Canticchia una canzone di tanti anni fa, quand’era felice. Oggi è seduto sull’autobus, la barba trascurata, i pochi capelli unti e pettinati all’indietro, l’impermeabile sporco, e le orecchie tappate dagli auricolari. Eppure nella voce, in quello sfregato sussurro che fa ridere gli altri passeggeri, ci sono riflessi intermittenti, ricordi nascosti, momenti lontani in cui è stato felice. Sarebbe bello scendere alla prossima fermata, in quel luogo, dove la sua memoria sta affondando.
(Sull'autobus, un mercoledì di novembre)
"Nel blog l'altro può firmare nel tuo testo, esiste uno spazio per chiunque decida di arrivare"
lunedì 30 dicembre 2013
domenica 29 dicembre 2013
Animali
Che il rapporto che abbiamo con gli animali sia una spia del rapporto che abbiamo con gli altri esseri umani e con noi stessi è tema sul quale si riflette da tempi antichissimi ma sul quale non si sono fatti molti passi avanti. Anzi, leggendo Ovidio, Derrida, Kundera, Yourcenar, diventa evidente che la strada è ancora tutta da costruire. Scrive Ovidio nelle Metamorfosi citando Pitagora: "Astenetevi, o mortali, dal contaminarvi il corpo con pietanze empie! Ci sono i cereali, ci sono i frutti che piegano con il loro peso i rami, grappoli d'uva turgidi sulle viti. Ci sono verdure delizione, ce n'è di quelle che si possono rendere più buone e più tenere con la cottura. E nessuno vi proibisce il latte, e il miele che profuma di timo. La terra generosa vi fornisce ogni ben di dio e vi offre banchetti senza bisogno di uccisioni e sangue. Con la carne placano la fame le bestie, ma neppure tutte: il cavallo e le greggi e gli armenti vivono d'erba. Sono le bestie d'indole cattiva e selvatica, le tigri d'Armenia e i leoni iracondi e i lupi e gli orsi, a godere di cibi sanguinolenti."
"(...) non siamo soltanto corpi ma anche anime svolazzanti e possiamo andare a dimorare dentro bestie selvatiche e nasconderci in corpi di animali domestici. Lasciamo tranquilli e intatti corpi che potrebbero ospitare anime di genitori o di fratelli o di persone a noi legate da qualche vincolo, o comunque di esseri umani, e non ingozziamoci di pietanze del tipo di quelle di Tieste!"
"(...) non siamo soltanto corpi ma anche anime svolazzanti e possiamo andare a dimorare dentro bestie selvatiche e nasconderci in corpi di animali domestici. Lasciamo tranquilli e intatti corpi che potrebbero ospitare anime di genitori o di fratelli o di persone a noi legate da qualche vincolo, o comunque di esseri umani, e non ingozziamoci di pietanze del tipo di quelle di Tieste!"
mercoledì 18 dicembre 2013
"Altri tempi"
"Luigino si avvista da
lontano. Svetta sulle capocce della gente con gli occhiali grandi che sembrano
due monitor accesi. Sottobraccio un pacco di carte svolazzanti. Anche i suoi
capelli ondeggiano senza sosta. Cammina a passo svelto, forse per colpa di quel
cognome di origine teutonica: Baldan deriva dal tedesco bald che significa
presto.
Con il suo lungo dito indice, che
pare una bacchetta, dà un nome e una professione ai volti sconosciuti delle
vecchie immagini in bianco e nero:
martedì 10 dicembre 2013
Laboratorio di scrittura creativa e professionale
Comincerei con un gioco. Scegliete un testo, da un giornale, da un
blog, da un libro. Diciamo cinque righe. Poi concentratevi sulle parole e
cominciate a togliere un aggettivo, a cambiare un sostantivo, a modificare la
punteggiatura. Sperimentate. Riscrivete iniziando dall’ultima frase, riassumete
le cinque righe con quattro parole, poi con tre, due, una. E ricominciate.
Riscrivete con stili diversi: poetico, ironico, giornalistico...e poi
confrontate le diverse versioni con l’originale.
Scoprirete la cosa più importante: scrivere è scegliere delle
parole invece di altre, è interrogarsi sulla loro capacità di rinviare a
esperienze, immagini, associazioni.
Guerra o dissidio? Roma o la Capitale? Trolley o valigia? Poesia o
componimento in versi? Odissea o viaggio travagliato? Vento o venti?
Incipit, inizio, partenza, start up, principio, avvio... Da dove cominciare?
A) Da un buon libro: Bouvard e Pecuchet di Flaubert, Il
Maestro e Margherita di Bulgakov, Lord Jim di Conrad, Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati, Il
giunco mormorante di Nina Berberova.
B) Da un laboratorio di scrittura con esercitazioni pratiche e
supervisione dei testi. Programma: Catturare l'attenzione, Una parola non vale
l'altra, Parole magiche, Esercizi di stile, La leggerezza, Governare la
molteplicità, Le informazioni e la loro gerarchia, L'importanza del titolo e
dell'incipit, La sintesi delle informazioni, La conclusione, L'architettura del
testo, Virgola, Punto, Due punti, Puntini, puntini ..., Declinare i contenuti,
Il comunicato stampa, La campagna pubblicitaria, Il sito Internet, Mailing,
Mail, Blog, Social network, Le figure retoriche, La metafora, La metonimia,
L'attenuazione, L'ironia.s
C) Da alcuni consigli: Il difficile è il messaggio,
cercatelo. Scrivere è unire delle parole, non parole. Un verbo ha più forza di
un sostantivo. Il segreto è nei dettagli. Non perdere il filo del discorso:
l’intreccio affascina, il garbuglio no. Frasi subordinate con molto giudizio.
Scegliere un’immagine coerente.Metafora o metonimia: sale e pepe della
scrittura. Le parole necessarie non hanno aggettivi né, naturalmente, avverbi.
I neologismi efficaci sono strarari. Foreign words grab your attention. Ogni
sinonimo ha altri sinonimi. Semplice è diverso da banale. La punteggiatura
costruisce il ritmo. Leggero, barocco, complesso, questioni di stile. Rime,
ripetizioni, allitterazioni in minime porzioni. I numeri garantiscono l’effetto
“wow”, anche i nomi famosi. Strano piace e l’ironia conquista. Curate il
carattere, il corpo e l’interlinea. Rileggete ad alta voce e anche oirartnoc
la; salvare e rileggere dopo quarantott’ore.
