sabato 1 giugno 2013

Il potere di ferire gli altri


“L’incapacità di abbandonare il potere sembra sia connessa a una carenza di identità dovuta a scarsi riconoscimenti nell’infanzia, accompagnati da soverchianti richieste genitoriali che generano un senso di inadeguatezza a cui i più si rassegnano, mentre gli uomini di potere non cessano  di cercare nel riconoscimento esterno. Questa teoria, formulata da Manfred Kets De Vries, della Harvard Business School, trova conferma nel fatto che per compensare il bisogno di attenzione, riconoscimento e affetto non riscosso da bambino, l’uomo di potere ha una sorta di coazione a comparire, a farsi vedere, riscuotere approvazione
, consenso, seguito, per non fare i conti con la scarsa stima  di sé che segretamente avverte.
Apprendo inoltre dalla lettura di La morte del prossimo di Luigi Zoja che una ricerca dell’Università di Surrey, ha comparato un gruppo di 39 manager di successo con altrettati criminali, riscontrando in entrambi i gruppi caratteristiche antisociali, immoralità e un alto tasso di aggressività, che nei manager, (definiti “psicopatici di successo” a differenza dei criminali , “psicopatici “senza successo”) non è immediatamente visibile e quindi più pericolosa, accompagnata da un cinismo non dissimile da quello riscontrato nei criminali. come si fa con questa natura, a separarli dal potere?”
Scrive oggi Umberto Galimberti sul Venerdì di Repubblica. Si potrebbe aggiungere che il bisogno di riconoscimento è proprio di ogni essere umano (nessuno si rassegna a non avere riconoscimenti) ma che nell’uomo o nella donna di potere assume una direzione unilaterale: riconoscere l’altro come inferiore a sé (dipendenti, fan, collaboratori) e quindi riconoscersi/sentirsi superiori. Anche l’aggressività è una tratto caratteristico dell’animale uomo, ma tra manager e criminali c’è una differenza fondamentale: i primi siamo liberi di incontrarli o meno, i secondi distruggono le nostre esistenze attraverso l’inattesa banalità del male. L’aggressività scorre costante nel treno dei giorni: dai saluti evitati, alle risposte negate, agli atteggiamenti indifferenti o ipocriti, alle piccole calunnie, alle scortesie di chi si trova dietro una scrivania o uno sportello, o semplicemente non si alza per lasciar posto ad un anziano, a una signora incinta. Atti che mostrano bene come non occorra essere dei manager o dei criminali per ferire l’altro, per non riconoscerlo. Forse, pur vivendo sullo stesso pianeta, apparteniamo a pianeti differenti e, credo, irraggiungibili.

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