sabato 2 ottobre 2010

Odile Decq


Continua a far discutere la Biennale Architettura curata da Kazuyo Sejima. Nel terzo incontro dei sabati dell’architettura, svoltosi lo scorso fine settimana, è stata Odile Decq a lanciare il guanto e a lasciare attonito Dietmar Steiner, conduttore dell’incontro, che le chiedeva sorridendo un "amarcord" del 1996 quando sotto la direzione di Hans Hollein fu insignita del Leone d’Oro: “Non voglio parlare del passato – ha affermato la Decq che ha disegnato il Macro di Roma e insegna all’ Ecole Spéciale d’Architecture di Parigi. Vorrei che discutessimo di questa Biennale; secondo me a differenza della rassegna del 1996, che guardava al futuro anche nel titolo “L’architetto come sismografo” e alla quale erano stati invitati architetti poco noti fra cui Fuksas e la stessa Sejima a mostrare i loro progetti per il domani, oggi a Venezia visitiamo una mostra che guarda al presente. Va bene incontrarsi – Meet in architecture- ma cos’altro? Qui ci sono molti artisti ma l’artista non è coinvolto nel futuro del mondo, è preso da sé stesso, dalla sua arte.” Più cauto Hans Hollein, curatore della Biennale 1996: “L’unica cosa che posso confermare è che si tratta di una mostra legata al presente e non al futuro. Sul punto non vorrei rilasciare altre dichiarazioni”. Critiche che si aggiungono alla posizione di Paolo Portoghesi che nel precedente incontro dei Sabati dell’Architettura non usò mezzi termini: “L’architettura è qualcosa di molto diverso da ciò che viene rappresentato in questa mostra e dai media. L’affermazione individuale delle archistar produce contenitori, eventi, installazioni, che vorrebbero essere arte ma spesso non riescono ad essere né arte né architettura” In controtendenza Gianni Pettena, tra i fondatori dell’architettura radicale italiana: “Non sono d’accordo né con Portoghesi né con la Decq, ogni generazione ha il suo modo di esprimersi. Se a una persona piacciono le fughe di Bach forse non apprezzerà alla stessa maniera le composizioni di John Cage ma questo non implica che le une siano migliori delle altre. C’è un’architettura legata alla storia ma c’è anche un’architettura che non è legata solo alla funzione ma è pensiero fisicizzato, emozione trascritta in spazi.”

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