"Nel blog l'altro può firmare nel tuo testo, esiste uno spazio per chiunque decida di arrivare"
domenica 20 dicembre 2009
Trackeds
Sulle pietre che calpesto in questa sera d’inverno seguo le tracce invisibili di altri passi. In fondo ad una calle buia la luce della Galleria A&A incornicia i profili delle persone che fuori chiacchierano e fumano. Si inaugura la mostra Trackeds. Alcuni indizi: tartine, un video in bianco e nero di città tracciate da scie digitali in giallo e blu, disegni alle pareti e i protagonisti che quasi non vorrebbero parlare. Un’inaugurazione semplice per un originale gruppo di artisti sloveni: Jurij Pavlica, Sendi Mango, Tom Kersevan. Si sono conosciuti nel 1996 quando frequentavano l’Accademia di Belle Arti a Venezia e hanno fondato il gruppo BridA. In un mondo sorvegliato da telecamere e monitorato dalle reti informatiche che registrano i nostri movimenti bancari, telefonici e email, il gruppo BridA crea delle installazioni video in cui la traccia si mostra per cancellare altre tracce. I movimenti delle persone e dei veicoli sono sostituiti, attraverso l’elaborazione di un software, in linee blu (per i veicoli) e gialle (per le persone) che ne evidenziano il movimento e scompaiono quando il soggetto sta fermo. Il viewfinder di BridA finora ha inquadrato la Piazza del Popolo di Como, su cui affacciano la Casa del Fascio di Terragni e il Duomo, lo spazio urbano intorno a quello che era il Checkpoint Charlie a Berlino, la strada che a Kassel passa tra l’ex Dogana e il Palazzo dei congressi. Dietro le linee blu e gialle si immaginano persone e cose che si muovono, destini che si incrociano, che si sfiorano. Una città intessuta di segni da interpretare, capire, seguire. L’uomo delle caverne ha iniziato a sopravvivere seguendo le orme dell’animale da catturare, poi si è evoluto ma vive sempre sulle tracce di qualcosa. La traccia è rimando ad altro, a qualcosa di non raggiungibile e spiegabile. Come scriveva Derrida citando Plotino “La forma è traccia dell’informe”.
sabato 19 dicembre 2009
Un libro caleidoscopio
“Un libro simile ad un caleidoscopio, ad una Wunderkammer, una camera delle meraviglie, un Luna Park, un mosaico, un grande tappeto con mille disegni, una vecchia scatola zeppa di ricordi, un sacco con tanti regali, un pozzo colmo di cose vecchie, un album di fotografie, una spiaggia costellata di conchiglie.”
Salomon Grossman
È in libreria il mio ultimo libro "Corsadellanima" lo trovate da Canova a Conegliano, Marton e Canova a Treviso, Lovat a Villorba, Toletta a Venezia e dall'autore -)) Passate parola perché è il sistema più efficace, dicono... Il ricavato delle vendite sarà interamente devoluto alla Fondazione Città della Speranza di Padova www.cittadellasperanza.org
venerdì 11 dicembre 2009
Un vento raggiante
Spazzata via dal
vento raggiante del tuo linguaggio,
la variopinta chiacchiera dell’esperienza
ammucchiata – la poesia dalle cento
lingue, menzognera,
il niente di poesia.
Sgombrato
dal moto vorticoso,
libero
è il sentiero nella neve
dalla forma umana,
la neve penitente,
verso le tavole del ghiacciaio,
verso le stanze ospitali.
Al fondo
del crepaccio dei tempi
nel favo del ghiaccio
attende, cristallo di fiato,
la tua non intaccabile
testimonianza.
Paul Celan
vento raggiante del tuo linguaggio,
la variopinta chiacchiera dell’esperienza
ammucchiata – la poesia dalle cento
lingue, menzognera,
il niente di poesia.
Sgombrato
dal moto vorticoso,
libero
è il sentiero nella neve
dalla forma umana,
la neve penitente,
verso le tavole del ghiacciaio,
verso le stanze ospitali.
Al fondo
del crepaccio dei tempi
nel favo del ghiaccio
attende, cristallo di fiato,
la tua non intaccabile
testimonianza.
Paul Celan
sabato 5 dicembre 2009
La musica delle altezze
I cavalli corrono nelle lontane pianure. Lo sciamano inizia il suo viaggio nel mondo dello spirito. Adornato dalle sognagliere sussulta e batte il tamburo nell’aria profumata d’incenso. Nella casa sacra di Helambu lo segue nel canto chi cerca cura e protezione: Possa la potenza scendere nel mio corpo, tigre, toro, drago celeste. Ci siamo incontrati per divertirci, nient’altro. Vivo nella neve, volo in ogni direzione a cavallo di un toro bianco. Il viaggio verso l’altrove è sempre accompagnato dal canto e dalla musica che è ponte con il divino. Una musica che nelle diverse tradizioni religiose dell’Asia centrale è caratterizzata da cadenze ritmiche e motivi musicali che consentono agli officianti di mettersi in contatto con lo spirito del mondo nello sciamanesimo, con Allah nel sufismo. Le mani come ombre colpiscono la pelle del tamburo, suoni di liuto e flauti, canzoni arabe, uzbeche, tagiche incantano la mente, nello zikr i dervisci rotanti battono il tempo e guardano verso il cielo. Per la tradizione erotico mistica delle steppe l’amato è sia la persona amata che Dio. L’amato è fonte di quella inspirazione-ispirazione che diventa alito poetico. Le parole che danno suono all’anima sono acqua di vita: Travolto dalle vampe d’amore divento bersaglio delle cento frecce scagliate dal tuo sopracciglio ad arco. Nella notte silenziosa mi dissolvo a me stesso. Nelle insenature dei pensieri ogni pietruzza lascia ora una felicità, ora un’amarezza. Mi prostro con orecchio all’erta sulla terra che romba. Il tamburo dei musici sobbalza come il disco del sole o della luna piena. L’ottava stella brilla sugli abiti delle spose e sulle montagne qualcuno intona un falak, la musica del destino: Aiutami, la mia vita è giunta alla fine, nella ruota della fortuna sarò nelle mani di mia madre, farò girare di nuovo il mio destino e il passato comincerà di nuovo. Io sono nelle altezze e penso a te, io vengo dove di solito tu passi, e ti chiamo, io ti chiamo ma nessuno risponde, lontano io darò la mia vita per te. Io sospiro e piango per un aiuto dal cielo. Se rivelo i miei segreti agli scogli lungo il fiume essi risponderanno al mio grido.
Anche di questo si è parlato, raccontato, immaginato all’interessante e raro seminario “From Shamanism to Sufism. Music and spiritual practices in Central Asia” organizzato dall Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con il dipartimento di Storia dell’arte di Ca’Foscari e il Central Asia Forum dell’Università di Cambridge. Papers: A Sherpa shamanic ritual in Helambu di Romano Mastromattei, Music as tool for spiritual pactices in Shamanism and Sufism di Galina Sychenko, Shamanism and sufism: symbols of protection in Uzbek wedding songs and in female craftmanship di Razia Sultanova, From the Reed Thicket to the Cay-khana: sounds and verses of the steppes di Giovanni Bellingeri, The vocal zikr Sufi cerimonies in Central Asian Area and their analogies with shamanic concepts and practices di Giovanni De Zorzi, The rhytm of the Persian quatrain between Impressionism and Expressionism di Gianroberto Scarcia, The voice of destiny: memory, mysticism and cosmology in the mountain music of Tajikistan di Federico Spinetti. Il seminario che si è svolto il2 dicembre all’auditorium Santa Margherita di Venezia, si è concluso nel pomeriggio con un suggestivo concerto: Intineraries in Ottoman sufi music con Giovanni De Zorzi, Giovanni Tufano e Francesco Clera, e Music of Central Asia from tents to palaces con Razia Sultanova, Sardor Mirzahojaev.
