sabato 5 dicembre 2009

La musica delle altezze

I cavalli corrono nelle lontane pianure. Lo sciamano inizia il suo viaggio nel mondo dello spirito. Adornato dalle sognagliere sussulta e batte il tamburo nell’aria profumata d’incenso. Nella casa sacra di Helambu lo segue nel canto chi cerca cura e protezione: Possa la potenza scendere nel mio corpo, tigre, toro, drago celeste. Ci siamo incontrati per divertirci, nient’altro. Vivo nella neve, volo in ogni direzione a cavallo di un toro bianco. Il viaggio verso l’altrove è sempre accompagnato dal canto e dalla musica che è ponte con il divino. Una musica che nelle diverse tradizioni religiose dell’Asia centrale è caratterizzata da cadenze ritmiche e motivi musicali che consentono agli officianti di mettersi in contatto con lo spirito del mondo nello sciamanesimo, con Allah nel sufismo. Le mani come ombre colpiscono la pelle del tamburo, suoni di liuto e flauti, canzoni arabe, uzbeche, tagiche incantano la mente, nello zikr i dervisci rotanti battono il tempo e guardano verso il cielo. Per la tradizione erotico mistica delle steppe l’amato è sia la persona amata che Dio. L’amato è fonte di quella inspirazione-ispirazione che diventa alito poetico. Le parole che danno suono all’anima sono acqua di vita: Travolto dalle vampe d’amore divento bersaglio delle cento frecce scagliate dal tuo sopracciglio ad arco. Nella notte silenziosa mi dissolvo a me stesso. Nelle insenature dei pensieri ogni pietruzza lascia ora una felicità, ora un’amarezza. Mi prostro con orecchio all’erta sulla terra che romba. Il tamburo dei musici sobbalza come il disco del sole o della luna piena. L’ottava stella brilla sugli abiti delle spose e sulle montagne qualcuno intona un falak, la musica del destino: Aiutami, la mia vita è giunta alla fine, nella ruota della fortuna sarò nelle mani di mia madre, farò girare di nuovo il mio destino e il passato comincerà di nuovo. Io sono nelle altezze e penso a te, io vengo dove di solito tu passi, e ti chiamo, io ti chiamo ma nessuno risponde, lontano io darò la mia vita per te. Io sospiro e piango per un aiuto dal cielo. Se rivelo i miei segreti agli scogli lungo il fiume essi risponderanno al mio grido.
Anche di questo si è parlato, raccontato, immaginato all’interessante e raro seminario “From Shamanism to Sufism. Music and spiritual practices in Central Asia” organizzato dall Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con il dipartimento di Storia dell’arte di Ca’Foscari e il Central Asia Forum dell’Università di Cambridge. Papers: A Sherpa shamanic ritual in Helambu di Romano Mastromattei, Music as tool for spiritual pactices in Shamanism and Sufism di Galina Sychenko, Shamanism and sufism: symbols of protection in Uzbek wedding songs and in female craftmanship di Razia Sultanova, From the Reed Thicket to the Cay-khana: sounds and verses of the steppes di Giovanni Bellingeri, The vocal zikr Sufi cerimonies in Central Asian Area and their analogies with shamanic concepts and practices di Giovanni De Zorzi, The rhytm of the Persian quatrain between Impressionism and Expressionism di Gianroberto Scarcia, The voice of destiny: memory, mysticism and cosmology in the mountain music of Tajikistan di Federico Spinetti. Il seminario che si è svolto il2 dicembre all’auditorium Santa Margherita di Venezia, si è concluso nel pomeriggio con un suggestivo concerto: Intineraries in Ottoman sufi music con Giovanni De Zorzi, Giovanni Tufano e Francesco Clera, e Music of Central Asia from tents to palaces con Razia Sultanova, Sardor Mirzahojaev.

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