Robert
Rasmussen, piscologo, educatore, consulente per la Nasa ed eBay, è un signore
danese che a una certa età si è messo a giocare con i Lego, i mattoncini
colorati della nostra infanzia. I Lego li ha inventati un suo connazionale negli anni Venti,
si chiamava Ole Kirk Christiansen e il suo motto era leg godt che in danese significa gioca
bene. Rasmussen ha giocato talmente bene con i Lego che li ha trasformati in un metodo
di formazione e motivazione dei gruppi di lavoro (organization design, team building and management), il Lego Serious Play. La sua società oggi
ha sedi negli Stati Uniti, in Danimarca, a Tokyo, Singapore, in Francia e a
Buenos Aires. Ieri, per la prima volta, Rasmussen è venuto in Italia, alla
Fiera del Restauro di Ferrara, invitato dal professor Marcello Balzani,
responsabile del polo Teknehub dell’Università di Ferrara e direttore del
Diaprem, hub di riferimento per il restauro e la valorizzazione dei beni
culturali. Due innovatori sulla
stessa scena.
"Nel blog l'altro può firmare nel tuo testo, esiste uno spazio per chiunque decida di arrivare"
domenica 24 marzo 2013
venerdì 22 marzo 2013
Ritratto d'artista
Pellerin leggeva tutti i libri di estetica per scoprire la vera
teoria del Bello, convinto che, dopo che l’avesse trovata, avrebbe fatto dei
capolavori. Si circondava di tutti gli ausili immaginabili: disegni, gessi,
modelli, incisioni; e cercava, si rodeva, accusava il tempo, i nervi, lo
studio, usciva nella strada per trovare l’ispirazione, trasaliva di gioia
perché gli pareva di averla
afferrata, poi abbandonava l’opera e ne sognava un’altra che doveva essere più
bella. Così, tormentato da bramosie di gloria, sprecava le giornate in
discussioni, e prestando fede a mille scempiaggini, ai sistemi, alle critiche,
all’importanza di un ordine o di una riforma in materia d’arte, a cinquant’anni
non aveva creato altro che abbozzi.
Gustave Flaubert, L’educazione sentimentale
domenica 17 marzo 2013
Gocce di pioggia
...gocce di pioggia, sempre tornando, due sigarette
accese, non si dovrebbe è vero, Libertango
di Piazzolla , e A house is not a home , chi
è Javier Cercas, non lo so nemmeno io, non ho letto niente di lui, ma il nome
suona bene suona lontano, e tutto ciò che è lontano o non interessa o
affascina, a me affascina, non credo si vada ai festival letterari per gli
autori ma perché, come in altre occasioni, ti senti parte di qualcosa di più
grande, lui comunque ha scritto una cosa su cui si può essere d'accordo, la
scrittura è ricerca di verità, che non è verità storica, ma soltanto
poetica, morale in questo senso, ma solo in questo senso più universale, se
tutto ciò non ha un senso, ma c'è qualcosa che non ha senso?, è solo perché
scritto a l'una di notte, quindi d'un fiato, senza riflettere, senza
proteggersi, come l'onda di Tagore, che non si nasconde e non raggiungerà mai
la rosa, l'onda non riesce a prendere il fiore che galleggia: quando cerca di
raggiungerlo lo allontana...bisognerebbe forse essere artisti come suggerisce
Rilke: non calcolare o contare; maturare come l'albero, che non incalza i suoi
succhi e fiducioso sta nelle tempeste di primavera, senza l'ansia che dopo
possa non giungere l'estate. L'estate giunge. Ma giunge solo a chi è paziente e
vive come se l'eternità gli stesse innanzi, così sereno e spensierato e
vasto...
mercoledì 13 marzo 2013
Gli spostati
La sala della biblioteca con le pareti in mattoni rossi si
riempie. Tra pochi minuti comincia la serata letteraria. Le sedie sono tre:
sulla prima una signora bionda, sulla seconda la sua giacca. Prendo posto sulla
terza. Arriva un amico della signora, grugno antipatico, chili di troppo,
cappotto in cashmere e cappello da pioggia neri. Guarda verso di me con
insistenza, credo sia incuriosito dallo schermo dell’iPhone sul quale controllo
la posta. A un certo punto dice: Scusi si potrebbe spostare che ci serve la
sedia per mettere i cappotti. Mi volto e rispondo: Mi sembra una richiesta
inusuale, comunque... Comunque non mi piace sedere accanto agli stronzi (questo
lo penso), e mi sposto nella fila vicino. Racconto l’aneddoto alla spettatrice
alla mia destra. Ridiamo. E quelli che ti fanno spostare sugli Eurostar?