Anche di questo si è parlato, raccontato, immaginato all’interessante e raro seminario “From Shamanism to Sufism. Music and spiritual practices in Central Asia” organizzato dall Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con il dipartimento di Storia dell’arte di Ca’Foscari e il Central Asia Forum dell’Università di Cambridge. Papers: A Sherpa shamanic ritual in Helambu di Romano Mastromattei, Music as tool for spiritual pactices in Shamanism and Sufism di Galina Sychenko, Shamanism and sufism: symbols of protection in Uzbek wedding songs and in female craftmanship di Razia Sultanova, From the Reed Thicket to the Cay-khana: sounds and verses of the steppes di Giovanni Bellingeri, The vocal zikr Sufi cerimonies in Central Asian Area and their analogies with shamanic concepts and practices di Giovanni De Zorzi, The rhytm of the Persian quatrain between Impressionism and Expressionism di Gianroberto Scarcia, The voice of destiny: memory, mysticism and cosmology in the mountain music of Tajikistan di Federico Spinetti. Il seminario che si è svolto il2 dicembre all’auditorium Santa Margherita di Venezia, si è concluso nel pomeriggio con un suggestivo concerto: Intineraries in Ottoman sufi music con Giovanni De Zorzi, Giovanni Tufano e Francesco Clera, e Music of Central Asia from tents to palaces con Razia Sultanova, Sardor Mirzahojaev.
giovedì 3 dicembre 2009
Arco
"Travolto dalle vampe d'amore
sono diventato il bersaglio delle frecce del disprezzo
scagliate dal tuo sopracciglio ad arco"
(Ali Shir Nava XV-XVI secolo)
sono diventato il bersaglio delle frecce del disprezzo
scagliate dal tuo sopracciglio ad arco"
(Ali Shir Nava XV-XVI secolo)
lunedì 30 novembre 2009
Abir
Abir Fragranza, Adila Giusta, Afaf Castita', Afrah Felicita', Aidha Colei che parte ma ritorna, Aisha Vita, prosperita', Alia Alta (moralmente), Amal Speranza, Amina Fedele, Amira Principessa, Anbar Profumo d'ambra, Anisa Amichevole, di buona compagnia, Asiya Colei che tende verso I deboli e li solleva, Asah Pianta dal verde brillante, Asmà Eccellente, preziosa Bahira Abbagliante, brillante Basma Sorriso Dhuha Mattino, Faiza Vittoriosa, vincente, Fadwa Colei che si sacrifica, Farida Perla rara, Farah Felicita', Fawziya Coronata dal successo, Firdus Paradiso, Ghada Bella, Ghaliya Preziosa, Hadiya Dono, guida verso il giusto, Hamida Lodevole, encomiabile, Hanan Tenerezza, Halima Gentile, paziente, Hyam Amore delirante, Huda Guida retta Huriyya Angelo, Ikram Onore, ospitalita', Ilham Intuizione, Iman Fede, Intissar Trionfante, Isdihar Fiorente, rigogliosa, Jamila Bella, Jumana Perla d'argento, Kamila Perfetta, Karima Generosa, Kawthar Fiume del Paradiso, Lamia Dalle labbra colorate, Latifa Gentile, educata, Leila Notte, Lina Tenera, Maha Gazzella, Maisa Che cammina con fierezza, Manaar Luce che guida, Maram Aspirazione, Maryam Maria, antico nome arabo, Maimuna Propizia, favorevole, Maysun Di bell'aspetto, Muna Desiderio, Munira Colei che sparge la luce, Nabila Nobile, Nada Generosita', rugiada, Nadia Colei che comincia, Nadira Rara, preziosa, Nadwa Conciliante, Naima Che vive una vita dolce, piacevole, Najaa Successo, Najat Sicurezza, Najla Dialogo segreto, Nawal Dono, Nazaha Purezza, rettitudine, Nur Luce, Rania Che osserva con attenzione, Rasha Giovane gazzella, Rashida Saggia, intelligente, Rim o Rima Gazzella, Safiya Tranquilla, serena, pura, Sahar Alba, aurora, Salima Salva, Salwa Sollievo, conforto, Selma Pacifica, Samar Colloquio notturno, Samira Compagna ospitale, Sanaa Splendore, fulgore, Sharifa Nobile, generosa, Siham Freccia, Suha Nome di una stella, Suheila Morbida, delicata, Tahira Pura, casta, Wafa Fedelta', lealta', Wajiha Eminente, distinta, Warda Rosa, Widad Amore, amicizia, Yasmin Nome di un fiore, Yusra Accomodante, Zahira Raggiante, splendente, Zahra Fiore, Zakiyyeh Pura, Zeina Bellissima.
sabato 28 novembre 2009
Odissea
Due, due non in regola con il biglietto, lei e il suo elegante cappello color sabbia, lei e una festa di laurea, l'altra e la sua macchina in disordine, l'altra e una spaesata beneficenza, umori che si mescolano in caffè macchiati di pensieri diversi, versi di un discorso spezzato come un bicchiere nell'Odissea dei nostri cuori, sguardi amici tra sedie blu cobalto, nell'infinito spazio l'occhio della tecnica e quello dell'uomo si specchiano in un valzer. Vecchie lezioni si ripetono verso l'oltre, un dito lo indica ma saremo capaci di guardare, guardarlo, guardarci con occhi diversi? Tempo trascorso sui volti, sorrisi cambiati negli anni uguali a un adesso passato o a venire. Da me a te e da te a me una voce elettrica senza volto mentre vediamo mondi diversi. Poi musica del sud, incontri senza ritmo, frettolosi inganni. Infine lungo la strada punteggiata da luci e da un cercare quel che ancora non siamo. C'è qualcuno con noi? Adesso c'è da fare la spesa, manca il latte e bisogna prendere il pane, hai quei libri ancora da leggere e quelle righe ancora da scrivere.
venerdì 20 novembre 2009
Bach
"Non v'è dubbio - scrive Gadamer - che l'arte bachiana sia di una ricchezza inesauribile dell'espressione e di una profondità interiore senza pari; e tuttavia ne fraintenderemmo la natura se la pensassimo come espressione di stati d'animo e di sentimenti individuali. Il principio cui quella musica risponde non è quello della soggettività che si esprime, ma quello della rivelazione, dell'attingimento di un ordine superindividuale."
mercoledì 18 novembre 2009
giovedì 12 novembre 2009
Città inconfessabili
In questo quattro novembre piovoso come altri si apre a Venezia il convegno “Le città inconfessabili”, organizzato dall’Istituto Ramon Llull di lingua e cultura catalana e coordinato da Patrizio Rigobon docente di Letteratura catalana a Ca’ Foscari. Nella città unica di riflessi e labirinti, si cammina per le strade e le piazze, per gli itinerari espliciti e, a volte, segreti di un discorso cominciato da Maurice Blanchot nel 1983 con “La comunità inconfessabile”, tema del padiglione catalano della Biennale e suggestione raccolta dai relatori dell’incontro. Dopo i versi di una poesia di Narcis Comadira letti da Josep Bargallò, direttore dell’Istituto Ramon Llull, “Così si son fatte le città:/ costruite lentamente/ di pietre che ieri erano/ vite umane: amori,/ sofferenze che nessuno ricorda/, Mercè Rius ne “Le anime delle città” muove da Musil: “Si conoscono le città, come le persone, per il loro modo di camminare”, ma se nelle città lo spazio pubblico in cui camminare viene a mancare, l’ottimismo delle comunità virtuali è solo consolatorio, diventa la comunità di coloro che non hanno una comunità. “L’anima delle città – dice Rius – è il loro ritmo, in assenza del quale sono morte. E il ritmo nasce da una particolare combinazione di spazio e tempo, senza uno dei due elementi non si dà ritmo. Dunque la massificazione 0n line corrisponde alla perdita d’anima delle città reali, nelle quali i cittadini si abbandonano a movimenti frenetici, antitesi della magnanimità, in uno spazio riconosciuto solo in funzione del tempo che si impiega a percorrerlo. In compenso, mentre la città reale “dissimula” lo spazio, la città telematica”dissimula” il tempo. La sua innovazione spettacolare consiste nella riduzione infinitesimale del tempo che impiega l’informazione a spostarsi. Il suo sogno dorato, la simultaneità.” Ma comunicare non è “dire le cose”, per dire le cose bisogna scrivere. Ma per chi? “Forse la comunità di quelli che non hanno una comunità – continua Rius – si esaurisce nello stretto spiegamento spazio-temporale della scrittura come in attesa di una risposta che colui che lancia il grido probabilmente non otterrà mai. Questo solitario, se non si accontenta della possibilità di entrare nel reame dello spirito, non conoscerà altra forma di trascendenza. E non dovrà lamentarsene.” Si procede quindi nel Labirinto Lisbona accompagnati da Vincenzo Arsillo che rilegge il Libro dell’Inquietudine di Pessoa: “Il capo del mondo è in noi, a che scopo viaggiare, dove altro potrei essere se non in me stesso, la vita è ciò che faccio ora” e, Lisbon Revisited: “Una volta ancora ti rivedo, Lisbona, e Tago e tutto, viandante inutile di te e di me, straniero qui come dappertutto, casuale nella vita come nell'animo, fantasma errante in sale di ricordi, al rumore dei topi e delle tavole che scricchiolano nel castello maledetto del dover vivere...
