giovedì 27 ottobre 2011

Lettera a Milena

Franz Kafka verso la fine del 1922 scrisse una straordinaria e complessa lettera a Milena , una lettera che affiora qua e là in saggi e convegni perché in poche righe mette in luce i temi centrali della scrittura: a chi sono destinate le parole che scriviamo e che cosa esse possono significare. Nelle prime righe afferma che da molto tempo non le scrive e che per questo non dovrebbe nemmeno scusarsi perché a Milena è noto il suo odio per le lettere: "Tutta la mia infelicità - della quale non intendo lamentarmi, ma della quale voglio solo offrire un'illuminante e generale osservazione - deriva, se si vuole, dalle lettere o dalla possibilità dello scrivere lettere. Gli uomini difficilmente mi hanno ingannato, le lettere sempre, e non quelle degli estranei ma le mie." Kafka prosegue definendo lo scambio epistolare un "Verkehr mit Gespenstern", un rapporto con gli spettri: "Ma come si è potuto pensare che gli uomini possano restare in contatto mediante le lettere. Si può pensare a una persona lontana e si può comprendere una persona vicina, tutto il resto supera le capacità umane. Scrivere lettere significa denudarsi davanti agli spettri, cosa che essi aspettano avidamente. I baci scritti (geschriebene Küsse) non arrivano a destinazione, gli spettri (Gespenstern) se li bevono tutti lungo il tragitto. E attraverso questo ricco nutrimento si moltiplicano in modo inaudito. L'umanità sente il pericolo, e combatte per eliminare il più possibile la spettralità (das Gespentische) tra gli uomini, ha inventato la ferrovia, l'automobile, l'aeroplano per realizzare un incontro naturale e armonioso delle anime. Ma è troppo tardi, sono invenzioni che non fermano la caduta, l'avversario è molto più tranquillo e forte, l'avversario oltre alla posta ha scoperto il telegrafo, il telefono, la radiotelegrafia. Gli spiriti (Geister) non soffriranno la fame, ma noi moriremo." Il pensiero corre ad altre invenzioni "spettrali": i cellulari, la posta elettronica, i social network, non per confermare o smentire l'ipotesi di Kafka, ma per interrogarsi sulle caratteristiche della comunicazione differita.
Sarebbe inoltre interessante arrivare ad una definizione della spettralità. Quando formuliamo ipotesi su come sarà una determinata situazione o come si comporterà una persona dipingiamo quadri fantastici, visioni reali o irreali? In che rapporto sta la spettralità di cui parla Kafka con l'immaginazione? E poi, fino a che punto gli incontri fra le persone sono naturali e armoniosi, fino a che punto le persone si comprendono davvero?
Tornando alla lettera, Kafka si meraviglia che Milena non abbia notato questo fenomeno, se non altro per far comprendere agli "spettri" che sono stati scoperti. Racconta che l'idea di scriverle gli è nata da un'altra lettera che durante la notte aveva pensato di scrivere ad un amico ma che invece aveva ricevuto proprio da lui quella mattina. "Le lettere, e la cosa è collegata con quanto detto sopra - spiega Kafka- sono un magnifico mezzo anti-sonno. E in che condizioni arrivano! Disseccate, vuote ed eccitanti, un attimo di felicità che nasconde un grande dolore. Mentre le leggiamo distrattamente, quel poco di sonno che abbiamo si solleva e vola fuori dalla finestra aperta e a lungo non ritorna." Nella conclusione precisa che le ha scritto con maggior piacere "per quanto si possa scrivere con piacere, cosa che è detta solo per gli avidi spettri che assediano la mia scrivania."

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