venerdì 15 aprile 2011

Katzenstein

Katzenstein, non aveva capito altro la recluta Etgar Keret alla fermata dell'autobus, tra quei due che litigavano, lei alta e bionda, lui alto e con i capelli grigi. Parlavano in russo e gridavano Katzenstein. Quella parola, di cui ignorava il significato, chiamò il suo inconscio a scrivere Katzenstein, un racconto surreale, ironico, intelligente. Etgar Keret è nato a Tel Aviv nel 1967. I titoli delle sue brevi storie rinviano a situazioni oniriche: Pizzeria kamikaze, Colla pazza, Asma, Tubi, Papà è scappato col circo. Incontrando il pubblico di Incroci di civiltà, fra tante cose, ha detto: Se sapessi come risolvere i problemi pratici non sarei uno scrittore. Quando pensi di essere la vittima l'ultima cosa che ti interessa sono i problemi dell'altro. Scrivo dialogando con il lettore come se fossimo al bar, il nostro rapporto non è mai da boss a picciotto. Quando finisco una storia sono sorpreso, scrivo dall'inconscio, come Calvino, Kafka, non ho un piano, la storia arriva da un posto che non controllo. La letteratura è una possibilità di sfuggire al super-io, chi segue rigorosamente un piano, invece, utilizza la fiction come forma di autocontrollo. Israele è il luogo ideale per scrivere: qualsiasi forma di conflitto tu possa immaginare da noi c'è. La gente ha bisogno di nuove parole. I prossimi vent'anni saranno saranno lo sfondo di un incontro di civiltà pericoloso e distruttivo, non è il tempo di stare seduti, chiunque voglia vedere un uomo migliore deve fare qualcosa.

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