È ora di raggiungere quartieri derridiani con la “Confessione inconfessabile: la città democratica e il diritto al segreto” di Joana Masò che parte da un racconto di Blanchot, “L’idillio": “In una città dove regnava l’armonia ogni nuovo arrivato contraeva matrimonio con una ragazza della città e, una volta celebrate le nozze, moriva. Poi, verso sera, un familiare occupava il suo posto accanto alla giovane ragazza sorpresa d’accompagnare qualcuno che ormai non gli era sconosciuto.” La metafora è chiara: lo straniero è destinato ad essere sostituito con il familiare. Derrida, scrivendo della polis greca, denuncia il paradosso dello straniero che si vede obbligato a chiedere il diritto all’ospitalità usando una lingua che non è la sua, per farsi capire dovrà ricorrere ad una serie di codici che potrebbe usare correttamente solo se non fosse straniero. “Quando uno stato non rispetta il diritto al segreto, il diritto alla differenza o al sentirsi straniero, diviene minaccioso.” In sintonia anche la citazione di Mercè Rodoreda: “”Nel vedere che non gli rispondeva, mi chiese che gli spiegassi la mia vita (…) La mia vita è mia (…) se la spiego, fugge, la perdo...
Ci si ferma quindi nella post-metropoli studiata da Vittorio Gregotti, la città della rete e dei flussi , nella quale agli spazi pubblici si sostituiscono gli open interiors come il centro commerciale, lo stadio, le stazioni. Il viaggio prosegue nei paesaggi pietroburghesi di Silvia Burini, tra vie e palazzi scolpiti nell’aria, spazi onirici nei quali prende vita la statua che nel racconto di Puskin insegue Eugenio. Nelle lande carsiche de “La ripetizione” di Handke e nei quadri di Zoran Music esplorati da Simona Skrabec. Nelle città utopiche americane sotto la guida di Rosella Mamoli Zorzi. Luoghi perfetti dove le regole soffocano la libertà: New Harmony, Fruitsland, Herland, Walden, la città di Arcosanti di Paolo Soleri. La comunità ideale s’inventa anche in Rete: etopia. Altra tappa del cammino la riflessione “dietro il sipario” di Francesca Bisutti sulla città nel teatro con i suoi luoghi anonimi, privi di umanità, di riconoscimento, come la strada descritta da Miller in Morte di un commesso viaggiatore. Si approda infine alla Barcellona di Sagarra con Patrizio Rigobon e alla “città confessata come linguaggio” con Paola Mildonian: “Il nostro linguaggio – scrive in modo speculare Wittgenstein - può essere considerato come una vecchia città: un dedalo di stradine e di piazze, di case vecchie e nuove, e di case con parti aggiunte in tempi diversi; e il tutto circondato da una rete di nuovi sobborghi con strade diritte e regolari, e case uniformi."
domenica 8 novembre 2009
Soldi e libri
In una lettera de del 4 luglio 1958 Italo Calvino scrive a Leonardo Sciascia:"Dici che devi avere dei soldi. Ma che c'entrano i soldi coi libri? Soldi e libri, purtroppo, appartengono a due universi non comunicanti".
sabato 7 novembre 2009
No man's land
"Fin dai primi anni della mia giovinezza - scrive la Berberova - pensavo che ognuno di noi ha la propria no man's land, in cui è totale padrone di stesso. C'è una vita a tutti visibile, e ce n'è un'altra che appartiene solo a noi, di cui nessuno sa nulla. Ciò non significa affatto che, dal punto di vista dell'etica, una sia morale e l'altra immorale, o, dal punto di vista della polizia, l'una lecita e l'altra illecita. Semplicemente, l'uomo di tanto in tanto sfugge a qualsiasi controllo, vive nella libertà e nel mistero, da solo o in compagnia di qualcuno anche soltanto un'ora al giorno, o una sera alla settimana, un giorno al mese; vive di questa sua vita libera e segreta da una sera ( o da un giorno) all'altra, e queste ore hanno una loro continuità".
foto: interno della libreria Stella in via San Francesco a Padova
foto: interno della libreria Stella in via San Francesco a Padova
giovedì 5 novembre 2009
Le città
Così si son fatte le città:
costruite lentamente
di pietre che ieri erano
vite umane: amori,
sofferenze che nessuno ricorda.
(Narcìs Comadira, poeta catalano)
costruite lentamente
di pietre che ieri erano
vite umane: amori,
sofferenze che nessuno ricorda.
(Narcìs Comadira, poeta catalano)
mercoledì 4 novembre 2009
Scrittura e libertà
I colori violatopazio del tramonto, la luna piena dal Ponte degli Scalzi, il sapore morbido di una ciambella al cocco, l’attimo sguardo di una gallerista che scompare tra quadri di Botero, l’immagine sfocata di Tiziano Scarpa, dietro i vetri appannati dell’Ateneo Veneto. Tra poco inizia il dibattito con gli scrittori Tizano Scarpa e Roberto Ferrucci su “Scrittura e libertà (di stampa)”, conduce Gianluca Amadori. Scarpa: Mi viene in mente quello che considero uno dei miei scrittori preferiti, Gaio Valerio, è uno scrittore veronese, ecco immaginate una cassapanca e quando la aprite trovate un sacco di fogli mischiati, in uno si parla di faccende domestiche, nell’altro c’è un’invettiva politica, poi una poesia d’amore e così via, ecco il Liber Catulli è arrivato a noi così come quella cassapanca. Si può parlare, credo si debba parlare anche di quello che non è attuale. Perché accanto alla cronaca parlamentare il giornalista non ci racconta anche di una bega familiare, di una gita? Credo che la libertà sia poter sfuggire all’ordine del giorno imposto dall’agenda dell’attualità. Ferrucci: il compito degli scrittori nei giornali è quello di fare colore, il pezzo di spalla sul mercato a Sanremo o di commento a qualche disgrazia, oppure di essere giudicato un antitaliano come Tabucchi. Il giornalismo oggi è spesso solo cronaca di fatti non importanti, pettegolezzo morboso. Il mio invito è resistere. Scarpa: Non si può dire che in Italia manchi la libertà di stampa, ma ci sono delle differenze, ci sono dei luoghi come la rete o piccole case editrici dove puoi scrivere liberamente ma senza raggiungere il grande pubblico. A differenza di quanto si pensava una decina di anni fa il sistema reticolare di una informazione orizzontale aperta a tutti non ha sostituito il sistema centrale rappresentato dalla tv e dai grandi giornali. In sintesi solo se passi dal Premio Strega, da Miss Italia o da Sanremo tutti ti vedono e ti leggono. Ferrucci: L’Italia è l’unico paese in cui il numero di persone collegate alla Rete è diminuito, forse hanno buttato i modem nel cestino. In America Obama ha costruito una parte della sua campagna elettorale su Twitter e Facebook, da noi mancano blogger famosi o siti d’informazione che siano riusciti a raggiungere una certa visibilità. Quasi le otto, devo prendere il treno, esco mentre Tiziano Scarpa racconta dei suoi scritti corsari pubblicati in luoghi della rete poco frequentati o con editori che non sono al centro del sistema stellare. Una signora con giacca leopardata e lenti spesse che le ingrandiscono gli occhi mi precede e commenta: sè vero che sè un po’ vanitoso sto scarpa e poi o dise anche , ma anca questa se na forma de vanità. Uscendo in calle aggiunge: però i potea ciamar qualcuno che non fusse d’accordo, è mancà il parer contrario. Mentre sgaiattolo tra le calli verso la stazione cerco di entrare con gli occhi nelle finestre illuminate dei palazzi, penso alla libertà di stampa, questa volta senza parentesi, ad una possibile definizione, a chi decide l’agenda dell’attualità, direi il mercato visto che il giornale è un’azienda , ma anche le fonti primarie, politica, magistratura, che peso ha il doppio il filo che lega il giornalista alle fonti, e infine se non puoi uscire dal main stream mercantile o da quello che il caporedattore ha deciso di mettere in pagina sei ancora libero? Sì, di scrivere sul tuo blog che non legge nessuno. Binario 14, sono arrivato con cinque minuti di anticipo.
martedì 3 novembre 2009
L'asino
Una scodella bianca annerita dal fumo e un pianoforte che scende le scale. La scodella annerita è in realtà un quadro, perché l’artista, dopo averne annerito il fondo con una candela, lo ha inciso come fosse un’acquaforte per rappresentare un asino. Quell’asino sembra uscire da una notte nebbiosa, il suo spirito è instancabile, lo sguardo è vivace e per nulla addomesticato.
Il pianoforte che scende le scale è un sogno che se ne va. Fu venduto insieme ad altri mobili nel dopoguerra. Il bambino che voleva diventare un pianista prova un profondo dispiacere mentre lo guarda scomparire. Il piatto è appeso alle mie spalle mentre intervisto Paolo Portoghesi nella sua casa di Calcata.
