domenica 24 marzo 2013

Lego Serious Play: se includi innovi




Robert Rasmussen, piscologo, educatore, consulente per la Nasa ed eBay, è un signore danese che a una certa età si è messo a giocare con i Lego, i mattoncini colorati della nostra infanzia. I Lego li ha inventati un suo connazionale negli anni Venti, si chiamava Ole Kirk Christiansen e il suo motto era leg godt che in danese significa gioca bene. Rasmussen ha giocato talmente bene con i Lego che li ha trasformati in un metodo di formazione e motivazione dei gruppi di lavoro (organization design, team building and management), il Lego Serious Play. La sua società oggi ha sedi negli Stati Uniti, in Danimarca, a Tokyo, Singapore, in Francia e a Buenos Aires. Ieri, per la prima volta, Rasmussen è venuto in Italia, alla Fiera del Restauro di Ferrara, invitato dal professor Marcello Balzani, responsabile del polo Teknehub dell’Università di Ferrara e direttore del Diaprem, hub di riferimento per il restauro e la valorizzazione dei beni culturali.  Due innovatori sulla stessa scena.

venerdì 22 marzo 2013

Ritratto d'artista


Pellerin leggeva tutti i libri di estetica per scoprire la vera teoria del Bello, convinto che, dopo che l’avesse trovata, avrebbe fatto dei capolavori. Si circondava di tutti gli ausili immaginabili: disegni, gessi, modelli, incisioni; e cercava, si rodeva, accusava il tempo, i nervi, lo studio, usciva nella strada per trovare l’ispirazione, trasaliva di gioia perché gli pareva  di averla afferrata, poi abbandonava l’opera e ne sognava un’altra che doveva essere più bella. Così, tormentato da bramosie di gloria, sprecava le giornate in discussioni, e prestando fede a mille scempiaggini, ai sistemi, alle critiche, all’importanza di un ordine o di una riforma in materia d’arte, a cinquant’anni non aveva creato altro che abbozzi.
Gustave Flaubert, L’educazione sentimentale

domenica 17 marzo 2013

Gocce di pioggia


...gocce di pioggia, sempre tornando, due sigarette accese, non si dovrebbe è vero, Libertango di Piazzolla , e A house is not a home , chi è Javier Cercas, non lo so nemmeno io, non ho letto niente di lui, ma il nome suona bene suona lontano, e tutto ciò che è lontano o non interessa o affascina, a me affascina, non credo si vada ai festival letterari per gli autori ma perché, come in altre occasioni, ti senti parte di qualcosa di più grande, lui comunque ha scritto una cosa su cui si può essere d'accordo, la scrittura è ricerca  di verità, che non è verità storica, ma soltanto poetica, morale in questo senso, ma solo in questo senso più universale, se tutto ciò non ha un senso, ma c'è qualcosa che non ha senso?, è solo perché scritto  a l'una di notte, quindi d'un fiato, senza riflettere, senza proteggersi, come l'onda di Tagore, che non si nasconde e non raggiungerà mai la rosa, l'onda non riesce a prendere il fiore che galleggia: quando cerca di raggiungerlo lo allontana...bisognerebbe forse essere artisti come suggerisce Rilke: non calcolare o contare; maturare come l'albero, che non incalza i suoi succhi e fiducioso sta nelle tempeste di primavera, senza l'ansia che dopo possa non giungere l'estate. L'estate giunge. Ma giunge solo a chi è paziente e vive come se l'eternità gli stesse innanzi, così sereno e spensierato e vasto...

