lunedì 11 aprile 2011

Lo sguardo terrazza


La terrazza è quella di Palazzo Barbarigo a Venezia, casasguardo degli scrittori del Centro tedesco di studi veneziani. Gli scrittori salgono sul palco diversi tra loro. Artur Becker, capello lungo e faccia gonfia, completo sabbia e cravatta geometrica. Thomas Kunst, giubbino bianco e maglia nera, abbronzato come una guida alpina, parla poco. Leggono versi nati a Venezia, le parole sono più veloci della penna che cerca di inseguirle sul foglio; alla fine qualche scheggia che rinvia a lontane falesie. Kunst: Gli agiati che non salutano. Anime lagunari spingono verso l’interno di persone di mare. Io muio e i portieri sono indulgenti. E la donna che non mi amò mai è sparita. Mi costruisco, nel lavandino, Venezia. Una testa appoggiata ad un’altra non è mai poco. Ti sarò amico finché mi amerai/poi sparirò senza che te ne accorga. Appunti su gabbiani e viscere. In acqua conviene essere portieri, lampione nessuno ci guadagnerebbe. Aspettiamo che dai ratti vengano dei sogni. Treni di memoria.
Becker: Il sole nei canali dell’aldilà non va a dormire mai. Tu selvaggia luna veneziana m’abbindoli. Piattaforma che trivella tra il cielo e il mare. L’atelier delle ultime parole sbirciate sul palcoscenico. Manda in viaggio questo cinema, la barca del tempo. All’improvviso l’anima ti salta fuori dal corpo e per paura si lava le mani. Ti arrenderai alla vanità e alla sua bellezza. La libertà è l’unica idea fissa di Venezia.

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