mercoledì 11 maggio 2011

Paolo Portoghesi


"Negli ultimi anni per merito di Serge Latouche è stata avanzata la teoria della decrescita, uno stop alla crescita illimitata, un ritorno al limite. Ricordo che l’imperatore Adriano, con il famoso vallo che porta il suo nome, volle delimitare l’Impero romano celebrando in questo modo il “dio limite”. Credo sia arrivato il momento di imitare Adriano. Se la società continuasse ad aumentare i propri consumi e la sua ricchezza prelevando risorse dalla terra che ne possiede una quantità finita, ci troveremmo presto non in una crisi economica, come quella che stiamo attraversando, ma in una crisi di identità: l’uomo non come dominatore della terra ma come vittima del suo saccheggio. La filosofia della decrescita propone non solo uno stop ma un passo indietro: il ritorno alla valutazione dei luoghi, all’economia locale, a un livello di consumi paragonabile a quello dei primi decenni del secolo scorso: una forma corretta di autarchia da connettere al bioregionalismo. Naturalmente l’architettura potrebbe essere protagonista di questo ritorno alla qualità della vita quotidiana rinunciando ai costosi monumenti del consumismo che abbiamo appena eretto. La stessa delega che la società ha dato all’architetto potrebbe essere ritirata tornando in un certo senso all’autocostruzione della città. È un’avventura che vale la pena di vivere e mi auguro che i giovani se ne rendano conto. Tra l’altro una delle ipotesi di Latouche è che non solo si possa ma si debba fare a meno dei partiti, strutture ormai logorate, concentrando la volontà di cambiamento in movimenti capaci di costringere il potere, senza sporcarsi le mani con il potere, a seguire delle direttive di interesse comune. È un sogno? Una utopia? Non dimentichiamo che sono le utopie che producono le grandi trasformazioni. La decrescita quindi si profila come una “rivoluzione culturale”, non quella di Mao, che consisteva come sapemmo troppo tardi nella distruzione del passato e delle sue testimonianze, ma al contrario come una utilizzazione delle grandi ipotesi di futuro che il passato contiene. La geoarchitettura vuole creare una nuova sensibilità intorno a questi problemi, che dovrebbero essere approfonditi anche in virtù della genialità umana che quando si risveglia è capace di soluzioni rivoluzionarie."
Il brano è tratto dal libro Paolo Portoghesi ed. Canova. In quarta di copertina è riassunto così: "La intensa e vivace intervista a Paolo Portoghesi ripercorre la sua avvincente esperienza di architetto, di critico e di uomo di cultura. In controtendenza alle archistar del gesto individuale e per un ritrovato rapporto con la natura e la storia dell’uomo, Portoghesi riafferma la sua fede nei valori di un’architettura umanistica che si nutre anche di poesia, di filosofia, di musica. Architettura e politica, Leggere la città, Progettare la casa ideale, Curve e linee rette, Il colore e la luce, Il brutto, La strada, La piazza, Non luoghi e paesaggio, La geoarchitettura, I libri, La musica, sono alcuni degli argomenti trattati con straordinaria chiarezza, autorevolezza e passione.
Autore di opere che hanno segnato momenti significativi dell’architettura contemporanea, di numerose pubblicazioni di storia e critica, animatore di riviste di tendenza, maestro di architetti, Paolo Portoghesi si conferma voce viva e vibrante nella vicenda italiana e uno dei protagonisti di riconosciuta esperienza e fama internazionale."
Scrive Portoghesi: “Sono convinto che un’architettura umanistica dovrebbe cercare le condizioni per favorire l’incontro casuale e disinteressato che contiene in sé allo stato potenziale l’amicizia, la passione, l’amore.”

2 commenti:

  1. Congratulazioni per la nuova pubblicazione. Sara (corso di Conegliano)

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  2. L'architettura è un fatto d'arte, un fenomeno che suscita emozione, al di fuori dei problemi di costruzione, al di là di essi. La Costruzione è per tener su: l'Architettura è per commuovere.
    Il pensiero è di Le Courbusier.

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