Informazioni: 3482526490
giovedì 5 dicembre 2013
Evitate di essere invidiosi
"(...) È dunque un errore della conoscenza che si ha della propria interiorità desiderare di trovarsi nelle condizioni esteriori altrui, nella convinzione che su questo nuovo terreno saremmo più felici: a questo desiderio è connessa l' invidia per la felicità degli altri. L' invidia vorrebbe allontanare coloro che sono felici dalla propria condizione, e a tal fine cerca ragioni con perfida sofisticheria. Essa, quindi, è un errore della natura cognitiva e di quella morale. È un errore della natura cognitiva. È segno di una natura forte riconoscere nelle cose una ininterrotta catena di cause ed effetti non pensando semplicemente che seminare basti a produrre frumento, ma estendendo le medesime leggi anche alla vita umanae alla storia dei popoli. Ma l' invidioso, come, in generale, ogni uomo egoista e miope, vedendo emergere le cime dei monti dalle nuvole crede che esse fluttuino, isolate, nell' aria, mentre un osservatore più acuto intuisce che esse sono legatea qualcosa, seppure in modo nascosto, e comprende che sono i punti più elevati di una catena montuosa. Agli invidiosi la felicità e l' onore appaiono sotto l' involucro esteriore della ricchezza e dello splendore, dell' acclamazione pubblica e delle lodi dei giornali.
giovedì 28 novembre 2013
La content curation e le enciclopedie elettroniche
Le
più interessanti sono le case history, arrivano dritte al cuore e lasciano
intravedere il lato umano della rete. Le storie, se raccontate con
intelligenza, hanno sempre il potere di conquistarci. I termini inglesi hanno
lo stesso scopo, quello di catturare la nostra attenzione, senza tenere conto
che ci fanno sentire molto update (sul pezzo). Content curation può tradursi
con elaborazione dei contenuti. Ma vediamo le case history presentate da Andrea
Nelson Mauro al seminario "La content curation applicata all’informazione",
organizzato dall’Ordine dei giornalisti del Veneto e svoltosi qualche mercoledì
fa tra i blocchi architettonici facciavista del Centro Vega a Marghera. Si
comincia con "Fortress Europe"il blog aperto da Daniele del Grande
nel 2008. Migliaia di post dedicati alle tragedie dei migranti.
giovedì 7 novembre 2013
Il picnic della tartaruga
"Un bel giorno la fattoria degli animali decide di fare un picnic: il gatto, il cane, la pecora, l'agnello, la tartaruga ecc. si mettono in cammino. Dopo un bel po' di strada trovano finalmente il posto adatto; stanno per iniziare a mangiare quando si rendono conto che hanno dimenticato l'apriscatole. Allora la tarataruga si offre: "Vado io a prendere l'apriscatole. Ah, però, attenzione: guai se cominciate a mangiare prima che io sia tornata". "No, no, non preoccuparti", promettono tutti. La tartaruga parte; passa un'ora, passano due ore, passano tre ore, passano quattro ore, e a un certo punto comincia a calare la sera e uno degli animali dice: "Però, tutto sommato, potevamo almeno cominciare con gli antipasti". E il gatto replica: "Ma sì, in effetti potremmo. Dai, un paio di olive possiamo mangiarle". Ma il cane si oppone: "No, abbiamo promesso che non mangeremo". Si apre quindi un piccolo dibattito. Alla fine, quando stanno per toccare la prima oliva, dal fondo della radura parla la tartaruga: "Guardate che, se cominciate a mangiare, non vado a prendere l'apriscatole".
Maurizio Ferraris, Derrida e la decostruzione
Maurizio Ferraris, Derrida e la decostruzione
domenica 3 novembre 2013
Giorno d'autunno
Signore: è tempo. L'estate è stata lunga.
Posa la tua ombra sulle meridiane,
libera il vento sulla pianura
Ordina agli ultimi frutti di riempirsi;
concedi loro due giornate di sole,
affinché il frutto maturi e sprema
il suo dolce essere nel forte vino.
Chi ora non ha casa, non riuscirà a costruirsela.
Chi ora è solo, lo rimarrà a lungo,
dovrà vegliare, leggere e scrivere lunghe lettere,
e dovrà girovagare per i viali inquieto,
mentre cadono le foglie.
Rainer Maria Rilke, dal Libro delle Immagini
Posa la tua ombra sulle meridiane,
libera il vento sulla pianura
Ordina agli ultimi frutti di riempirsi;
concedi loro due giornate di sole,
affinché il frutto maturi e sprema
il suo dolce essere nel forte vino.
Chi ora non ha casa, non riuscirà a costruirsela.
Chi ora è solo, lo rimarrà a lungo,
dovrà vegliare, leggere e scrivere lunghe lettere,
e dovrà girovagare per i viali inquieto,
mentre cadono le foglie.
Rainer Maria Rilke, dal Libro delle Immagini
martedì 22 ottobre 2013
Ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
Ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
è la mia nostalgia
cresciuta sul ramo inaccessibile
è la mia sete
tirata su dal pozzo dei miei sogni
è il disegno
tracciato su un raggio di sole
ciò che ho scritto di noi è tutta verità
è la tua grazia
cesta colma di frutti rovesciata sull'erba
è la tua assenza
quando divento l'ultima luce all'ultimo angolo della via
è la mia gelosia
quando corro di notte fra i treni con gli occhi bendati
è la mia felicità
fiume soleggiato che irrompe sulle dighe
ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
ciò che ho scritto di noi è tutta verità.
Nazim Hikmet
martedì 15 ottobre 2013
Lo storytelling secondo Coca Cola
Storytelling
si potrebbe tradurre con “raccontare storie”, in realtà raccontare storie come
fa Sherazade o raccontarsi storie come fa Don Chisciotte serve a sopravvivere e
a vivere. La storia raccontata accanto al focolare o all’amico aiuta a
riconoscerci prima ancora che ad intrattenerci. Lo storytelling, invece,
serve a vendere (in questo senso diventa storyselling), a fare in modo che
attraverso un racconto, una storia, non ti dimentichi di quella marca, anzi te
ne innamori e la compri. Lo storytelling è una leva del marketing con
basi neuroscientifiche: il racconto attiverebbe le aree del cervello che sono
coinvolte nell’azione e quindi sarebbe facilmente memorizzabile. Spesso la storia
raccontata non è paragonabile, per struttura, a una favola o a un’avventura. La
marca tende a coinvolgere i consumatori facendoli diventare fan, compagni di
viaggio, protagonisti di un sogno, di un progetto, di un’iniziativa.
Emblematica la recente personalizzazione delle lattine di Coca Cola con i nomi
propri delle persone. Non sei più tu a parlare del prodotto, è il prodotto che
conversa con te, anzi ti chiama per nome. Come ci si è arrivati?
Lo
spiegano bene i due video intitolati Coca Cola Content 2020 (postati nel 2011) che si trovano in
rete ai seguenti indirizzi:
La storia
di come Coca Cola intende raccontarci le sue storie da qui al 2020 è suddivisa
in capitoli e illustrata in una serie di vignette dal segno morbido e
simpatico. Il colore delle vignette? Rosso Coca Cola, nero e bianco.
Capitolo
I
“Passiamo
dall’eccellenza creativa all’eccellenza dei contenuti. L’eccellenza dei
contenuti ha come scopo di essere contagiosa, incontrollabile, liquida, e
collegata agli obiettivi imprenditoriali, ai diversi brand e agli interessi dei
consumatori. Attraverso i nostri contenuti riusciremo a provocare
conversazioni, passaparola, che diventeranno una parte importante
della cultura di massa (l’immagine riproduce una folla di consumatori catturati
in un retino gigante). Il nostro modello conversazionale sarà basato su
argomenti liquidi che provocheranno conversazioni, scambi d’idee, ai quali
dovremo essere in grado di reagire 365 giorni all’anno.
