Storytelling
si potrebbe tradurre con “raccontare storie”, in realtà raccontare storie come
fa Sherazade o raccontarsi storie come fa Don Chisciotte serve a sopravvivere e
a vivere. La storia raccontata accanto al focolare o all’amico aiuta a
riconoscerci prima ancora che ad intrattenerci. Lo storytelling, invece,
serve a vendere (in questo senso diventa storyselling), a fare in modo che
attraverso un racconto, una storia, non ti dimentichi di quella marca, anzi te
ne innamori e la compri. Lo storytelling è una leva del marketing con
basi neuroscientifiche: il racconto attiverebbe le aree del cervello che sono
coinvolte nell’azione e quindi sarebbe facilmente memorizzabile. Spesso la storia
raccontata non è paragonabile, per struttura, a una favola o a un’avventura. La
marca tende a coinvolgere i consumatori facendoli diventare fan, compagni di
viaggio, protagonisti di un sogno, di un progetto, di un’iniziativa.
Emblematica la recente personalizzazione delle lattine di Coca Cola con i nomi
propri delle persone. Non sei più tu a parlare del prodotto, è il prodotto che
conversa con te, anzi ti chiama per nome. Come ci si è arrivati?
Lo
spiegano bene i due video intitolati Coca Cola Content 2020 (postati nel 2011) che si trovano in
rete ai seguenti indirizzi:
La storia
di come Coca Cola intende raccontarci le sue storie da qui al 2020 è suddivisa
in capitoli e illustrata in una serie di vignette dal segno morbido e
simpatico. Il colore delle vignette? Rosso Coca Cola, nero e bianco.
Capitolo
I
“Passiamo
dall’eccellenza creativa all’eccellenza dei contenuti. L’eccellenza dei
contenuti ha come scopo di essere contagiosa, incontrollabile, liquida, e
collegata agli obiettivi imprenditoriali, ai diversi brand e agli interessi dei
consumatori. Attraverso i nostri contenuti riusciremo a provocare
conversazioni, passaparola, che diventeranno una parte importante
della cultura di massa (l’immagine riproduce una folla di consumatori catturati
in un retino gigante). Il nostro modello conversazionale sarà basato su
argomenti liquidi che provocheranno conversazioni, scambi d’idee, ai quali
dovremo essere in grado di reagire 365 giorni all’anno.
Capitolo
II
Le cose
cambiano per tre ragioni fondamentali. Vogliamo raddoppiare il nostro business.
Ci siamo resi conto di una diffusione esponenziale della creatività: le
storie create dai consumatori superano quelle generate da Coca Cola per i
singoli marchi e danno vita a un grande libro di storie. La crescente
connessione facilitata dai dispositivi tecnologici favorisce l’on demand
culture: i consumatori possono cambiare le loro aspettative 24 ore al giorno.
D’altra parte non possiamo più separare il messaggio dai supporti tecnologici
attraverso i quali i consumatori interagiscono con noi: il micro blogging,
twitter, le app. Anche noi all’interno degli stessi canali possiamo sviluppare
profonde connessioni emotive con lo storytelling, a patto di creare un’alleanza
fra il nostro team creativo e gli specialisti delle nuove tecnologie, e di
rafforzare le nostre relazioni con le società che hanno grande influenza in
rete come Google.
Capitolo
III
In questo
contesto lo storytelling evolve da una visione sequenziale a una visione
dinamica che Coca Cola definisce come “lo sviluppo di elementi che incrementano
un’idea di brand che si disperde sistematicamente nei molteplici canali di
conversazione, con lo scopo di dar vita a un’esperienza dei valori della marca.
L’eccellenza dei contenuti, simile a un infaticabile editore che pubblica in
continuazione, corre il rischio di infastidire. Per questo abbiamo individuato
cinque modelli di storytelling. Lo storytelling seriale, lo storytelling
situazionale, lo storytelling estensivo, lo storytelling immersivo e lo storytelling
reclutativo. Non va dimenticato che lo storytelling fa parte della storia
dell’umanità ed è un ambito nel quale Coca Cola eccelle da 125 anni.
Capitolo
IV
L’ingrediente
principale delle storie è una visione positiva della vita, un antidoto alle difficoltà
di ogni giorno, un arricchimento per le persone. Nello stesso tempo l’azienda
vuole essere associata ai valori migliori di ogni generazione. Le storie Coca
Cola mostrano come si può fare del mondo un posto migliore. Anche Nike si muove
in questa direzione con video come “The girl effect”.
Capitolo
V
Un altro
fattore di cambiamento è il passaggio dalle intuizioni alle provocazioni.
Abbiamo notato che spesso molte delle nostre intuizioni hanno portato a
piccoli cambiamenti, quello di cui abbiamo bisogno invece è di innescare
processi di cambiamento. La rete e i suoi dati sono il nuovo spazio dove questo
avverrà e i “sussurratori” d’informazioni diventeranno i nuovi messia. Ci siamo
quindi spostati in uno spazio liquido e fertile dove confluiscono sfide,
obiettivi, informazioni. Dove lavoriamo all’affermazione dei marchi con
collaboratori esterni e con i consumatori con i quali siamo sempre più
impegnati in conversazioni on line per comprendere le loro aspettative; scambi
dai quali nascono ricerche, comunità, connessioni. Una sintesi creativa
deve sempre portare a grandi, fertili, ricchi universi comunicativi.