Il pianoforte che scende le scale è un sogno che se ne va. Fu venduto insieme ad altri mobili nel dopoguerra. Il bambino che voleva diventare un pianista prova un profondo dispiacere mentre lo guarda scomparire. Il piatto è appeso alle mie spalle mentre intervisto Paolo Portoghesi nella sua casa di Calcata.
lunedì 2 novembre 2009
Sisifo, Tantalo, Issione
Ci sono tre miti greci che interpretano in modo acuto la condizione umana, il nostro continuo raggiungere e perdere qualcosa senza poterci mai fermare, perché continuamente trascinati in un moto circolare tra alto e basso, luce e ombra, vita e morte, un moto che ricorda il sole che cala e risorge.
Sisifo deve spingere un grande masso da una parte all’altra di una collina, ma non vi riesce mai perché a poca distanza dalla vetta il grande masso lo travolge con il suo peso e rotola di nuovo a valle; Sisifo deve allora ricominciare da capo, “mentre il sudore gli bagna le membra e una nube di polvere si alza sopra il suo capo.”
Tantalo tormentato dalla fame e dalla sete è appeso ai rami di un albero che sfiorano uno specchio d’acqua, ma ogni volta che si avvicina all’acqua per bere, l’acqua si allontana, e ogni volta che tenta di cogliere un frutto dall’albero un soffio di vento glielo impedisce. Inoltre un grande masso potrebbe precipitare dalla montagna e schiacciarlo.
Issione, invece, fu legato a una ruota di fuoco che rotola senza posa nel cielo.
"Oknos intreccia una corda di giunco che un'asina via via rode.
Le Danaidi si sforzano invano di riempire una giara bucata con l'acqua che cola da un setaccio pieno di buchi - setaccio a proposito del quale Platone dirà che esso è l'anima di queste sciagurate, incapace, per dimenticanza, di non lasciarsi sfuggire il suo contenuto."1
1 Jean Pierre Vernant, Mito e pensiero presso i Greci
Sisifo deve spingere un grande masso da una parte all’altra di una collina, ma non vi riesce mai perché a poca distanza dalla vetta il grande masso lo travolge con il suo peso e rotola di nuovo a valle; Sisifo deve allora ricominciare da capo, “mentre il sudore gli bagna le membra e una nube di polvere si alza sopra il suo capo.”
Tantalo tormentato dalla fame e dalla sete è appeso ai rami di un albero che sfiorano uno specchio d’acqua, ma ogni volta che si avvicina all’acqua per bere, l’acqua si allontana, e ogni volta che tenta di cogliere un frutto dall’albero un soffio di vento glielo impedisce. Inoltre un grande masso potrebbe precipitare dalla montagna e schiacciarlo.
Issione, invece, fu legato a una ruota di fuoco che rotola senza posa nel cielo.
"Oknos intreccia una corda di giunco che un'asina via via rode.
Le Danaidi si sforzano invano di riempire una giara bucata con l'acqua che cola da un setaccio pieno di buchi - setaccio a proposito del quale Platone dirà che esso è l'anima di queste sciagurate, incapace, per dimenticanza, di non lasciarsi sfuggire il suo contenuto."1
1 Jean Pierre Vernant, Mito e pensiero presso i Greci
giovedì 22 ottobre 2009
La telefonata di "Martin"
*"Devo annotarlo proprio qui (l’asterisco che indica questa nota si trova dopo il nome di Heidegger nelle prime pagine de La Carte Postale ndr) , la mattina del 22 agosto 1979, alle 10, mentre stavo battendo a macchina questa pagina per questo libro, il telefono squillò. La centralinista americana mi chiese se accettavo una telefonata a carico del destinatario di Martin (lei disse martine o martini) Heidegger. Ascoltai una voce, come spesso faccio in queste situazioni che mi sono molto familiari, dovendo spesso chiamare “a carico” me stesso, che riconobbi dall’altra parte della linea intercontinentale delle voci che ascoltavano e spiavano una mia reazione. Che cosa vuole fare la centralinista con il ghost (fantasma) o il Geist (spirito) di Martin? Io non non posso riassumere la chimica dei calcoli che velocemente mi portarono a dire di no (È uno scherzo, non lo accetto”), dopo aver ascoltato numerose volte il nome di Martin Heidegger, sperando che l’autore dello scherzo nominasse sé stesso. Chi paga, in somma, il destinatario o il mittente? Chi deve pagare? Questa è una questione molto difficile, ma questa mattina io ho pensato che non dovevo pagare se non in altra maniera che con questa nota di ringraziamento. So che che sarò sospettato di aver preparato tutto questo, poiché è troppo bello per essere vero. Ma cosa posso fare? È vero, rigorosamente, dall’inizio alla fine, la data, l’orario, il contenuto, etc. Il nome di Heidegger era già scritto dopo quello di Freud, sul foglio che sto battendo a macchina. Questo è vero, e per di più dimostrabile, se uno volesse prendersi l’impegno di indagare: ci sono testimoni e un archivio postale sulla cosa. Io chiedo a questi testimoni (queste stazioni secondarie tra Heidegger e me) di rendersi noti. Tutto questo però non deve portarvi a pensare che una comunicazione non telefonica mi porti al fantasma di Heidegger più dell’altra. Proprio il contrario, la rete dei miei chiamanti si trova dal lato più oneroso, e più di un centralino è necessario a gestire il sovraccarico. È molto semplice, lasciatemelo dire in modo che lo sentano i miei corrispondenti di questa mattina ( verso i quali, tuttavia, ho il rammarico di non aver parlato), la mia relazione privata con Martin non passava attraverso la stessa rete di scambio."
( liberamente da La Carte Postale di J. Derrida)
( liberamente da La Carte Postale di J. Derrida)
martedì 20 ottobre 2009
Chi cammina
"Chi cammina sulla testa ha il cielo come abisso sotto di sé", è un'immagine del poeta Paul Celan che Derrida cita nel discorso "Il dialogo ininterrotto:tra due infiniti, il poema" tenuto il 15 febbraio 2003 all'Università di Heidelberg per ricordare Hans Georg Gadamer che a Celan aveva dedicato il saggio "Chi sono io, chi sei tu?".
giovedì 15 ottobre 2009
mercoledì 14 ottobre 2009
Stella
domenica 11 ottobre 2009
Un altro sguardo
Il problema non è mentire, così come la soluzione non è la verità. Il problema è come ci si sente. Siamo quello che di noi vedono gli altri. Anche se sappiamo di essere altro. Ma non potendo descrivere la nostra esistenza, siamo condannati ad accettare le descrizioni degli altri - amici. Quelli che ci riflettono. Domanda: quand’è che una relazione si raffredda e poi muore? Quando qualcuno non si riconosce più nello sguardo che l’altra persona porta su di lui. Quando sentiamo di non appartenerci perché non riusciamo più ad immaginarci l’un l’altro, ma ci sentiamo altrove. Se l’amicizia può ancora sopportare questa distanza, l’amore di certo non sopravvive al freddo. Finchè non avremo di nuovo bisogno di un altro sguardo che ci lascia esistere, e così via, perché una cosa è certa, aneliamo ad essere guardati, compresi, contenuti. Contenti.
Da: L'Ultimo autista di Lady Diana di Beppe Sebaste, ed. Einaudi
Da: L'Ultimo autista di Lady Diana di Beppe Sebaste, ed. Einaudi
venerdì 9 ottobre 2009
Spettri
Aldo Masullo, Introduzione ai lavori, Peter Sloterdijk, Lectio Magistralis, Maurizio Ferraris, Spettri di Derrida, Roberto Esposito, Biopolitica e immunità, Giacomo Marramao, Da Politiche dell’amicizia a La bestia e il sovrano, Sebastiano Maffettone, Forza e giustizia: Derrida in International Relations, Giovanna Borradori, L’altro discorso, un’altra traccia. Derrida, Habermas e la religione, Corrado Ocone, Derrida illuminista, Vincenzo Vitiello, De amicitia: Derrida, Nietzsche, Schmitt, Bruno Moroncini, L’etica della cenere, Pieraldo Rovatti, Un’etica dell’impossibile, Pina De Luca, Lo straniero che noi siamo. Etica ed estetica dell’ospitalità, Silvano Petrosino, Esperienza e testualità, Giovanni Leghissa, Derrida e la religione dei moderni, Gianni Vattimo, Una politica della differenza?, Carlo Sini, Al di là del testo, Gianfranco Dalmasso, Niente altro che testo, Vincenzo Costa, La differenza come condizione dell’apparire, Gaetano Chiurazzi, “Il fatto che non comprendo”. La scrittura tra tecnica ed evento, René Major, La psychanalyse de Derrida, Benoît Peeters, Une vie de Jacques Derrida, Marie-Louise Mallet, Pourquoi publier les Séminaires de Jacques Derrida?, Manuel Asensi, Play it again Jackie, Charles Alunni, Spettro di Derrida, Proiezione di: Derrida, di Amy Ziering Kofman e Kirby Dick, Caterina Resta, Globalizzazione e Nuova Internazionale. Per una cosmopolitica a-venire, Beppe Sebaste, Il corpo del fantasma, Simone Regazzoni, La sovranità in decostruzione, Amelia Valtolina, Con lui, verso di lui: Jacques Derrida e Paul Celan, Francesco Vitale, La scrittura e lo spazio. L’architettura della decostruzione, Alberto Andronico, Come i giuristi hanno letto Derrida
(Napoli, 7-10 ottobre, Palazzo Serra di Cassano, via Monte di Dio 14)
mercoledì 7 ottobre 2009
Un filo di canapa
Forse è venuta l’ora di tirare le fila della nostra storia, o meglio di un filo di canapa che porta alla casa del nonno a Napoli; è venuta l’ora di accendere una candela, che lenta si cosuma come il tempo trascorso, una candela che si costruiva in una vecchia cereria; è venuta l’ora di partire per un viaggio, perché in fondo la vita è come un treno con tanti vagoni-anni, stanze-scompartimenti-momenti, un treno trainato da una locomotiva che sbuffa in un angolo dell’impero asburgico e parte da Wolfsberg.