Capitolo
II
Le cose
cambiano per tre ragioni fondamentali. Vogliamo raddoppiare il nostro business.
Ci siamo resi conto di una diffusione esponenziale della creatività: le
storie create dai consumatori superano quelle generate da Coca Cola per i
singoli marchi e danno vita a un grande libro di storie. La crescente
connessione facilitata dai dispositivi tecnologici favorisce l’on demand
culture: i consumatori possono cambiare le loro aspettative 24 ore al giorno.
D’altra parte non possiamo più separare il messaggio dai supporti tecnologici
attraverso i quali i consumatori interagiscono con noi: il micro blogging,
twitter, le app. Anche noi all’interno degli stessi canali possiamo sviluppare
profonde connessioni emotive con lo storytelling, a patto di creare un’alleanza
fra il nostro team creativo e gli specialisti delle nuove tecnologie, e di
rafforzare le nostre relazioni con le società che hanno grande influenza in
rete come Google.
Capitolo
III
In questo
contesto lo storytelling evolve da una visione sequenziale a una visione
dinamica che Coca Cola definisce come “lo sviluppo di elementi che incrementano
un’idea di brand che si disperde sistematicamente nei molteplici canali di
conversazione, con lo scopo di dar vita a un’esperienza dei valori della marca.
L’eccellenza dei contenuti, simile a un infaticabile editore che pubblica in
continuazione, corre il rischio di infastidire. Per questo abbiamo individuato
cinque modelli di storytelling. Lo storytelling seriale, lo storytelling
situazionale, lo storytelling estensivo, lo storytelling immersivo e lo storytelling
reclutativo. Non va dimenticato che lo storytelling fa parte della storia
dell’umanità ed è un ambito nel quale Coca Cola eccelle da 125 anni.
Capitolo
IV
L’ingrediente
principale delle storie è una visione positiva della vita, un antidoto alle difficoltà
di ogni giorno, un arricchimento per le persone. Nello stesso tempo l’azienda
vuole essere associata ai valori migliori di ogni generazione. Le storie Coca
Cola mostrano come si può fare del mondo un posto migliore. Anche Nike si muove
in questa direzione con video come “The girl effect”.
Capitolo
V
Un altro
fattore di cambiamento è il passaggio dalle intuizioni alle provocazioni.
Abbiamo notato che spesso molte delle nostre intuizioni hanno portato a
piccoli cambiamenti, quello di cui abbiamo bisogno invece è di innescare
processi di cambiamento. La rete e i suoi dati sono il nuovo spazio dove questo
avverrà e i “sussurratori” d’informazioni diventeranno i nuovi messia. Ci siamo
quindi spostati in uno spazio liquido e fertile dove confluiscono sfide,
obiettivi, informazioni. Dove lavoriamo all’affermazione dei marchi con
collaboratori esterni e con i consumatori con i quali siamo sempre più
impegnati in conversazioni on line per comprendere le loro aspettative; scambi
dai quali nascono ricerche, comunità, connessioni. Una sintesi creativa
deve sempre portare a grandi, fertili, ricchi universi comunicativi.
CapitoloVI
Per
sviluppare “contenuti liquidi” dobbiamo pensare a storie che possano essere
raccontate attraverso ogni possibile connessione, che contengano dei
valori e una rilevanza per chi le ascolta. Alcuni elementi della storia
dovranno essere pensati per alternarsi liberamente tra loro, ma non come storie
separate, come molecole che svaniscono se le separiamo. Una storia non deve
perdere le sue connessioni, i suoi concetti più avvicenti. Per scrivere le
nostre storie collaboriamo in maniera fluida con talenti creativi, con i nostri
fan, con industrie creative, con le agenzie delle rock star. Le nostre linee
guida per la collaborazione creativa (cocreation) sono: l‘interazione fra i
migliori, la condivisione dei risultati, lo sviluppo continuo, la valutazione
del successo. Nel definire la stella polare della nostra comunicazione dobbiamo
essere capaci di portare le idee più inaspettate all’attenzione del
consumatore, di essere catalizzatori di giochi, di assumere dei rischi e le
conseguenze che ciò comporta, di coltivare idee creative e di creare una
cultura della creatività. Le idee che hanno successo a livello mondiale si
sviluppano grazie alla loro intensità, ad una conflittualità costruttiva. Il
conflitto può innescare sorprendenti pensieri creativi.
Capitolo
VII
Coca Cola
investe il 70 per cento del proprio budget in contenuti a basso rischio, un 20
per cento su contenuti innovativi e un 10 su contenuti ad alto rischio, cioè su
rivoluzionarie idee per il brand che un domani potrebbero rientrare nelle altre
due categorie. Per esempio Fanta investe il 70 per cento nei canali
tradizionali, il 20 in una spriritosa campagna brasiliana e il 10
nell’application del virtual tennis.
Capitolo
VIII
La
ricerca di contenuti liquidi segue vie diverse da quelle percorse sinora. Le
campagne Twelp, Gatorade, Second generation Old spice, Nike’s write the future,
Nike’s live strong, sono nate senza test preliminari. I test preliminari
pietrificano i contenuti che invece devono restare liquidi. Ogni processo che
fa evaporare o cristalizzare un’idea deve essere considerato come un nemico da
combattere. Per questo dobbiamo calibrare diversamente i nostri investimenti
nella ricerca di contenuti. Attualmente spendiamo il 20 per cento dei nostri
investimenti per inadeguati test qualitativi, il 60 in massicci sondaggi e il
20 in interviste ai consumatori. Per muoverci in un mondo liquido
dobbiamo capire come usare la ricerca per aumentare il potenziale che deriva da
nuovi spazi e nuove idee. Nel futuro il 30 per cento del nostro budget
sarà destinato a contenitori e strumenti “ispirazionali”, a “immersion
safaris”, a piattaforme collegate ai nostri processi creativi, il 15 a sistemi
online di feedback e dialogo con i consumatori, il 30 ai sondaggi. Lavorare con
i consumatori è entusiasmante perché producono più storie di quante non sia in
grado di produrne l’azienda. Dobbiamo incrementare le indagini sul campo e le conversazioni
on line. A proposito delle conversazioni, una volta lanciato un tema, vogliamo
alimentare la conversazione nel tempo e non allontanarci da essa troppo presto,
per cogliere gli spunti e analizzare gli effetti del nostro lavoro.
Capitolo
IX
Anche
l’approccio alla produzione deve diventare fluido, abbiamo bisogno di molti più
argomenti senza spendere dollari in più. Svilupperemo il principio del “dollar
multiplier” rimanendo flessibili per rispondere alle conversazioni. In un mondo
liquido uno dei punti fermi sui quali fondare le nostre storie è la capacità
sviluppare i contenuti prodotti dai consumatori, non solo di ripeterli.