Arrivano sicuri con il loro biglietto in mano: Quello è il mio posto. Tu guardi
lo scompartimento mezzo vuoto ma loro continuano a fissarti, il messaggio è Spòstati,
e allora ti sposti. Il biglietto non dà diritto a un bene insostituibile, ma
solo a un posto uguale a tanti altri. Come la sedia dei cappotti non è che una
delle tante disponibili. Cos’è in gioco nello spostamento? Una lotta per la
proprietà, un’affermazione d’onnipotenza, un’inconscia ricerca del proprio
posto nel mondo? Non lo so, ma gli spostàti (dal territorio del buon senso e
dell’educazione) non siamo noi sono loro.
lunedì 11 marzo 2013
Le strade dell’inferno
Quando
leggi Le Città invisibili di Calvino t’inoltri fra vicoli tortuosi, vie
pensili, torri fumanti, ponti sospesi sul vuoto, piazze a spirale, bifore
moresche, cupole a cipolla, nascondigli acquatici, porti avvolti dalla nebbia, boschi
d’ebano, scale oltre le nubi, per arrivare nell’ultima pagina in un luogo che
non ti saresti immaginato, avresti voluto restare lì sospeso fra i segni e le
metafore, le interpretazioni e le fantasie, e invece ti ritrovi all’inferno con
un'accurata indicazione sulla strada da seguire: “L’inferno dei viventi non è
qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che
abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non
soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne
parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige
attenzione, apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in
mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
Italo
Calvino, Le città invisibili
venerdì 8 marzo 2013
Don Chisciotte e gli occhiali
Gli
occhiali sono quelli di Cesare Segre, filologo e critico letterario, e di Javier Cercas, scrittore, che in
questi giorni hanno scritto del prode hidalgo creato da Cervantes. Per
Segre: “Il cavaliere della Mancia è pazzo, perché crede di vivere ancora nel
mondo dei romanzi, tra sfide e duelli, salvataggio di damigelle indifese e fama
gloriosa; ma per il resto è una persona di alti sentimenti, quasi un maestro. È
dunque una delle molte vittime che fa la letteratura, quando non si è capaci di
distinguerla dalla realtà (tra i discendenti più famosi di don Chisciotte c’è
Madame Bovary). Scrive Cercas:”Cervantes ha creato il romanzo moderno (e l’ha
quasi esaurito) dotandolo di due regoli fondamentali. La prima è che il romanzo
è un genere privo di regole, vale a dire: è il genere della libertà totale. La
seconda è che è il paradiso dell’ironia, intesa come strumento di conoscenza:
Don Chisciotte è un matto da legare, ma è anche pieno di assennatezza e di
saggezza; Don Chisciotte è un
personaggio ridicolo, ma è anche il cavaliere più nobile e più coraggioso, "il
re degli hidalgos/signore dei tristi" di Ruben Dario.È
questo, l’ironia: la chiave che apre le porte della verità, facendoci scoprire
che essa è quasi sempre poliedrica, che le cose possono non essere una cosa
sola ma una cosa e il suo contrario. Questo i fanatici non lo capiranno mai, e perciò i fanatici hanno sempre
destestato il romanzo.”
Don
Chisciotte è forse il ritratto di ognuno di noi che nell’affrontare la vita è un po’
sognatore, un po’ ridicolo, un po’ pazzo, un po’ triste, un po’ ironico. Le
vite delle persone che incontriamo ogni giorno non sono meno bizzarre della
sua. E molte non leggono romanzi.