martedì 6 ottobre 2009
sabato 3 ottobre 2009
L'avventura
In un bar in riva all'oceano, come se camminasse su un filo sospeso ad un'altezza infinita, il bambino avanza verso la mamma a piccoli passi, in mano ha un bicchiere colmo di vino bianco. Nel suo incerto viaggio da un momento all'altro potrebbe cadere.
venerdì 2 ottobre 2009
Canone
Nell’enigmatico Canone 1 a 2 dell’”Offerta musicale” di J. S. Bach (1747), il manoscritto mostra un solo pentagramma il cui inizio è collegato con la fine. Questo spazio è topologicamente equivalente a un fibrato del segmento sulla circonferenza, conosciuto sotto il nome di nastro di Möbius. L’esecuzione simultanea dei due cammini semplice e retrogrado dà luogo a due voci, la cui simmetria determina una evoluzione reversibile. Un universo musicale è costruito e poi “decostruito” di nuovo nel silenzio. L'interessante notizia è stata segnalata dal musicista Alan Dario e il canone si può ascoltare qui.
giovedì 1 ottobre 2009
Zero in giornalismo
Annozero di Santoro e Il Giornale di Feltri fanno capire esattamente che cosa non è il giornalismo e che cosa non è la libertà di stampa. Gabanelli, Biagi,Montanelli dove siete?
Il rispetto
Il rispetto, un ri-guardare, che spesso cede il passo alla voglia di non guardare l'altro, così la lettrice di francese in treno stava con la scarpa piantata sul sedile, la carrozza era sporca, nessuno ha controllato il biglietto, chi parlava dei fatti suoi al cellulare a voce alta, chi apriva il finestrino senza chiedere "disturbo?"...per fortuna, qua e là, qualcuno ancora ha dei riguardi.
mercoledì 30 settembre 2009
Vetrine
Quando guardo queste vetrine, in cui non si offrono oggetti di uso quotidiano, ma cosiddetti articoli da regalo, di lusso e scherzosi, provo un vero orrore per l’estraneità di questo mondo; tra cento oggetti ce ne sono venti, trenta, di cui non indovino che vagamente il significato, l’uso e la destinazione, e non ce n’è uno solo che desidererei possedere. Ci sono degli oggetti che mi fanno congetturare a lungo: questo si mette sul cappello? O in tasca? O in un boccale di birra? O è una specie di giuoco di carte? Ci sono immagini e iscrizioni, motti ed epigrafi che provengono da mondi ideali a me del tutto sconosciuti e inimmaginabili, e ci sono, al contrario, certi modi di impiego di simboli a me venerabili che non riesco a capire né ad approvare, La figura intagliata di Buddha o di una divinità cinese, ad esempio, sul manico di un moderno ombrello per signora, per me è e rimane un enigma, una cosa strana e imbarazzante, anzi persino un po’ sinistra; non che si possa considerare un voluto e cosciente sacrilegio; ma quali pensieri, bisogni e sentimenti spingano il fabbricante alla produzione, il compratore all’acquisto di questi oggetti assurdi, ecco quel che avrei tanto desiderio di sapere e che non riesco a sapere in nessun modo.
(da La cura di Hermann Hesse)
(da La cura di Hermann Hesse)
martedì 29 settembre 2009
Dove sta il problema?
Dove sta il problema? Sin dagli anni Settanta, Derrida aveva fatto giocare la duplicità del phàrmakon (come veleno e come medicina) nella duplicità dell'inglese gift (dono e veleno): si può dare la vita ma si può anche donare la morte; l'hospes è sia chi concede l'ospitalità, sia chi la riceve, e la parola latina è imparentata con il nemico (hostis), il guest inglese e il Gast tedesco, cioè di nuovo l'ospite sono etimologicamente connessi con il ghost, il fantasma che rode e tormenta, oppure che chiede giustizia; l'amico costituisce una coppia essenziale con il nemico (secondo la polarità studiata da Carl Schmitt e ripresa da Derrida), e - d'accordo con il gioco di Nietzsche nello Zarathustra - i Freunde (gli amici) sono sempre in procinto di trasformarsi in Feinde (nemici), allo stesso modo che, etologicamente, il sorriso deriva dall'atteggiamento animale del mostrare i denti prima dell'attacco.
(Da: Introduzione a Derrida di Maurizio Ferraris)
(Da: Introduzione a Derrida di Maurizio Ferraris)
sabato 26 settembre 2009
La filosofia dell'onda
Con il mio surf aspettavo l’onda, aspettare l’onda è come aspettare una risposta, e prendere l’onda giusta è una bella cosa anche nella vita. Poi mi alzavo scivolando veloce, quando l’onda moriva cadevo in acqua, allora tornavo indietro. Andare contro le onde è simile a una battaglia: sorprese e un continuo fragore nell'aria di acqua e sale.
mercoledì 23 settembre 2009
Yehoshua
Sfondo giallo, capelli bianchi, Abraham Yehoshua a Pordenonelegge. “Nel 1982, quando è scoppiata la prima guerra contro il Libano, ho sentito la necessità di tornare indietro nella storia, non per sfuggire il presente ma per capirlo, come si fa in psicanalisi. Volevo capire a ragione profonda per cui qualcuno al governo era impazzito.
Mi sono chiesto “what could be done”, cosa si sarebbe potuto fare di diverso, cosi è nato il romanzo Il Signor Mani. In tutti i momenti importati della storia ci sono delle scelte cruciali e la possibilità di percorrere un’altra strada: cosa sarebbe successo se inglesi e francesi avessero bloccato Hitler nel 1936?”
“Sul rapporto tra storia e romanzo, penso che lo scrittore non deve lasciarsi condizionare troppo dagli storici, la sua prima preoccupazione deve essere quella di creare dei personaggi, io di solito mi aiuto pensando ad Antigone, Medea, Edipo, ai protagonisti della tragedia greca.
Nel romanzo Viaggio alla fine del millennio immagino una nave di ebrei che nel XV secolo parte da Tangeri e approda a Parigi risalendo la Senna. Diversi storici hanno detto che all’epoca nessuna nave avrebbe seguito quel percorso, ma continuando a cercare ho incontrato una storica musulmana che, entrata nella mia immaginazione, mi ha detto che teoricamente era possibile.”
“Noi ebrei apparteniamo al Mediterraneo, gli arabi ci accusano di avere il cuore a New York, ma secondo me l’America ha fatto anche delle cose sbagliate in giro per il mondo. Noi siamo tutti legati dal Mediterraneo: Ebrei, Marocchini, Siciliani, Turchi, Greci, apparteniamo allo stesso mare, in ognuno di questi paesi ci sono le medesime rovine greche e romane, questa è la vera culla della nostra identità.”
martedì 22 settembre 2009
Musica
Nella musica non si fa della fine di una composizione il fine della composizione. Se così fosse, i compositori più bravi sarebbero quelli che scrivono solo finali, e i direttori d'orchestra più bravi sarebbero quelli che fanno suonare l'orchestra più velocemente. Ma la nostra educazione non ci insegna questo. Il nostro sistema ci da un'impressione totalmente diversa. Ci sono voti ovunque, e quello che si fa è che ti mettono da bambino nel corridoio di questo magnifico sistema, e ti chiamano: vieni piccolo vieni qua pst pst pst, e inizi, vai all'asilo e quando finisci quello vai alla prima classe e alla seconda, e così via poi alle medie, le superiori, l'università.. e finita quella, esci e ti unisci al mondo. Trovi un lavoro in qualche racket, magari vendi assicurazioni. E devi raggiungere la tua quota, e ogni volta c'è quella cosa che sta per arrivare, arriva arriva, quella cosa magnifica, il successo per il quale stai lavorando.Poi ti svegli un giorno, hai 40 anni e dici: eccomi, sono arrivato! Pero non ti senti molto diverso da come ti sei sempre sentito, e sei deluso perchè ti sembra tutto una bufala, ed era una bufala terribile! Ti sei perso tutto! Pensavi alla vita come a un viaggio, con un punto di partenza e un punto di arrivo. E lo scopo di tutto era arrivare. Il successo o magari il cielo dopo che muori, ma ti sei perso tutto, perchè non hai capito che la vita è una cosa musicale, e tu dovevi cantare o ballare finchè c'era musica...