Capitolo
X
In
conclusione la nostra idea guida (North Star) è la produzione di contenuti
liquidi capaci di creare grandi condivisioni nella cultura di massa. E nel
realizzarli siamo sicuri di realizzare anche il nostro progetto per il 2020.”
L’immagine
finale del video mostra le diverse vignette che compongono una mappa
all’interno della silhouette della bottiglia di Coca Cola. Anche lo
storytelling, come una mappa, tenta di dare un ordine, un orientamento, una
lettura della realtà. Sulla fluidità, sulla liquidità, sulla mutevolezza,
qualcosa per la verità l’aveva già detta Eraclito: “Entrano negli stessi fiumi,
ma acque sempre diverse scorrono verso di loro”. Adattando: “Bevono
sempre la stessa Coca Cola, ma conteuti sempre diversi scorrono verso di loro”,
compreso questo articolo.
domenica 6 ottobre 2013
Odore di olio motore
Le rocce tra il verde luccicano al sole, il profumo del caffè nero ci saluta in riva al lago blu. La centrale elettrica è un teatro con le turbine arancioni, l’alternatore verde, e i vetri saldati a piombo delle Fornaci Lorenzo Chini di Murano, le cornici con figure di fili elettrici ed isolatori. Dietro i vetri le arterie-tubi del monte Visentin scagliano l’acqua per un salto di 22 metri al secondo e sprizzano 30 megawatt dalla sera alla mattina, schizzano nella chiocciola Francis radialmente e poi ne escono assialmente per trasformarsi in tensione continua.
Le scatole verdi del Lanificio tessono lo sfondo di un tappeto drammatico di parole: rischio, debito di un miliardo al giorno, pensioni. La mattonella scheggiata inquadra graffiti di passi lontani.
mercoledì 25 settembre 2013
Reverte: "Ogni romanzo è una battaglia"
"Quando
guardò di nuovo la donna, vide riflessi dorati che sembravano moltiplicarsi in
silenzi da donna eterna, senza età."
L’amore
e il suo divenire nel tempo sono al centro dell’ultimo romanzo di Arturo
Pérez-Reverte, Il tango della vecchia guardia, uscito ad agosto per i tipi di
Rizzoli con la traduzione di Bruno Arpaia. Pagine intrecciate a brani musicali,
a ballate romantiche e nere, a Vecchio Frac di Modugno, al Bolero di Ravel, a Mala Junta.
"Per
me ogni romanzo nasce da un piano preciso, racconta Reverte, da una struttura
portante, è come un treno con dei vagoni, e ogni vagone è diverso dall’altro.
giovedì 19 settembre 2013
Democrazie inceppate
Sergio Romano ha usato una chiarezza poco diplomatica ma estremamente efficace per inaugurare la XIV edizione di Pordenonelegge: “Le democrazie sono infelici, inceppate, incapaci di risolvere i loro problemi. È infelice la Francia dove il nuovo presidente della Repubblica viene sfiduciato dall’opinione pubblica; è infelice la Spagna dove la Catalogna rivendica la propria indipendenza, il Belgio dove il divorzio definitivo tra fiamminghi e valloni sembra alle porte. E non è felice la Germania dove un presidente si dimette per un prestito di favore. In Gran Bretagna la presa di posizione del primo ministro sull’Europa rischia di precipitare il paese in una disastrosa crisi economica. È infelice l’Italia che oscilla fra due tentazioni: voltare le spalle alle urne o votare per un movimento populista. I partiti populisti che sfruttano le paure suscitate dalla crisi economica nelle classi medie rappresentano in Europa un terzo dell’elettorato. Il rischio è che il prossimo parlamento di Strasburgo abbia una maggioranza di deputati euroscettici, anzi eurofobici”.
martedì 17 settembre 2013
L'inversione del tempo
"L'inversione del tempo porta fatalmente a una specie di determinismo: se il sogno di ciò che chiamiamo passato è un sogno veritiero, molto di quello che accadrà è saputo: usciranno dalle ventitré ferite di un cadavere nel foro di Pompeo le spade di noti congiurati, e parlando latino alla rovescia converseranno con il morto e Cicerone. Altri fatti accadranno ancora più determinati: poiché ora esistono le tragedie di Shakespeare, un giorno a Londra un uomo sempre più ignoto dovrà abolirle una per una, dalla fine all'inizio, con la penna; dopo di che il teatro sarà un'arte diversa, molto più povera. E un altro giorno, ancora lontano, qualcuno si alzerà dalla tomba di Teodorico, e vivrà un tempo come re d'Italia, finché non l'avrà conquistata (perduta)."
Rodolfo Wilcock, La sinagoga degli iconoclasti
Rodolfo Wilcock, La sinagoga degli iconoclasti
mercoledì 11 settembre 2013
Totem e tabu
Le questioni sono complicate. Non c’è dubbio. Sul tavolo un libro, Hannsjörg Voth Zeichen der Erinnerung, Dam, Frankfurt am Main, 1987. Il luogo è bello non c’è dubbio, una vigna di Alice con rane blu, robot gentili e dipladenie bianche. E la questione del totem va capita non c’è dubbio, il campanile in fondo che cos’è, e la croce, luogo della decisione ancor prima che sofferenza, a meno che ogni decisione non sia anche sofferenza, crocicchio di Edipo. E anche la scala piantata nel terreno, sentiero utopistico verso il cielo, una Himmelsleiter (scala del cielo). “Persino Giacobbe nel Vecchio Testamento sognò di una scala che toccava il cielo, e su di essa gli angeli che andavano su e giù”.
giovedì 29 agosto 2013
L(u)ogoi - cap. 4
Sono stelle in orbita, atomi gioiosi, razzi in partenza. Su sedie di un asilo sconosciuto, in cerchio, al centro di un gomitolo di storie . Una galassia in vetrina, uno spaccio di fantasie, trame, colori sconosciuti. E buone scarpe per camminare: scarpe da ginnastica con il coccodrillino, bianche slacciate, francescane birkenstock, sandali rosa con i lacci, scarpe da tennis, ciabatte piscina e ballerine arrotolabili. Volontari del festival, dell’azione coordinata, temporale, politica, architettonica, maieutica, distopica, psicologica, musiva . Teodofori di manufatti artigianali e elastici tempospaziali. Orologi di senso e direzione, boe mobili, guide urbane del convoglio. La loro condizione è l’essere nel corteo, la vita activa, l’operare per trascendere le tappe. Nella città tappezzata di giallo fluo, ruoteranno grafiche cinefile e borse vernissage, guideranno crocchi e teste, saliranno su auto verso areoporti stazioni e alberghi, modelleranno luoghi evenemenziali: info point, accoglienza, tavolate. Documenteranno il divenire processionale, hashtaggeranno cmdm13 per archivi collettivi, posteranno on line, e stradalmente materiali cartacei, locandine, manifesti, cartoline per destinatari in transito. La condizione è la connessione, fin dai tempi dei Romani. E la pluralità dei volontari quella degli effetti. Volontà itineranti, collegamenti mobili nelle assise sostenibili, banditori totemici, apripista attenzionali, mossieri di elementi archetipi. La sincronia sarà fondamentale, come in un’orchestra, una parata a due teste, una trasmissione televisiva. Laboratori al bar e discussioni in un perimetro flesso, riprese da docufilm, pizze europee, cittadini con una parte in scena, ellissi a due fuochi, parole chiave, progetti, patti scritti e assicurazioni. Lavagne complete. E Otto centrali elettriche dove la notte sognare acquatiche costellazioni, fughe nella corrente, salvagenti esistenziali. Sara, Tutto l’orario, Jacopo, Dammi la taglia, Monica, Martina, Giulia, Alice, Ilaria, Angelica, Tutto l’orario, Marco, Gaia, Sebastiano, Matteo, Non c’e, Laura, Voglio la maglietta rosa, Federica, Nicolò, Marina, Alessio, Massimo, Christian, Tutto l’orario, Erika, Caterina. Tutto l’orario, tutti per uno e uno per tutti.
