Dopo Castelreggio c’è una cava, e un molo con un nastro trasportatore
arrugginito. Il vecchio con i capelli bianchi saliva sul punto più alto, si
concentrava, si tuffava all’indietro ed entrava in acqua senza uno spruzzo.
Era stato un campione olimpico, poi aveva insegnato in una scuola di
nuoto, si era sposato, aveva avuto dei figli, anche dei nipotini che vedeva
qualche volta a Natale; la moglie era morta in un incidente stradale.
Il vecchio aspettava ogni anno l’inizio dell’estate. Si tuffava di
spalle. Si concentrava proprio come alle Olimpiadi, quando aveva vinto la
medaglia d’oro, eseguiva la capriola e entrava in acqua perfettamente. Ogni
mattina, anche se pioveva, si tuffava. Prima di lanciarsi nel vuoto,
ripensava alla sua vita, ripensava al momento in cui era stato un campione:
al confronto gli altri momenti della vita gli erano sembrati poco.
Una mattina d’agosto incontrò dei ragazzi che usavano quel trampolino, si
spingevano, si buttavano in mare a candela. Il vecchio li guardò in
silenzio, non sapevano tuffarsi, rischiavano la vita. Voleva dire loro
qualcosa, poi pensò che si divertivano, che lo avrebbero preso in giro.
Raccolse l’asciugamano e se ne andò.
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