(Written by LucaS)
(Written by LucaS)
lunedì 21 settembre 2009
Nel teatro verde
Nel teatro verde, all'interno del parco circondato dal mare , il tempo s'è sospeso tra il frinir delle cicale, il rumore di qualche motoscafo, il ronzio di un'ape, lo zampettio di una lucertola sul muro e il caldo sole di settembre.
Le donne di Siria
Amavo le sue danze barbare, il suo canto un po' rauco e insieme dolce, il suo odore d'incenso, il suo vivere trasognato. La seguivo dovunque. Mi confondevo alla vile ciurmaglia dei soldati, dei saltimbanchi e dei pubblicani da cui era circondata. Un giorno disparve, e non la rividi più. La cercai lungamente nei vicoli malfamati e nelle taverne. Era più difficile fare a meno di lei che del vino greco. Qualche mese dopo che l'avevo perduta, seppi, per caso, che si era unita a un piccolo gruppo di uomini e di donne che seguivano un giovane taumaturgo della Galilea. Si faceva chiamare Gesù il Nazareno, e fu crocefisso non ricordo per quale delitto. Ponzio, ti ricordi di quest'uomo?
(Da Il procuratore della Giudea di Anatole France, traduzione di Leonardo Sciascia, ed. Sellerio).
(Da Il procuratore della Giudea di Anatole France, traduzione di Leonardo Sciascia, ed. Sellerio).
lunedì 14 settembre 2009
Uomini e fiumi
Gli uomini sono come i fiumi: l'acqua è in tutti uguale ed è dovunque la stessa, ma ogni fiume è ora stretto, ora rapido, ora ampio, ora quieto, ora pulito, ora freddo, ora torbido, ora caldo. Così gli uomini. Ogni uomo ha in sé i germi di tutte le caratteristiche umane e talvolta ne manifesta alcune, talvolta altre, e spesso non è affatto simile a se stesso, pur continuando a rimanere sempre e solo se stesso.
(Da Resurrezione di Lev Tolstòj)
(Da Resurrezione di Lev Tolstòj)
Un testo
Un testo è un testo solo se nasconde al primo sguardo, al primo venuto, la legge della sua composizione e la regola del suo gioco.
(da La Farmacia di Platone di Jacques Derrida)
(da La Farmacia di Platone di Jacques Derrida)
sabato 12 settembre 2009
Roulette russa
Ogni giorno in Italia muoiono 14 persone vittime di incidenti stradali. Mettersi alla guida di un'auto è una roulette russa.
mercoledì 9 settembre 2009
Qualunque cosa succeda
Alzi la mano chi sentendo il nome Ambrosoli non pensa al miele. "Qualunque cosa succeda" (ed.Sironi) è il libro dedicato dal figlio Umberto Ambrosoli al padre Giorgio liquidatore della Banca Privata di Sindona e ucciso a Milano da un killer l'11 luglio 1979. In un articolo Marco Vitale scrive:"L'assassinio di Ambrosoli è il culmine di un certo modo di fare politica, di un certo modo di fare economia. I magistrati inseguono esecutori e mandanti del delitto, ma dietro ci sono i responsabili , i responsabili politici". Il titolo è tratto da una lettera scritta da Ambrosoli alla moglie quattro anni prima di essere ucciso: "Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai allevare tu i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto..."
Una vicenda che ne fa venire in mente altre, Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino, D'Antona, Biagi. Brividi e la sensazione che le cose non siano cambiate: c'è una parte della società che ogni mattina si alza e lavora onestamente e un'altra parte che agisce illegalmente e all'ombra di facciate perbene.
Una vicenda che ne fa venire in mente altre, Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino, D'Antona, Biagi. Brividi e la sensazione che le cose non siano cambiate: c'è una parte della società che ogni mattina si alza e lavora onestamente e un'altra parte che agisce illegalmente e all'ombra di facciate perbene.
domenica 6 settembre 2009
Gatti e vulcani
Kircher si era immaginato un'orchestra di gatti (bastava tirargli le code) e una macchina per pulire i vulcani. Si faceva calare in una grande cesta in mezzo ai fumi del Vesuvio, sostenuto da un esercito di piccoli gesuiti. Athanasius Kircher fu un gesuita tedesco del XVII secolo vissuto a Roma, un erudito universale considerato anche il padre dell'egittologia.
(La citazione sui gatti e sui vulcani è tratta da: Non sperate di liberarvi dei libri di Jean-Claude Carrière e Umberto Eco).
(La citazione sui gatti e sui vulcani è tratta da: Non sperate di liberarvi dei libri di Jean-Claude Carrière e Umberto Eco).
sabato 5 settembre 2009
La cura Schopenhauer
Un romanzo di Irvin Yalom (ed. Neri Pozza) che mescola psicanalisi e filosofia. Julius Hertzfeld (in tedesco Herz significa cuore e Feld campo) guida un gruppo di psicoterapia a San Francisco quando gli viene diagnosticato un tumore alla pelle. Non gli resta che un anno di vita. Nel suo studio riguardando le cartelle dei pazienti si imbatte nel fascicolo di Philip Slate (to slate in inglese=criticare): tre anni di duro lavoro coronati da un insuccesso. È passato molto tempo e Julius è curioso di sapere come sta oggi Philip. Lo chiama e scopre che è diventato un terapeuta anche lui e che è guarito grazie alla filosofia di Arthur Schopenhauer. I due si incontrano e prendono un accordo: Philip si sottoporrà a sei mesi di terapia di gruppo al termine dei quali Julius garantirà per la sua iscrizione ad un prestigioso albo di terapeuti.
Le pagine del romanzo sono infarcite di citazioni e aforismi di Schopenhauer, ma anche Shakespeare, Kant, Nietzsche, Heidegger. Scena finale: la seduta di un gruppo di terapia condotto da Philip. Appesantito dai resoconti degli incontri il libro è reso interessane dalla ricostruzione della vita di Schopenhauer di cui si è invogliati a leggere l’opera.
“Prima di tutto: nessuno è felice, ma per tutta la vita aspira a una presunta felicità, che di rado raggiunge e, se la raggiunge, è solo per esserne deluso: ma la regola è che alla fine ognuno giunga al porto avendo fatto naufragio, e senza più alberi. Ma allora è indifferente che egli sia stato felice o infelice, in una vita fatta solo di presente privo di durata e che ora ha una fine.”
“Con un po’ di cortesia e amorevolezza si possono rendere compiacenti e gentili persino gli uomini caparbi e ostili. La cortesia è quindi per l’uomo ciò che il calore è per al cera.”
"Questo fu la vita? Orsù? Da capo!" (Nietzsche)
Le pagine del romanzo sono infarcite di citazioni e aforismi di Schopenhauer, ma anche Shakespeare, Kant, Nietzsche, Heidegger. Scena finale: la seduta di un gruppo di terapia condotto da Philip. Appesantito dai resoconti degli incontri il libro è reso interessane dalla ricostruzione della vita di Schopenhauer di cui si è invogliati a leggere l’opera.
“Prima di tutto: nessuno è felice, ma per tutta la vita aspira a una presunta felicità, che di rado raggiunge e, se la raggiunge, è solo per esserne deluso: ma la regola è che alla fine ognuno giunga al porto avendo fatto naufragio, e senza più alberi. Ma allora è indifferente che egli sia stato felice o infelice, in una vita fatta solo di presente privo di durata e che ora ha una fine.”
“Con un po’ di cortesia e amorevolezza si possono rendere compiacenti e gentili persino gli uomini caparbi e ostili. La cortesia è quindi per l’uomo ciò che il calore è per al cera.”