More at comodamente.it
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domenica 18 agosto 2013
Morsi
Mi sono sempre piaciuti i negozi pieni di tante cose, quelli che in vetrina hanno il cavallo d’ottone consumato, le poesie di Baudelaire, una collana di perle, gli scacchi in palissandro, l’Eberhard con il vetro segnato, il necessaire con il pennello in osso, i bicchierini di Murano con l’orlo dorato, le cartoline degli anni Trenta, la zanna d’elefante, la foto di un derviscio rotante, il portasigarette in argento, una broche floreale. Questo libro assomiglia a uno di quei negozi, o a Youtube o Amazon, si entra per curiosare qui e là.
Lo trovate qui: Morsi
Lo trovate qui: Morsi
Edicolanti
Dei
loro quotidiani clienti, conoscono a menadito cronache, titoli, tagli di
capelli, amori, amanti, delitti e fallimenti, guardaroba estivi e invernali,
esami medici, tic, accenti, genealogie. Quando le news si leggeranno solo su
iPad, i romanzi resteranno in edicola, perché i romanzi veri, quelli pieni di
personaggi, avvenimenti, dettagli e stranezze, non sono quelli allegati ai giornali, ma sono le vite
degli edicolanti.
mercoledì 7 agosto 2013
L(u)ogoi - cap 3 Din, don, dan
Din, don, dan. “Le campane sorrette da un congegno di travi detto castello, origineranno suoni.”
Così le parole che prendono quota nei racconti del Museo. Alle spalle dei relatori antichi affreschi e sculture si gonfiano di sguardi. Un amplexus in aere fra i temi della contemporaneità: è finita l’epoca dei principi, è tempo di volontari, uno stormo. Poltrone esaurite, si accettano solo sedie, una per leggere la Yourcenar: Il vero luogo natio è quello in cui l'uomo pone lo sguardo per la prima volta su se stesso. Imperatore Adriano. L'importante non è dove andare, ma andare.
Un corteo, una grande fuga, una processione, una marcia, una carovana, otto tappe da sud a nord, di tre ore ciascuna, si parte sabato alle sette di mattina.
“Le campane tenute ferme saranno percosse dal battente mantenuto accostato e manovrato dalla mano del suonatore sia nudamente, sia con mezzi meccanici”.
Gocce di sudore in questa stanza antica, traspirazioni per aprire porte; comporre temi in uno scalo ferroviario; dialogare con i contadini del Sudamerica; accendere fuochi nei ghetti; fabbricare strade, prestare biciclette, saltare confini; spiattellare segreti; indagare segni e tipografie; zippare archivi; coltivare rurali geografie; spronare cavalli e mettere assieme persone; e in tutto questo non buttare via niente: dal cuore al cervello. “Nel moto rotativo, invece, con le campane sui loro perni e col bilico del gioco o lor cappello (suono a distesa o a doppio), il battaglio precipiterà infallantemente sulla parete bronzea”.
I giovani tornano alla terra, gli psicanalisti curano friabili paesaggi, i sindaci con la passione della matematica creano città e i postartigiani di macchine complesse: stampi di villaggi globali, circuiti collettivi, processi filosofici. Senza dimenticarsi le mani per seminare, accarezzare e, ogni tanto, suonare.
“L’ondulazione delle campane persuonate a distesa, si otterrà sempre con la sola forza d’uomo accoppiata ad intuito musicale ed a conveniente disciplina ginnastica, retto il tutto da opportune regole tramandate da padre in figlio, e che il popolo chiama semplicemente usanze e pratica.”
Din, don, dan.
(Lunedì 5 agosto, Museo del Cenedese, Vittorio Veneto, conferenza stampa di presentazione di Comodamente 2013. Sono intervenuti: Claudio Bertorelli, Gianantonio Da Re, Giustino Moro, Giancarlo Scottà, Luca Zaia)
Le citazioni sono tratte da De tintinnabulorom musica apud veteres, Valentino Miserachs Grau, traduzione di Armando Renzi, edizioni Bartolucci, Roma, 1920.
mercoledì 31 luglio 2013
Schiena contro schiena, a leggere un libro
"(…) Mi sono innamorata dell'ultima persona di cui avrei dovuto innamorarmi: eravamo fatti di una materia impossibile da legare. Non ha mai capito l' ABC della mia vita, non mi ha mai capita come essere umano, come persona. Ancora mi chiedo perché ho sopportato tanto, perché sono tornata sempre. Una notte mi chiamò, disperato, chiedendomi che andassi da lui. Io ero con qualcuno che mi amava e lo lasciai per andare a passare una notte con lui. E ricordo che l'unica cosa che abbiamo fatto è stato quella di metterci schiena contro schiena, a leggere un libro, lui il suo, io un altro. Al mattino dopo lo presi per la testa e gli dissi: “Sei un asino, Onetti, sei un cane, una bestia”. E me ne sono andata (…)."
Idea Vilariño
Idea Vilariño
martedì 30 luglio 2013
L'eredità del bisturi
“Immagino
che nel mio pennino ci sia un a vecchia eredità del bisturi. E in fin dei conti
non è vero forse che sul bianco della carta traccio quegli stessi segni
aggressivi che mio padre tracciava nel corpo degli altri quando operava? Ho
trasformato il bisturi in pennino.
Sono passato dall’efficacia della guarigione all’inefficacia del libero
discorso: ho sostituito alle cicatrici sul corpo i graffiti sulla carta; ho
sostituito all’incancellabile della cicatrice il segno perfettamente
cancellabile della scrittura. Forse dovrei andare ancora oltre. Forse il foglio
di carta è per me il corpo degli altri.”
