares. I suoi primi libri furono di poesie: Libro de poemas y canciones(1940), Los hermosos días (1946), Paseo sentimental (1946). A trentanove anni si stabilì in Italia e cominciò a scrivere in italiano. Del suo periodo italiano, il più ricco, vanno ricordati soprattutto il romanzo Il tempio etrusco (1973), le prose dello Stereoscopio dei solitari (1972), Il caos (1960) e Il libro dei mostri (1978), oltre a vari libri di poesie e teatro”.

Nessun commento:

Posta un commento