giovedì 3 novembre 2016

Ervas, lo scrittore incontra il suo personaggio

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Angelo Favero detto Zoe non se l’aspettava che gli chiedessero di poter usare “il casòn co’ i sass” in via Cima a San Pietro di Barbozza. Lui che scolpisce i sassi del Piave e li trasforma in facce, si è trovato davanti i volti degli attori del film "L'Ultimo desiderio”, tratto dal romanzo di Fulvio Ervas “Finché c’è Prosecco c’è speranza”, regia di Antonio Padovan. Nella terza settimana di riprese il set è off limits per tutti, ma non per Ervas che in questi giorni ha debuttato come attore.
“Stanno lavorando come pazzi - racconta - pensavo che ci fosse un clima più rilassato, invece in otto ore si concedono solo pochi minuti per un panino e l’alcol è proibito. Le uniche bottiglie di Prosecco che ho visto circolare contenevano acqua e succo di mela. La location del mio cameo mi ha sorpreso, la bottega di Zoe è un luogo fantastico, con citazioni di Shakespeare, Ungaretti e manifesti dei concerti di Chopin.”
In che panni si è calato?
“Non più in quelli del kosovaro che gioca a calcio balilla, come annunciato, perché quel giorno ero impegnato a scuola. Vesto i panni del portatore sano di fucile, sono uno dei clienti del poligono di tiro, io che non ho mai sparato in vita mia, neanche quando feci il c.a.r. a Trieste perché mi assegnarono mansioni di impiegato all’ospedale militare.”


Come se l’è cavata?
“Ho finto diverse volte l’effetto del rinculo con la gamba in avanti come Guglielmo Tell. Agli spari e a far vedere che ho una buona mira ci penseranno nella fase di montaggio. Ero vestito con una camicia a quadri, un bel giubbotto marrone in pelle, pantaloni da cacciatore e tra le braccia un pesante Mannlicher Carcano del 1891.”
La bottega di Zoe cosa c’entra?
Lì si girava la scena principale, io e altri eravamo lo sfondo sparante nell’inusuale poligono di tiro in mezzo ai vigneti, con i filari come corsie e le bottiglie vuote sopra i ceppi di legno come bersagli. All’interno della bottega di Zoe il commissario Stucky, interpretato da Giuseppe Battiston, interroga il gestore, chiede se abbia mai visto il conte Ancillotto esercitarsi con una pistola.”
Che effetto le ha fatto incontrare dal vivo il suo personaggio?
“Per la verità non me l’ero mai immaginato, l’avevo descritto come un uomo di 45 anni con la barba ispida, molto mediterraneo, ma per me gli individui sono parole più che forma. Battiston-Stucky mi ha messo in soggezione, ho pensato: ‘Sei proprio così? Hai molta più forza della mia immaginazione, e mi sembra che fai benissimo il tuo lavoro; sei un po’ stravagante, è vero, lo si capisce da come tieni le mani, da come cammini: un tipo non ordinario con il quale si può avere un rapporto originale, un uomo insomma’”.

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