Michel
Foucault, Il bel rischio, conversazione con Claude Bonnefroy, traduzione di
Antonella Moscati, Editions de l’Ecole des hautes etudes en sciences sociales,
Paris, 2013
venerdì 19 luglio 2013
L(u)ogoi - cap.2
Lo chiamavano Washington, non so perché, forse un parente in America, forse il nome di un transatlantico. Ogni tanto, verso sera, passeggiava nei campi attorno al paese e raccoglieva i sassi, poi li allineava uno sopra l’altro, costruiva piccoli muri, mosaici irregolari, sequenze magiche, tastiere minerali ognuna diversa dall’altra. C’era la storia del mondo in quei sassi, atomi di vecchie montagne che ora sonnecchiavano al centro della terra o in fondo al mare. Si fermava a guardarli Washington, ogni linea, ogni macchia, ogni spaccatura mostrava una storia, come le cortecce degli alberi, le nuvole, le foglie, come le mani delle persone, a saperle guardare. Un sasso venato di bianco aveva la forma d’un apostrofo, forse un feto, o una piazza con la strada che segue una curva. Nella piazza cominciava il corteo, una parata, una processione, da un lato il campanile con la croce, dall’altro una navicella spaziale, entrambe in partenza per universi poco visibili, la fede come un inchiostro simpatico a svelare l’origine, come l’apparizione di una madonna, il mistero della nascita, una scommessa inventata.
Un pane di granito lungo, un simbolo fallico, un pastorale, l’obiettivo di una cinepresa. Washington ricordò ad occhi chiusi una poesia. Non ogni verso, ma una ruggine di versi cigolava nel suo cervello: un cinema chiuso, una scalinata trasformata in teatro, un negozio di giochi erotici, una testa con due facce, Ulisse e Socrate, un branco di cervi.
Un disco irregolare, marrone sporco, tagliato da un solco scuro, una pozzanghera, di quelle che non se ne vanno mai, di quelle che amano i porti, i fiumi di pianura, le acque grigie della periferia. Per anni aspettano che il mondo cambi. E le pozzanghere tatuate sul terreno di passaggi stretti fra baracche e filo spinato, e nei ghetti dove gli uomini seppelliscono altri uomini. Carceri da liberare, finestre e porte da aprire, per ridere di nuovo come i cinesi al bar, e tuffarsi un caffè, cantare nelle osterie, suonare jazz.
Una selce incisa da quelli che una volta forse erano fili d’erba. Una cortina fra il buio e la luce, il confine del bosco, una galleria tesa come un arco, un diaframma che si schiude. Alle volte bisogna bypassare, arrivare dall’altra parte, lì in riva al mare, dopo la galleria, oltre la luce svizzera che uccide le imperfezioni, per scoprire che nessun luogo t’appartiene davvero, davanti a un falò, succhiando il filtro della sigaretta spenta, la luna una parentesi tra le onde.
Una volta era argilla, ora è un mattone irregolare, una biblioteca di linee, una scultura di lenzuoli piegati, un braccio di ferro in cima a una montagna. Il segno ha disegnato una Guernica di damine e gatti, mandorle e gioielli. Washington per un attimo pensa di portarsela via, starebbe bene accanto alla teiera e ai timbri della posta, sulla radio che non funziona più. Ma no, meglio qui, in mezzo agli altri sassi, in questa irregolare frontiera fra il campo di grano e il bosco degli ulivi.
Un quarzo arancione, quasi un’albicocca, la mano chiusa a pugno di un neonato, la cupola di un minareto mamelucco ad Ankara. Il canto del muezzin prima del tramonto, il profumo del tè e Khaldoun che racconta la sua storia. Un alfabeto di finestre lungo il cammino della vita, così strana e piena di volti che non conoscerai mai, e di altri che si ripetono quando non vorresti. Il Meltem soffia forte fra le case e porta il profumo dello stretto, gli sguardi delle ragazze di Istanbul.
E se fosse una stella caduta dal cielo, si chiese Washington, un ciottolo minuscolo, una rotellina d’arenaria, il bottone di una divisa, un girasole dell’era quaternaria. L’abaco delle forme assomigliava a quello delle parole, un gioco di formule, di convenzioni. Il disegno di un ingranaggio. Ma dove nasce la forza che lo muove? Lo spirito. L’origine. Una linea, una lacuna, uno spartito di asterischi, di contorni da riempire. Una catena di stelle, di piccole torri viste dall’alto, un tessuto di laghi e asterischi, gli incroci di una città.
Washington si sedette sul muretto e guardò a est, verso il mare. Lo immaginava dietro le colline. Lo respirava nell’onda fresca della sera. Ognuno di noi ha un luogo verso il quale torna.
Venerdì 12 e sabato 13 luglio, a Vittorio Veneto, insieme a Claudio Bertorelli, Paolo Palma, Silvia Basso, Nico Covre, Giuliano Chimenti, Donatello D’Angelo, Fabio Demitri, Daniele Frattolin, Grigeacque, Sarah Mazzetti, Ilaria Roglieri, per il laboratorio di grafica LAB_PARADE.
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lunedì 15 luglio 2013
Il tempo infinito dell'arte
"Non c'è domanda più urgente, per l'essere umano, di quella che interroga il tempo e la sua natura. L'arte è capace, forse ancor più della filosofia, di trovare sempre nuove domande su nuove idee di tempo. Dai dipinti di Giorgio De Chirico, alla fotografia, arte temporale per eccellenza che - come nota Roland Barthes - non dice nulla sull'oggetto rappresentato, ma dice molto sul fatto che esso "è stato" e sul preciso momento in cui è stato. Fino all'installazione The Clock, di Christina Marclay, che ha vinto la 54a edizione della Biennale di Venezia: un filmato di 24 ore, nato dal montaggio di centinaia di spezzoni di film famosi, in cui ogni minuto viene inquadrato in un orologio che indica l'ora, in perfetta sincronia con il tempo reale dello spettatore. Si tratta di un grande omaggio al cinema, l'arte che più di ogni altra ha scardinato il tempo, liberandolo, come afferma Gilles Deleuze, dalla mera narrazione per restituirlo alla sua vera dimensione, quella interiore, quella infinitamente estendibile della coscienza. (...)
L'arte contemporanea è dunque capace di capovolgere letteralmente il tempo, di realizzare quella che Rella definisce, nella sua bella introduzione ispirata all'estetica di Walter Benjamin, "la rottura del tempo lineare" progressivo e unidirezionale: rottura dalla quale scaturisce un risveglio improvviso della coscienza dello spettatore, lo choc di un'immagine che balena improvvisa e, provenendo dal passato o dal futuro, è capace di liberare. Come accade nella scena finale del romanzo di Don DeLillo Cosmopolis, in cui il video-orologio del protagonista rappresenta, con un anticipo di qualche istante, la sua morte. O come avviene nella musica di Gérard Grisey, un autore che riesce a "spazializzare" la melodia, contraddicendo l'idea che la musica sia solo incarnazione di un tempo astratto senza luogo: nei suoi Quatre chantes pour franchir le souil, infatti, egli materializza musicalmente la "soglia" che determina il passaggio dalla vita alla morte. Nella megalopoli contemporanea, poi, l'architettura è invitata, laddove possibile, a contrastare la grande fobia che scaturisce dalla labirintica assenza di un centro: "In essa - così Hans Sedlmayr - il tempo interiore del soggetto si incrocia e combina con ritmi pubblici e privati modellandosi sulla metropoli; un tempo scandito da accelerazioni, sospensioni, fughe in avanti e indietro". L'arte dei nuovi media, infine, contrasta criticamente l'onnipotenza mediatica della postmodernità che dissolve il tempo in un eterno presente, inducendo una sorta di "cronologia" che azzera la profondità storica per ridurre la realtà a fittizio surrogato di un vasto immaginario pubblicitario. Interrogarsi sul tempo è uno degli esercizi filosofici più difficili. Forse, suggerisce DeLillo, l'uomo contemporaneo ha bisogno di una "nuova teoria del tempo". O forse ha bisogno solo di tornare a esperimentare dentro di sé - come ai tempi di Seneca e Agostino - le infinite forme del tempo. In questo l'arte può aiutarlo."
