martedì 26 febbraio 2013

Chiacchiere, datteri e the


Nei libri a volte accade di prendere un biglietto per due viaggi, uno è quello della propria fantasia, tutto quello che ci sarebbe accaduto se i protagonisti fossimo noi, l’altro è quello delle immagini associate alle parole dell’autore, cosa ci vuol dire, qual è il suo mondo. Questo secondo viaggio in Chiacchiere Datteri e The, ultimo libro della giornalista e scrittrice Ilaria Guidantoni, pubblicato dalla giovane e dinamica casa editrice Albeggi, è un carnet  de voyage d’incontri e riflessioni che procedono con piacevole rapidità ed esattezza fra librerie, redazioni di giornali, gallerie d’arte, quartieri popolari, grandi alberghi, pasticcerie. Il lettore respira l’aria di una capitale che non ha ancora capito se sta vivendo una rivoluzione o una restaurazione con l’ascesa al potere del partito islamico Ennadha a scapito dei movimenti laici.
Dice un proverbio tunisino che “in fondo al fiume rimangono solo le pietre”, ma quali siano le cose che resteranno della cosiddetta rivoluzione dei gelsomini è difficile capirlo, ancor di più dopo la recente uccisione del leader dell’opposizione Belaid, avvenuta qualche mese dopo l’uscita di Chiacchiere, datteri e the. Molte le testimonianze raccolte e diversi gli italiani che vivono a Tunisi come Silvia Finzi docente di Civiltà italiana all’Università Manouba: “Abbiamo accolto le studentesse velate purché disponibili a mostrare la propria identità, ma la situazione è diventata insostenibile per le proteste dei conservatori. C’è stato solo un passaggio rivoluzionario di consegne  dalla dittatura ad uso personale di Bin Ali all’instaurazione di una dittatura religiosa che si profila all’orizzonte. Il passato regime era contrario ad ogni contestazione e critica intellettuale, con un effetto sedativo sulla vita culturale del paese, ma non entrava però nella vita privata dei cittadini in termini di usi e costumi.” Uno dei tratti originali del libro è la presenza di una serie di note a piè di pagina che come spezie che sorprendono per il loro sapore inaspettato. Di Silvia Finzi si scopre che discende Giulio Finzi che si trasferì insieme ad altri compatrioti a Tunisi da Livorno nel 1821 a seguito del fallimento dei moti carbonari. La presenza di una forte comunità italiana a Tunisi, composta in gran parte da liguri e siciliani, quindi precede di molto i tentativi coloniali del ventennio fascista. “Non c’è stato un decollo della vita culturale e la paura, condita da una crisi economica che si fa di giorno in giorno più pesante, porta la gente a uscire meno di prima, a disinteressarsi dell’arte. Fenomeni quali la polizia del buon costume, istituzione del tutto nuova, non aiutano di certo”, dice in un’altra intervista Zohra Abid del sito d’informazione tunisina Kapitalis.  I volti che l’autrice incontra e i luoghi che attraversa si susseguono, i totali dei paesaggi politici sfumano nelle morbide atmosfere di una città “in cui i gatti sono accolti senza pudore alle tavole e persino nei ristoranti chic” . Guidantoni racconta in presa diretta il backstage del suo soggiorno, le attese, i contrattempi, le pause: quando compra i dolci al forno Madame Hachida a el-Marsa, o alla pasticceria Deyma, il regno dei datteri: “tamroun, quelli piccoli, i daglet nour, datteri farciti, dolci e biscotti a base di datteri, marmellate e gelatine, liquori  e un aceto balsamico di datteri; e ancora saponi, infusi per il bagno, creme per viso e corpo, olii profumati a base di dattero e, come se non bastasse, oggettistica decorata con i noccioli.”; quando a cena ordina un delizioso aSida zgougou, una crema preparata con pinoli di Aleppo, farina di grano e zucchero; quando regala ad un’amica un machmoum, una collana di gelsomini. Nel racconto le note dure di un paese senza primavera si alternano alle note dolci della vita, come l’apparizione nel dialogo finale di Sophie alter ego della scrittrice e protagonista di Tunisi taxi di sola andata. Chiacchiere, datteri e the, sembra non parlare solo di Tunisi ma, tra una chiacchiera e l’altra, di un modo di vivere.

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