"Questo fu la vita? Orsù? Da capo!" (Nietzsche)
lunedì 31 agosto 2009
Lisboa
La crema de leche spolverata di cannella, il canto dei gabbiani che la sera entra dai lucernari dei tetti, una donna alla finestra illuminata nel palazzo alto del Beco do Caldeira, una stella cadente tra i vicoli del Bairro Alto, la frittata con i gamberi e la mousse alla pesca di Natercia, il caffè gustoso della Brasileira, uno dei locali preferiti da Pessoa, il sapore dolce e seducente della ginja, lo sferragliare dei tram gialli lungo le ruas, la capoeira nella notte dell’Alfama, la magia della torre di Belem da cui Magellano e Vasco da Gama partirono alla scoperta di nuovi mondi, il chiostro di Los Jeronimos, un succo fresco di mango, poi un paio di cose comprate alla Feira da ladra: una vecchia scatola di tè con la foto di Joseph Tetley, un portagioie in rame con palme e uccelli incisi su smalti verdi e azzurri, un foglio di disegni per ricamo degli anni Venti, cinque cartoline vecchie e degli azulejos, uno blu con un passerotto poggiato sul ramo, uno nero con una barca a vela, uno azzurro con i fiori e un altro con il tram giallo tra i vicoli. Queste sono cose, ma dietro ad ognuna di queste cose si cela un rapporto umano, il sollievo di un sorriso, il piacere di una domanda, la curiosità di conoscere l’altro. A Lisbona i portoghesi mescolano il rispetto per la forma ereditato dagli inglesi, di cui sono i più vecchi alleati, al calore della gente latina. Se a questo aggiungiamo la dolcezza e la musicalità della lingua si comprende perché Lisbona conquista il cuore di chi la visita.
Riguardo queste vecchie cartoline e la scatola di tè qui sull’Oceano, a Praia das Machas (la spiaggia delle mele) a quaranta chilometri da Lisbona. La pensione nella quale siamo alloggiati si chiama Residencial Real, ma una volta il suo nome era Royal, e prima ancora fu colonia die profughi olandesi della Seconda guerra mondiale, lungo la stradina in salita che costeggia la pensione la gente si sofferma alla balaustra bianca e azzurra. Alcuni sono soli e guardano il grande mare come in attesa di una risposta, altri a gruppi di due o tre “filano, filar in portoghese vuol dire conversare mi ha spiegato Maria Teresa che da venticinque anni conduce questa pensione in riva all’Atlantico, è bassa e rotonda, ha i capelli bianchi e due occhi azzurri. Sul muretto bianco e azzurro c’è anche chi appoggia il giornale e legge. La spiaggia si va popolando di bambini che giocano, di signore di mezza età che fanno ginnastica. C’è bassa marea e gli appassionati di surf devono andare al largo per trovare le onde. Alcune persone salgono in lontananza i sentieri del promontorio mentre nelle pozze d’acqua verso riva altri raccolgono conchiglie. Questa mattina, quando il sole era nascosto dalle nuvole, verso le sei e mezza, un uomo e una donna “filavano” fitto fitto. Lei era vestita di nero con i capelli raccolti a coda, lui era più alto, grosso e con i capelli sale e pepe. Dalle loro teste ogni tanto spuntava sbuffi bianchi di sigaretta. Dopo due ore, quando mi sono alzato per la colazione erano ancora lì, filavano e fumavano. Sembrava che lui stesse ad ascoltare lei, che tentasse di aiutarla con la pazienza e l’affetto di un amico. Chissà quante storie d’amore hanno visto passare quella balaustra e Maria Teresa nella sua pensione. Immagino questo hotel d’inverno, immerso nell’atmosfera unica del vento e della nebbia che sa di mare, o delle nuvole che corrono veloci nel cielo blu, immagino un amore fra un lui e una lei, li immagino qui per una settimana nell’infinito.
The “crema de leche” dust of cinnamon, the voice of sea-gull that at night came in from the roofs, a woman staring out of a window near Beco do Caldeira, a falling star appearing in the narrow streets of Bairro Alto, the omelette with shrimsp and the peach mousse made by Natercia, the tasteful coffee at Brasileira, one of Pessoa’s favourites spots, the sweet and tempting Ginja, the Capoeira in the night of Alfama, the charm of Belem Tower, from which Magellano and Vasco da Gama left to discover new worlds, the cloister of Los Jeronimos, a fresh mango juice and a few things bought at the “Feira da ladra” (the thief market): a tea tin with a picture of Sir Joseph Tetley, a jewel box of brass decorated with palms and birds on green and blue enamels, a sheet of embroiderie drawings in the 20s, five old postcards and some azulejos, a blue one with a sparrow on the branch, a black one with a ship, another one blue with a bunch of flowers and a white one with a yellow tram between the ruas. These are things, but every object has in itself a legacy, the relief of a smile, the pleasure of questioning, the curiosity to know the other. In Lisbon Portuguese people mixed the formality inherited from the English, of whom they were the earliest allies, to the warm Latin character. If on top of that we add the sweetness and the harmony of the language, you could understand why Lisbon conquer the heart of the visitors.
I’m staring at these old postcards and the tea tin here on the Ocean, at Praia das Machas (the beach of apples), forty kilometers far from Lisbon. Our Hotel is called Residencial Real , but once its name was Royal and earlier it was a colony for Dutch refugees in the Second World War. Along the street that goes up near the hotel, just in front of the Ocean, people rely on a white and blue railing. Some of them are alone ad are loocking at the sea as if they were waiting for an answer, others, gathered in little groups of two or three persons “filano”, “filar” in Portugues means talking, discussing, so explained to me Maria Teresa, who has run this hotel from 25 years, she is short and round, her hair is white and her eyes are blue. Meanwhile on the white and blue railing there is also someone who is reading a newspaper and the beach is going to get crowded with children that are playing, with middle age women that are doing some exercise. Someone is walking along the distant paths of the promontory, while a few are picking up shells in the calm water between the rocks. There is low tide and the surfers have to swim on their boards far away to take the waves.
This morning, when the sun was still hidden behind the clouds, at about 6 o’clock, a man and a woman “filavan”, were discussing. She was dressed in black and her hair was made in a tail, he was taller and big, with black and white hair. Sometime cigarette’s smoke was caming in white whipps above their heads. After two hours, when I woke up for breakfast, they were still there, “discussing” and smoking. It semeed to me that the man was listening, trying to help her like a friend, with love and patience. Who knows how many love stories had been seen along this railing or by Maria Teresa in her hotel. I imagine this hotel in the Winter, surrounded by clouds running in the blue sky, I imagine a love story between a man and a woman staying here for a week in the infinite.
Riguardo queste vecchie cartoline e la scatola di tè qui sull’Oceano, a Praia das Machas (la spiaggia delle mele) a quaranta chilometri da Lisbona. La pensione nella quale siamo alloggiati si chiama Residencial Real, ma una volta il suo nome era Royal, e prima ancora fu colonia die profughi olandesi della Seconda guerra mondiale, lungo la stradina in salita che costeggia la pensione la gente si sofferma alla balaustra bianca e azzurra. Alcuni sono soli e guardano il grande mare come in attesa di una risposta, altri a gruppi di due o tre “filano, filar in portoghese vuol dire conversare mi ha spiegato Maria Teresa che da venticinque anni conduce questa pensione in riva all’Atlantico, è bassa e rotonda, ha i capelli bianchi e due occhi azzurri. Sul muretto bianco e azzurro c’è anche chi appoggia il giornale e legge. La spiaggia si va popolando di bambini che giocano, di signore di mezza età che fanno ginnastica. C’è bassa marea e gli appassionati di surf devono andare al largo per trovare le onde. Alcune persone salgono in lontananza i sentieri del promontorio mentre nelle pozze d’acqua verso riva altri raccolgono conchiglie. Questa mattina, quando il sole era nascosto dalle nuvole, verso le sei e mezza, un uomo e una donna “filavano” fitto fitto. Lei era vestita di nero con i capelli raccolti a coda, lui era più alto, grosso e con i capelli sale e pepe. Dalle loro teste ogni tanto spuntava sbuffi bianchi di sigaretta. Dopo due ore, quando mi sono alzato per la colazione erano ancora lì, filavano e fumavano. Sembrava che lui stesse ad ascoltare lei, che tentasse di aiutarla con la pazienza e l’affetto di un amico. Chissà quante storie d’amore hanno visto passare quella balaustra e Maria Teresa nella sua pensione. Immagino questo hotel d’inverno, immerso nell’atmosfera unica del vento e della nebbia che sa di mare, o delle nuvole che corrono veloci nel cielo blu, immagino un amore fra un lui e una lei, li immagino qui per una settimana nell’infinito.
The “crema de leche” dust of cinnamon, the voice of sea-gull that at night came in from the roofs, a woman staring out of a window near Beco do Caldeira, a falling star appearing in the narrow streets of Bairro Alto, the omelette with shrimsp and the peach mousse made by Natercia, the tasteful coffee at Brasileira, one of Pessoa’s favourites spots, the sweet and tempting Ginja, the Capoeira in the night of Alfama, the charm of Belem Tower, from which Magellano and Vasco da Gama left to discover new worlds, the cloister of Los Jeronimos, a fresh mango juice and a few things bought at the “Feira da ladra” (the thief market): a tea tin with a picture of Sir Joseph Tetley, a jewel box of brass decorated with palms and birds on green and blue enamels, a sheet of embroiderie drawings in the 20s, five old postcards and some azulejos, a blue one with a sparrow on the branch, a black one with a ship, another one blue with a bunch of flowers and a white one with a yellow tram between the ruas. These are things, but every object has in itself a legacy, the relief of a smile, the pleasure of questioning, the curiosity to know the other. In Lisbon Portuguese people mixed the formality inherited from the English, of whom they were the earliest allies, to the warm Latin character. If on top of that we add the sweetness and the harmony of the language, you could understand why Lisbon conquer the heart of the visitors.