Anna Li Vigni in Il tempo infinito dell'arte
L'arte contemporanea è dunque capace di capovolgere letteralmente il tempo, di realizzare quella che Rella definisce, nella sua bella introduzione ispirata all'estetica di Walter Benjamin, "la rottura del tempo lineare" progressivo e unidirezionale: rottura dalla quale scaturisce un risveglio improvviso della coscienza dello spettatore, lo choc di un'immagine che balena improvvisa e, provenendo dal passato o dal futuro, è capace di liberare. Come accade nella scena finale del romanzo di Don DeLillo Cosmopolis, in cui il video-orologio del protagonista rappresenta, con un anticipo di qualche istante, la sua morte. O come avviene nella musica di Gérard Grisey, un autore che riesce a "spazializzare" la melodia, contraddicendo l'idea che la musica sia solo incarnazione di un tempo astratto senza luogo: nei suoi Quatre chantes pour franchir le souil, infatti, egli materializza musicalmente la "soglia" che determina il passaggio dalla vita alla morte. Nella megalopoli contemporanea, poi, l'architettura è invitata, laddove possibile, a contrastare la grande fobia che scaturisce dalla labirintica assenza di un centro: "In essa - così Hans Sedlmayr - il tempo interiore del soggetto si incrocia e combina con ritmi pubblici e privati modellandosi sulla metropoli; un tempo scandito da accelerazioni, sospensioni, fughe in avanti e indietro". L'arte dei nuovi media, infine, contrasta criticamente l'onnipotenza mediatica della postmodernità che dissolve il tempo in un eterno presente, inducendo una sorta di "cronologia" che azzera la profondità storica per ridurre la realtà a fittizio surrogato di un vasto immaginario pubblicitario. Interrogarsi sul tempo è uno degli esercizi filosofici più difficili. Forse, suggerisce DeLillo, l'uomo contemporaneo ha bisogno di una "nuova teoria del tempo". O forse ha bisogno solo di tornare a esperimentare dentro di sé - come ai tempi di Seneca e Agostino - le infinite forme del tempo. In questo l'arte può aiutarlo."
Anna Li Vigni in Il tempo infinito dell'arte
martedì 9 luglio 2013
L(u)ogoi - cap. 1
L’appuntamento per un corteo che non c’è ancora è per le cinque, vicino alla fontana. Arrivo fra tre minuti sono in macchina, documentiamo tutto. Lo schermo del cellulare riflette gli edifici di Piazza Giovanni Paolo I a Vittorio Veneto. Alle spalle la biblioteca civica, su un lato il seminario e la torre per guardare le stelle, il duomo dove parlò Albino Luciani, e il Museo della Battaglia in restauro, sulle impalcature la riproduzione gigante di una cartolina. Teorie infinite di soldati, qualche foto, qualche sbiadito e tremolante filmato. Città caleidoscopicaVittorio Veneto, piena di soglie, di passage e negozi chiusi. Se uno scrittore algerino scrivesse un dialogo sui migranti, questo dialogo potrebbe avvenire dalla torre al campanile. E dell’edicola si potrebbero i neorealistici camei in via d’estinzione che la frequentano, e anche di questa galleria d’arte invisibile sotto i portici.
lunedì 8 luglio 2013
Non smette di piovere - Diario di un festival
"Una pioggia leggera e tenace bagna i masegni di Piazza San Marco in questo mercoledì di giugno. La bandiera italiana e quella marocchina sventolano insieme per l’apertura del primo Festival italo-marocchino. Sotto i portici delle Procuratie un viavai di persone, l’impazienza prima che si apra il sipario, la speranza che smetta di piovere. I gruppi in costume accordano gli strumenti, accennano qualche motivo tradizionale."
"Il profumo del tè alla menta conduce attraverso il piccolo suk creato all’ombra delle mura: le teiere in alpaca cesellate a mano con il bulino, le scacchiere di cedro intagliate nelle botteghe di Fes, gli specchi e i piatti in rame, i portagioie abbelliti da intarsi geometrici, le vecchie lanterne di Rabat e i tappeti delle regioni dell’Atlante impreziositi da disegni di piante, erbe, colori dei paesaggi di provenienza, e simboli come l’occhio del profeta, la mano di Fatima, la kasba, le dune. Figure di donne compongono la trama aiutandosi con un legno d’olivo. Una volta, era tradizione che prima del matrimonio le ragazze regalassero al futuro marito il kilim creato con le loro mani, era una lettera d’amore alla quale il corteggiato doveva rispondere senza poter vedere la ragazza.
Sotto la tenda berbera Hasan prepara il tè alla menta, un rito antico che in attimo conduce la fantasia a ripercorrere le piste delle carovane nel deserto e a immaginare notti a tu per tu con le stelle."
"I terrazzi dei condomini sembrano tastiere di pianoforte grigie e bianche, come le macchine allineate nei parcheggi intorno all’auditorium Modigliani. È l’auditorium del liceo artistico di Padova intitolato a Modì, il pittore dei colli lunghi. Il nome evoca atmosfere parigine e con esse i fermenti di una cultura artistica aperta all’incontro, alle contaminazioni."
