martedì 27 settembre 2011

Sentieri di sabbia


Il buio e il vento hanno cancellato le nostre tracce. La sabbia è un volto che cambia faccia, ora sembra sorriderti, e maledirti, e dimenticarti. Gao,Timbuktu, Ghadames, Dienné, sono le oasi per salire a Nord. Abbiamo ingrassato diecimila dromedari per tre mesi. Una lunga colonna di bestie e uomini avanza verso l'Europa con penne di struzzo, allume, incenso, perle, datteri, turbanti, caftani, avorio, oro, schiavi. Due mesi nella sabbia muta, secca, silenziosa. Torniamo su passi di altri che non vediamo, per ripeterli per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Il viaggio ripete se stesso, il viaggiatore segue viaggiatori che non vede. Prima di noi Cambise il persiano smarrì sé stesso e cinquantamila uomini tra le dune. Dopo di noi i portoghesi di Mina, con le loro navi, i tessuti, le coperte dell’Alentejo, le bacinelle di rame che arrivano da Anversa, e poi cavalli e grano marocchini in cambio schiavi, polvere d’oro e finto pepe nero. Più avanti nel tempo i crudeli passeur, i trafficanti di uomini, e aerei traboccanti di cocaina. Il vento ora si alza e avvolge la sabbia come nebbia sul mare.
Youssef Dhari, maestro dell'acqua e scrivano del "lungo sentiero" del Sultanato di Agadez
(Da un manoscritto risalente alla prima metà del Quattrocento, conservato al Musée National Majid di Niamey)

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