mercoledì 13 marzo 2013

Gli spostati



La sala della biblioteca con le pareti in mattoni rossi si riempie. Tra pochi minuti comincia la serata letteraria. Le sedie sono tre: sulla prima una signora bionda, sulla seconda la sua giacca. Prendo posto sulla terza. Arriva un amico della signora, grugno antipatico, chili di troppo, cappotto in cashmere e cappello da pioggia neri. Guarda verso di me con insistenza, credo sia incuriosito dallo schermo dell’iPhone sul quale controllo la posta. A un certo punto dice: Scusi si potrebbe spostare che ci serve la sedia per mettere i cappotti. Mi volto e rispondo: Mi sembra una richiesta inusuale, comunque... Comunque non mi piace sedere accanto agli stronzi (questo lo penso), e mi sposto nella fila vicino. Racconto l’aneddoto alla spettatrice alla mia destra. Ridiamo. E quelli che ti fanno spostare sugli Eurostar? Arrivano sicuri con il loro biglietto in mano: Quello è il mio posto. Tu guardi lo scompartimento mezzo vuoto ma loro continuano a fissarti, il messaggio è Spòstati, e allora ti sposti. Il biglietto non dà diritto a un bene insostituibile, ma solo a un posto uguale a tanti altri. Come la sedia dei cappotti non è che una delle tante disponibili. Cos’è in gioco nello spostamento? Una lotta per la proprietà, un’affermazione d’onnipotenza, un’inconscia ricerca del proprio posto nel mondo? Non lo so, ma gli spostàti (dal territorio del buon senso e dell’educazione) non siamo noi sono loro.

lunedì 11 marzo 2013

Le strade dell’inferno


Quando leggi Le Città invisibili di Calvino t’inoltri fra vicoli tortuosi, vie pensili, torri fumanti, ponti sospesi sul vuoto, piazze a spirale, bifore moresche, cupole a cipolla, nascondigli acquatici, porti avvolti dalla nebbia, boschi d’ebano, scale oltre le nubi, per arrivare nell’ultima pagina in un luogo che non ti saresti immaginato, avresti voluto restare lì sospeso fra i segni e le metafore, le interpretazioni e le fantasie, e invece ti ritrovi all’inferno con un'accurata indicazione sulla strada da seguire: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione, apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
Italo Calvino, Le città invisibili

venerdì 8 marzo 2013

Don Chisciotte e gli occhiali


Gli occhiali sono quelli di Cesare Segre, filologo e critico letterario, e di Javier Cercas, scrittore, che in questi giorni hanno scritto del prode hidalgo creato da Cervantes. Per Segre: “Il cavaliere della Mancia è pazzo, perché crede di vivere ancora nel mondo dei romanzi, tra sfide e duelli, salvataggio di damigelle indifese e fama gloriosa; ma per il resto è una persona di alti sentimenti, quasi un maestro. È dunque una delle molte vittime che fa la letteratura, quando non si è capaci di distinguerla dalla realtà (tra i discendenti più famosi di don Chisciotte c’è Madame Bovary). Scrive Cercas:”Cervantes ha creato il romanzo moderno (e l’ha quasi esaurito) dotandolo di due regoli fondamentali. La prima è che il romanzo è un genere privo di regole, vale a dire: è il genere della libertà totale. La seconda è che è il paradiso dell’ironia, intesa come strumento di conoscenza: Don Chisciotte è un matto da legare, ma è anche pieno di assennatezza e di saggezza;  Don Chisciotte è un personaggio ridicolo, ma è anche il cavaliere più nobile e più coraggioso, "il re degli hidalgos/signore dei tristi" di Ruben Dario.È questo, l’ironia: la chiave che apre le porte della verità, facendoci scoprire che essa è quasi sempre poliedrica, che le cose possono non essere una cosa sola ma una cosa e il suo contrario. Questo i fanatici  non lo capiranno mai, e perciò i fanatici hanno sempre destestato il romanzo.”
Don Chisciotte è forse il ritratto di ognuno di noi che nell’affrontare la vita è un po’ sognatore, un po’ ridicolo, un po’ pazzo, un po’ triste, un po’ ironico. Le vite delle persone che incontriamo ogni giorno non sono meno bizzarre della sua. E molte non leggono romanzi.
foto: Don Chisciotte e Ronzinante, dipinto di Honoré Daumier