Il diario del primo festival italomarocchino è on line all'indirizzo http://www.slideshare.net/AntonOrefice/non-smette-di-piovere
mercoledì 3 luglio 2013
Ogni cosa ne era un'altra
“Da circa mezzo secolo si serviva della mente come di un cuneo per allargare, meglio che poteva, gli interstizi del muro che da ogni parte ci stringe. Le fessure si dilatavano, o piuttosto sembrava che il muro perdesse da sé la propria compattezza, senza tuttavia cessare d’essere denso, quasi muraglia di fumo anziché di pietra. Gli oggetti non adempivano più alla funzione di accessori utili. Come un materasso perde il crine , lasciavano sfuggire la loro sostanza. Una foresta riempiva la camera; lo sgabello, misurato sulla distanza che separa dal suolo il culo di un uomo, il tavolo che serve a scrivere o a mangiare, questa porta che fa comunicare un cubo d’aria tra pareti con un cubo d’aria attiguo, perdevano la ragion d’essere che un artigiano aveva dato loro per ridivenire tronchi o rami scorticati come i San Bartolomei dei quadri di chiesa, carichi di foglie spettrali e d’uccelli invisibili, ancora scricchiolanti per tempeste da lungo tempo placate e su cui la pialla aveva lasciato qua e là il grumo della linfa. La coperta e quell’abito smesso appeso a un chiodo mandavano odore di unto, di latte e di sangue. Le scarpe che sbadigliavano sull’orlo del letto si erano mosse al respiro di un bue disteso sull’erba, e un maiale dissanguato urlava nel grasso di cui il ciabattino le aveva spalmate. La morte violenta era dappertutto, come in una macelleria o in un recinto patibolare. Un’oca sgozzata schiamazzava nella penna che sarebbe servita a tracciare su vecchi cenci idee credute degne di durare per sempre. Ogni cosa ne era un’altra: la camicia che gli lavavano le suore Bernardine era un campo di lino più azzurro del cielo e insieme un mucchio di fibre in macerazione sul fondo d’un canale. I fiorini che teneva in tasca con l’effige del defunto imperatore Carlo erano stati scambiati, dati e rubati, pesati e consumati mille volte prima che per un momento li avesse creduti suoi, ma quelle giravolte tra le mani avare o prodighe erano brevi se paragonate all’inerte durata del metallo stesso, istillato nelle vene della terra prima che Adamo fosse vissuto. I muri di mattoni si dissolvevano nel fango che sarebbero tornati ad essere un giorno...”
Marguerite Yourcenar, L’opera al nero, Feltrinelli, Milano,
1986
domenica 30 giugno 2013
Una volta credevo che il mondo
"Una volta credevo che il mondo
Sarebbe diventato, ogni
giorno un po' di più,
Un luogo di pace e di
serenità.
Non lo è diventato.
E tu, Clara, credevi
come me
Che il mondo stesse per
diventare,
Ogni giorno un po’ di
più,
Un luogo di saggezza...
Non lo è diventato.
giovedì 27 giugno 2013
Verona Porta Futuro
Guardano in modo diverso alle persone, ai luoghi, ai prodotti. Non
sono politici, no, i politici italiani, si sa, sono impegnati in affarucci che
poco hanno a che fare con il futuro del paese. Sono giovani intorno ai
trent’anni che a Verona creano valori e nuovi modelli di collaborazione fra
generazioni, esempi di sostenibilità, di rilancio dell’economia, della cultura,
delle professioni, del design. Al 2 di Vicoletto Valle, dalle parti del Teatro
Ristori, appena si entra si resta affascinati da una vecchia macchina
tipografica, una Original Heidelberg Cylinder del 1962, nera con manopole rosse
e manovelle cromate. Sul muro, appesa come un quadro, l’insegna azzurra Tipografia Borgo Roma. Cosa c’entra la
tipografia con il web? Nicola Zago e Stefano Schiavo di Sharazad da mesi
parlano con gli artigiani, offrono loro una visione nuova della professione e
del mercato, intrecciano relazioni, raccontano storie che rischiavano di
restare prigioniere di una serranda chiusa. Lino, il tipografo di Borgo Roma
ora è in pensione e trasmette il suo sapere ai giovani che frequentano i
workshop organizzati al 2 di Vicoletto Valle da The Fab, lo spazio dove
convivono Sharazad, Slow Media di Marco Anderle, Amplificatore culturale di
Matteo Zamboni, Uncomagazine di Alessio Sartore. “Gli stampati artigianali sono un prodotto di nicchia e nello
stesso tempo l’arte tipografica è una delle identità territoriali di Verona che
conta circa 320 tipografie. La nostra scommessa è quella di aprire le porte del
laboratorio al pubblico, non solo nel web ma dal vivo. Solo imparando, vedendo,
toccando è possibile comprendere le qualità di un prodotto, vivere delle
esperienze e consocere persone. Crediamo molto in nuove logiche economiche che
sono un mix di relazioni, arte, design, storytelling e serendipity, perchè le
intuizioni migliori a volte nascono per caso”,
domenica 23 giugno 2013
Innovazione Perpetua
Come tutti gli innovatori Susanna Martucci pensa in modo
laterale, asimmetrico, non convenzionale. La sua storia inizia nel 1994 a Bologna con Alisea Arte & Object Design e prosegue dal 2007 a Cavazzale in provincia di Vicenza con www.alisea.it. La migliore dimostrazione di un famoso
aforisma di Bernard Shaw, che sosteneva che se due si scambiano una mela al
termine del baratto avranno una mela ciascuno, se invece si scambiano un’idea
ne avranno due a testa. O della legge del Lavoiser per cui “tutto si trasforma”.
Era ancora all’Università quando in treno ascoltò una conversazione fra due
professori universitari che discutevano del problema del futuro: i rifiuti. Da
allora cominciò a pensarci e, dopo un’esperienza in Mondadori, iniziò a
lavorare sugli scarti, ma per lei non erano scarti, era materia pronta a comunicare
una storia diversa:
venerdì 21 giugno 2013
venerdì 14 giugno 2013
Manildo, sindaco smart
Un sindaco smart. Giovanni Manildo primo sindaco "rosso" di una città che dal dopoguerra si è prima affidata alla balena bianca e poi al celodurismo leghista, comincia con una conferenza stampa in un orario insolito: alle 16.30. Entra con una Lacoste marrone e un sorriso alla Hugh Grant, poi annuncia subito un ritiro spirituale sulle colline del Montello "per fare squadra", domenica 22 giugno. Non in una abbazia come Letta, ma in un agriturismo con tanto di biciclettata e partita a calcio. Leggera anche la giunta che sarà annunciata in questi giorni con un assessore in meno: tre donne e tre uomini. Domani,invece, sotto la Loggia dei Cavalieri in centro a Treviso incontrerà Giorgio Orsoni, sindaco di Venezia, e Ivo Rossi, sindaco di Padova, per discutere della PaTreVe, una grande area metropolitana che mescola e interconnette luoghi e persone.
Vuole portare nuovi colori e nuove idee: di Reggio Emilia copierebbe le iniziative in tema di partecipazione e sostenibilità, di Vicenza l’ordinanza che permette agli artisti di strada di esibirsi in veri e propri eventi negli spazi cittadini, di Genova la capacità di diventare una smart city per i giovani. Intanto ha già annunciato il registro delle unioni civili: "Una questione di civiltà giuridica per le coppie eterosessuali ed omosessuali. Riparte in scooter, beige, in tinta con la maglietta. A motore acceso ancora una domanda: A Treviso è successo quello che non è avvenuto a livello nazionale. Cos’è mancato al PD?
"Forse è mancato il coraggio di cambiare, di essere portatori del cambiamento. A Treviso questa convinzione non è mai venuta meno e siamo riusciti a trasmetterla alle persone". Sindaco, e Renzi? "Lo ammiro molto, ha dato una visione di futuro alla sua città, è questo che un sindaco deve fare."
Anche un Governo.
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