"(...) non siamo soltanto corpi ma anche anime svolazzanti e possiamo andare a dimorare dentro bestie selvatiche e nasconderci in corpi di animali domestici. Lasciamo tranquilli e intatti corpi che potrebbero ospitare anime di genitori o di fratelli o di persone a noi legate da qualche vincolo, o comunque di esseri umani, e non ingozziamoci di pietanze del tipo di quelle di Tieste!"
Derrida (1930-2004), ne L'animale che dunque sono, pone una serie di questioni filosofiche che delineano le nostre responsabilità e i nostri obblighi di rispetto per la vita.
Kundera nell'Insostenibile leggerezza dell'essere (1984) non ha dubbi: "La vera bontà dell'uomo si può manifestare in tutta purezza e libertà solo nei confronti di chi non rappresenta alcuna forza. Il vero esame morale dell'umanità, l'esame fondamentale (posto così in profondità da sfuggire al nostro sguardo) è il suo rapporto con coloro che sono alla sua mercé: gli animali. E qui sta il fondamentale fallimento dell'uomo, tanto fondamentale che da esso derivano tutti gli altri."
Sulla stessa lunghezza d'onda Marguerite Yourcenar in Chi sa se lo spirito delle bestie scenda giù (1981): "Venduta in fette accuratamente avvolte in carta monolucida in un supermercato, o conservata in scatola, la carne dell’animale cessa di essere sentita, come una volta, viva. (...) Così, i mantelli di pelliccia esposti con raffinata cura nelle vetrine dei grandi pellicciaisembrano lontano mille leghe dalla foca abbattuta sulla banchisa, a colpi di randello, o dal procione lavatore che, preso in trappola, si rode una zampa nel tentativo diriacquistare la libertà. La bella che si trucca non sa che i suoi cosmetici sono stati sperimentati sopra cavie o conigli morti sacrificati o ciechi.
(...) Rivoltiamoci contro l’ignoranza, l’indifferenza, la crudeltà, che d’altronde non si esercitano così spesso contro l’uomo se non perché si sono fatte la mano sulle bestie.
Ricordiamoci, in quanto occorre sempre ricondurre tutto a noi stessi, che ci sarebbero meno bambini martiri se ci fossero meno animali torturati, meno vagoni piombati che trasportano alla morte le vittime di qualsiasi dittatura, se non avessimo fatto l’abitudine ai furgoni dove le bestie agonizzano senza cibo e senz’acqua dirette al macello, meno selvaggina umana stesa con un colpo d’arma da fuoco se il gusto e l’abitudine di uccidere non fossero prerogativa dei cacciatori. E nell’umile misura del possibile, cambiamo (ovvero miglioriamo se possibile) la vita."
Nella foto Daniele Vasko Rossetti, Klaus. Foto di Marina Carosi
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