foto: Don Chisciotte e Ronzinante, dipinto di Honoré Daumier
foto: Don Chisciotte e Ronzinante, dipinto di Honoré Daumier
martedì 5 marzo 2013
Messa a fuoco
Due
rettangoli bianchi, mare blu profondo, una donna in abito nero guarda le onde,
due ragazze nei bagni si lavano le mani, gambe e tacchi rossi su scala in
alluminio appoggiata a mille scatole (Guy Bourdin). Come guardiamo le cose,
qual è la distanza giusta tra noi e loro, tra noi e le nostre fantasie? Più che
la distanza è il vetro che conta, dev’essere smerigliato e regolabile come
nell’apparecchio di campagna Lamperti e Garbagnati con soffietto a cono e
chassis doppi a mezza persiana, è un cubo di legno, l’obiettivo un cilindro in
ottone, sulla parte posteriore il vetro smerigliato, si osserva l'immagine
trasmessa dall’obiettivo, se si sostituisce il vetro smerigliato con una lastra
sensibile alla luce l’’immagine è negativa, cioè a toni invertiti, successivi
trattamenti la trasformano in positiva, le lastre sono negli chassis, le due
parti sono collegate da un manicotto estensibile a tenuta luce, il soffietto è
regolato da un meccanismo a doppia cremagliera che permette di variare la
distanza fra l’obiettivo e il vetro smerigliato, dalla variazione dipende la
nitidezza dell’immagine, ovvero la messa a fuoco di un naturalista con
alambicchi, 1854, una natura morta con gufo, il maniscalco con il vestito di
festa, 1850, ritratto d'uomo con strabismo, Cavour con ufficiale francese,
donna defunta, 1850, donna con macchina da cucire, nudo femminile, 1880, Vienna
Esposizione universale Galleria delle belle arti, giovane donna che aiuta
l’amica a tirare i lacci di un corsetto, 1902, il grande mercato della verdura
a Mosca, Flatiron New York, due uominini e una donna con sullo sfondo
l’Aiguille du Drou Chamonix, donne in camera da letto, ricamatrici a Ceylon,
tempio di Badrimat Himalaya, la torre di David Gerusalemme, scalata del Monte
Bianco, donna giapponese che si trucca, Peggy Guggenheim, Budapest ottobre
1956, domatore di cavalli, albina mangiatrice di spade, morte di un miliziano
lealista, Spagna 1936, Luchino Visconti, gioco indiano: uno dei 35.000 scatti
Sheriff Curtis raccolti dal 1896 al 1930 tra un centinaio di tribu del
Nordamerica, fabbrica italiana delle cerate di Moncalieri, Eleonora Duse, donna
con teschio, Mussolini arrestato durante un comizio interventista nel 1914, una
coppia di contadini di spalle su una strada sterrata: lui abbraccia lei, il
rastrello e la falce sulla spalla come due bandiere dopo la battaglia, sul lato
destro un mulino, Inghilterra 1890, famiglia di marinai a Napoli, il pallone
aerostatico di Nadar, un foglio con qualche appunto: la Jumelle di Guido
Sigriste, 1898, inventata per fotografare i cavalli in corsa, una Stirn per
lastre tonde, 1886, una Goerz stereo: binocolo e apparecchio fotografico,
Berlino 1899, una beach camera per foto formato cartolina con consegna in pochi
minuti, usata da fotografi itineranti nei luoghi di vacanza, poi l’ultima
immagine: lui guarda oltre il vetro un profumo sconosciuto, capelli neri e
luce. Museo nazionale Alinari, Firenze 2 marzo 2012
domenica 3 marzo 2013
20 tweet per scrivere in Rete ... e non solo
2) Scrivere è unire delle parole, non parole.
3) Un verbo ha più
forza di un sostantivo.
4) Il segreto è nei
dettagli.
5) Non perdere il filo del discorso:
l’intreccio affascina, il garbuglio no.
6) Frasi
subordinate con molto giudizio.
7) Scegliere
un’immagine coerente.
8) Metafora o
metonimia: sale e pepe della scrittura.
9) Le parole
necessarie non hanno aggettivi né, naturalmente, avverbi.
10) I neologismi
efficaci sono strarari.
11) Foreign words
grab your attention.
12) Ogni sinonimo
ha altri sinonimi.
13) Semplice è
diverso da banale.
14) La
punteggiatura costruisce il ritmo.
15) Leggero,
barocco, complesso, questioni di stile.
16) Rime,
ripetizioni, allitterazioni in minime porzioni.
17) I numeri
garantiscono l’effetto “wow”, anche i nomi famosi.
18) Strano piace e
l’ironia conquista.
19) Curate il
carattere, il corpo e l’interlinea.
20) Rileggete ad
alta voce e anche oirartnoc la; salvate e rileggete dopo
quarantott’ore.
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