CapitoloVI
Per
sviluppare “contenuti liquidi” dobbiamo pensare a storie che possano essere
raccontate attraverso ogni possibile connessione, che contengano dei
valori e una rilevanza per chi le ascolta. Alcuni elementi della storia
dovranno essere pensati per alternarsi liberamente tra loro, ma non come storie
separate, come molecole che svaniscono se le separiamo. Una storia non deve
perdere le sue connessioni, i suoi concetti più avvicenti. Per scrivere le
nostre storie collaboriamo in maniera fluida con talenti creativi, con i nostri
fan, con industrie creative, con le agenzie delle rock star. Le nostre linee
guida per la collaborazione creativa (cocreation) sono: l‘interazione fra i
migliori, la condivisione dei risultati, lo sviluppo continuo, la valutazione
del successo. Nel definire la stella polare della nostra comunicazione dobbiamo
essere capaci di portare le idee più inaspettate all’attenzione del
consumatore, di essere catalizzatori di giochi, di assumere dei rischi e le
conseguenze che ciò comporta, di coltivare idee creative e di creare una
cultura della creatività. Le idee che hanno successo a livello mondiale si
sviluppano grazie alla loro intensità, ad una conflittualità costruttiva. Il
conflitto può innescare sorprendenti pensieri creativi.
Capitolo
VII
Coca Cola
investe il 70 per cento del proprio budget in contenuti a basso rischio, un 20
per cento su contenuti innovativi e un 10 su contenuti ad alto rischio, cioè su
rivoluzionarie idee per il brand che un domani potrebbero rientrare nelle altre
due categorie. Per esempio Fanta investe il 70 per cento nei canali
tradizionali, il 20 in una spriritosa campagna brasiliana e il 10
nell’application del virtual tennis.
Capitolo
VIII
La
ricerca di contenuti liquidi segue vie diverse da quelle percorse sinora. Le
campagne Twelp, Gatorade, Second generation Old spice, Nike’s write the future,
Nike’s live strong, sono nate senza test preliminari. I test preliminari
pietrificano i contenuti che invece devono restare liquidi. Ogni processo che
fa evaporare o cristalizzare un’idea deve essere considerato come un nemico da
combattere. Per questo dobbiamo calibrare diversamente i nostri investimenti
nella ricerca di contenuti. Attualmente spendiamo il 20 per cento dei nostri
investimenti per inadeguati test qualitativi, il 60 in massicci sondaggi e il
20 in interviste ai consumatori. Per muoverci in un mondo liquido
dobbiamo capire come usare la ricerca per aumentare il potenziale che deriva da
nuovi spazi e nuove idee. Nel futuro il 30 per cento del nostro budget
sarà destinato a contenitori e strumenti “ispirazionali”, a “immersion
safaris”, a piattaforme collegate ai nostri processi creativi, il 15 a sistemi
online di feedback e dialogo con i consumatori, il 30 ai sondaggi. Lavorare con
i consumatori è entusiasmante perché producono più storie di quante non sia in
grado di produrne l’azienda. Dobbiamo incrementare le indagini sul campo e le conversazioni
on line. A proposito delle conversazioni, una volta lanciato un tema, vogliamo
alimentare la conversazione nel tempo e non allontanarci da essa troppo presto,
per cogliere gli spunti e analizzare gli effetti del nostro lavoro.
Capitolo
IX
Anche
l’approccio alla produzione deve diventare fluido, abbiamo bisogno di molti più
argomenti senza spendere dollari in più. Svilupperemo il principio del “dollar
multiplier” rimanendo flessibili per rispondere alle conversazioni. In un mondo
liquido uno dei punti fermi sui quali fondare le nostre storie è la capacità
sviluppare i contenuti prodotti dai consumatori, non solo di ripeterli.
Capitolo
X
In
conclusione la nostra idea guida (North Star) è la produzione di contenuti
liquidi capaci di creare grandi condivisioni nella cultura di massa. E nel
realizzarli siamo sicuri di realizzare anche il nostro progetto per il 2020.”
L’immagine
finale del video mostra le diverse vignette che compongono una mappa
all’interno della silhouette della bottiglia di Coca Cola. Anche lo
storytelling, come una mappa, tenta di dare un ordine, un orientamento, una
lettura della realtà. Sulla fluidità, sulla liquidità, sulla mutevolezza,
qualcosa per la verità l’aveva già detta Eraclito: “Entrano negli stessi fiumi,
ma acque sempre diverse scorrono verso di loro”. Adattando: “Bevono
sempre la stessa Coca Cola, ma conteuti sempre diversi scorrono verso di loro”,
compreso questo articolo.
Tante C nella strategia: Creatività, Comunità, Condivisione, Coca Cola, Coinvolgimento, Condivisione e Cambiamento.
RispondiEliminaTutto molto interessante e...superficiale. Superficiale perché sembra sempre che la Coca Cola si auto-metta sui banchi dei punti vendita, si auto-produca, si auto-moltiplichi...10 capitoli per non dire una parola sui dipendenti (qualche migliaia in tutto il mondo) su come per avere un cliente felice forse bisognerebbe anche pensare a dei dipendenti felici, ottimizzati e ben gestiti. I dipendenti non sono altro. Sono persone, sono i primi clienti, sono i primi e vengono trattati per ultimi. Non è una critica a Coca Cola solo che spererei dedicassero anche un capitolo alle risorse aziendali...quelle umane. L'uomo al centro, grazie.