martedì 5 marzo 2013

Messa a fuoco


Due rettangoli bianchi, mare blu profondo, una donna in abito nero guarda le onde, due ragazze nei bagni si lavano le mani, gambe e tacchi rossi su scala in alluminio appoggiata a mille scatole (Guy Bourdin). Come guardiamo le cose, qual è la distanza giusta tra noi e loro, tra noi e le nostre fantasie? Più che la distanza è il vetro che conta, dev’essere smerigliato e regolabile come nell’apparecchio di campagna Lamperti e Garbagnati con soffietto a cono e chassis doppi a mezza persiana, è un cubo di legno, l’obiettivo un cilindro in ottone, sulla parte posteriore il vetro smerigliato, si osserva l'immagine trasmessa dall’obiettivo, se si sostituisce il vetro smerigliato con una lastra sensibile alla luce l’’immagine è negativa, cioè a toni invertiti, successivi trattamenti la trasformano in positiva, le lastre sono negli chassis, le due parti sono collegate da un manicotto estensibile a tenuta luce, il soffietto è regolato da un meccanismo a doppia cremagliera che permette di variare la distanza fra l’obiettivo e il vetro smerigliato, dalla variazione dipende la nitidezza dell’immagine, ovvero la messa a fuoco di un naturalista con alambicchi, 1854, una natura morta con gufo, il maniscalco con il vestito di festa, 1850, ritratto d'uomo con strabismo, Cavour con ufficiale francese, donna defunta, 1850, donna con macchina da cucire, nudo femminile, 1880, Vienna Esposizione universale Galleria delle belle arti, giovane donna che aiuta l’amica a tirare i lacci di un corsetto, 1902, il grande mercato della verdura a Mosca, Flatiron New York, due uominini e una donna con sullo sfondo l’Aiguille du Drou Chamonix, donne in camera da letto, ricamatrici a Ceylon, tempio di Badrimat Himalaya, la torre di David Gerusalemme, scalata del Monte Bianco, donna giapponese che si trucca, Peggy Guggenheim, Budapest ottobre 1956, domatore di cavalli, albina mangiatrice di spade, morte di un miliziano lealista, Spagna 1936, Luchino Visconti, gioco indiano: uno dei 35.000 scatti Sheriff Curtis raccolti dal 1896 al 1930 tra un centinaio di tribu del Nordamerica, fabbrica italiana delle cerate di Moncalieri, Eleonora Duse, donna con teschio, Mussolini arrestato durante un comizio interventista nel 1914, una coppia di contadini di spalle su una strada sterrata: lui abbraccia lei, il rastrello e la falce sulla spalla come due bandiere dopo la battaglia, sul lato destro un mulino, Inghilterra 1890, famiglia di marinai a Napoli, il pallone aerostatico di Nadar, un foglio con qualche appunto: la Jumelle di Guido Sigriste, 1898, inventata per fotografare i cavalli in corsa, una Stirn per lastre tonde, 1886, una Goerz stereo: binocolo e apparecchio fotografico, Berlino 1899, una beach camera per foto formato cartolina con consegna in pochi minuti, usata da fotografi itineranti nei luoghi di vacanza, poi l’ultima immagine: lui guarda oltre il vetro un profumo sconosciuto, capelli neri e luceMuseo nazionale Alinari, Firenze 2 marzo 2012

domenica 3 marzo 2013

20 tweet per scrivere in Rete ... e non solo



1) Il difficile è il messaggio, cercatelo.

2) Scrivere è unire delle parole, non parole.

3) Un verbo ha più forza di un sostantivo.
4) Il segreto è nei dettagli.
 5) Non perdere il filo del discorso: l’intreccio affascina, il garbuglio no.
6) Frasi subordinate con molto giudizio.
7) Scegliere un’immagine coerente.
8) Metafora o metonimia: sale e pepe della scrittura.
9) Le parole necessarie non hanno aggettivi né, naturalmente, avverbi.
10) I neologismi efficaci sono strarari.
11) Foreign words grab your attention.
12) Ogni sinonimo ha altri sinonimi.
13) Semplice è diverso da banale.
14) La punteggiatura costruisce il ritmo.
15) Leggero, barocco, complesso, questioni di stile.
16) Rime, ripetizioni, allitterazioni in minime porzioni.
17) I numeri garantiscono l’effetto “wow”, anche i nomi famosi.
18) Strano piace e l’ironia conquista.
19) Curate il carattere, il corpo e l’interlinea.
20) Rileggete ad alta voce e anche oirartnoc la; salvate e rileggete dopo
       quarantott’ore.