I’m staring at these old postcards and the tea tin here on the Ocean, at Praia das Machas (the beach of apples), forty kilometers far from Lisbon. Our Hotel is called Residencial Real , but once its name was Royal and earlier it was a colony for Dutch refugees in the Second World War. Along the street that goes up near the hotel, just in front of the Ocean, people rely on a white and blue railing. Some of them are alone ad are loocking at the sea as if they were waiting for an answer, others, gathered in little groups of two or three persons “filano”, “filar” in Portugues means talking, discussing, so explained to me Maria Teresa, who has run this hotel from 25 years, she is short and round, her hair is white and her eyes are blue. Meanwhile on the white and blue railing there is also someone who is reading a newspaper and the beach is going to get crowded with children that are playing, with middle age women that are doing some exercise. Someone is walking along the distant paths of the promontory, while a few are picking up shells in the calm water between the rocks. There is low tide and the surfers have to swim on their boards far away to take the waves.
This morning, when the sun was still hidden behind the clouds, at about 6 o’clock, a man and a woman “filavan”, were discussing. She was dressed in black and her hair was made in a tail, he was taller and big, with black and white hair. Sometime cigarette’s smoke was caming in white whipps above their heads. After two hours, when I woke up for breakfast, they were still there, “discussing” and smoking. It semeed to me that the man was listening, trying to help her like a friend, with love and patience. Who knows how many love stories had been seen along this railing or by Maria Teresa in her hotel. I imagine this hotel in the Winter, surrounded by clouds running in the blue sky, I imagine a love story between a man and a woman staying here for a week in the infinite.
Para ser grande
Para ser grande, sê inteiro: nada Teu exagera ou exclui. Sê todo em cada coisa. Põe quanto és No mínimo que fazes. Assim em cada lago a lua toda Brilha, porque alta vive
Per essere grande sii completo, niente di te esagera o escludi. Sii tutto te stesso in ogni cosa. Metti quello che sei nelle minime cose che fai.
Così in ogni lago la luna tutta brilla perché alta vive.
(Ricardo Reis 14-2-1933)
Per essere grande sii completo, niente di te esagera o escludi. Sii tutto te stesso in ogni cosa. Metti quello che sei nelle minime cose che fai.
Così in ogni lago la luna tutta brilla perché alta vive.
(Ricardo Reis 14-2-1933)
venerdì 28 agosto 2009
martedì 18 agosto 2009
La lettera rubata
Uno straordinario racconto di Poe sul quale Lacan ha tenuto un seminario che a sua volta è stato oggetto del saggio di Derrida "Il fattore della verità". La lettera rubata non è stata nascosta ma lasciata in un luogo dove tutti potevano vederla e proprio per questo non la vedevano.
Lisbona
Scrive Fernando Pessoa in Lisbon Revisited:
Una volta ancora ti rivedo, Lisbona, e Tago e tutto,
viandante inutile di te e di me,
straniero qui come dappertutto,
casuale nella vita come nell'animo,
fantasma errante in sale di ricordi,
al rumore dei topi e delle tavole che scricchiolano
nel castello maledetto del dover vivere...
Una volta ancora ti rivedo, Lisbona, e Tago e tutto,
viandante inutile di te e di me,
straniero qui come dappertutto,
casuale nella vita come nell'animo,
fantasma errante in sale di ricordi,
al rumore dei topi e delle tavole che scricchiolano
nel castello maledetto del dover vivere...
Incipit
Ti ho lasciato dov’eri, prigioniero del groviglio delle parole non dette, dei peccati inconfessati, delle certezze smarrite. Ho cercato di non vederti, nonostante la luce che fuggiva dall’intrico dei rami intrecciati e sovrapposti a comporre null’altro che la vita, l’albero ormai grande, alto abbastanza da sentire la brezza, lassù.
Mi fa ombra, questa pianta contorta, a volte mi protegge ma altre, molte altre, mi soffoca.
Restare quaggiù, forse, al riparo dalle sorprese.
Provare a salire e sfidare il vento.
Cercare il coraggio per guardare oltre e affrontare la vertigine sapendo che, in un gioco affascinante ma un po’ crudele, tornare giù sarà quasi impossibile.
Oppure, beffa suprema, scoprire che sotto, nel frattempo, tutto è mutato e ormai sconosciuto.
Il futuro non aspetta nessuno e quando diventa passato il presente di prima non esiste più.
Mi cullo un po’ nel consapevole autoinganno, fingendo che la soluzione non ci sia, che tra rimanere immobile e ritrovarsi lassù, in balìa dell’inconosciuto, non ci sia una via di mezzo.
Potrei forse salire con un unico balzo, ma le ultime fronde sono troppo in alto, rischierei solo la delusione della sconfitta.
Potrei fare un po’ di strada e poi ridiscendere, risalire ancora percorrendo un tratto più lungo, poi tornare e così via, per non perdere del tutto il contatto con il mio terreno e verificare via via le differenze. Molto faticoso ma istruttivo.
Oppure potrei soltanto salire, con tappe più lunghe o più brevi, ma senza mai guardare giù. Una volta in cima sarebbe comunque troppo tardi per ogni ritorno: le fronde ormai folte impedirebbero di vedere più giù.
Written by Isabella Gianelloni
Mi fa ombra, questa pianta contorta, a volte mi protegge ma altre, molte altre, mi soffoca.
Restare quaggiù, forse, al riparo dalle sorprese.
Provare a salire e sfidare il vento.
Cercare il coraggio per guardare oltre e affrontare la vertigine sapendo che, in un gioco affascinante ma un po’ crudele, tornare giù sarà quasi impossibile.
Oppure, beffa suprema, scoprire che sotto, nel frattempo, tutto è mutato e ormai sconosciuto.
Il futuro non aspetta nessuno e quando diventa passato il presente di prima non esiste più.
Mi cullo un po’ nel consapevole autoinganno, fingendo che la soluzione non ci sia, che tra rimanere immobile e ritrovarsi lassù, in balìa dell’inconosciuto, non ci sia una via di mezzo.
Potrei forse salire con un unico balzo, ma le ultime fronde sono troppo in alto, rischierei solo la delusione della sconfitta.
Potrei fare un po’ di strada e poi ridiscendere, risalire ancora percorrendo un tratto più lungo, poi tornare e così via, per non perdere del tutto il contatto con il mio terreno e verificare via via le differenze. Molto faticoso ma istruttivo.
Oppure potrei soltanto salire, con tappe più lunghe o più brevi, ma senza mai guardare giù. Una volta in cima sarebbe comunque troppo tardi per ogni ritorno: le fronde ormai folte impedirebbero di vedere più giù.
Written by Isabella Gianelloni
domenica 9 agosto 2009
Le nozze di Cana
Una visione di Peter Greenaway al refettorio palladiano di San Giorgio Maggiore (Venezia)
giovedì 6 agosto 2009
Always wonderful
Se corre fa in tempo
Guardavo le fermate
Ce n'è un altro alle 20 e 24
Grazie
Always wonderful scritto accanto a tre cuori rossi sul bianco, gli occhi azzurri come il cielo d'estate, le labbra pronunciate, capelli oro raccolti a coda, due orecchini tondi a fiori e foglie, un orsetto con tante chiavi, la grande borsa argento, pantaloni e scarpe nere, uno shopper Stefanel con la giacca piegata. Sulla schiena girl's rules: drive him crazy, smile and shine.
Guardavo le fermate
Ce n'è un altro alle 20 e 24
Grazie
Always wonderful scritto accanto a tre cuori rossi sul bianco, gli occhi azzurri come il cielo d'estate, le labbra pronunciate, capelli oro raccolti a coda, due orecchini tondi a fiori e foglie, un orsetto con tante chiavi, la grande borsa argento, pantaloni e scarpe nere, uno shopper Stefanel con la giacca piegata. Sulla schiena girl's rules: drive him crazy, smile and shine.
domenica 2 agosto 2009
mercoledì 29 luglio 2009
Difficoltà
La difficoltà nell'essere un grande scrittore nasce dal fatto che che nella vita spirituale si agisce commercialmente e, secondo un'antica tradizione, si parla idealisticamente, e questo collegamento di commercio e idealismo era anche ciò che aveva un ruolo decisivo nelle faccende quotidiane (Lebensbemühungen) di Arnheim.
Da Der Mann ohne Eigenschaften di Robert Musil
Da Der Mann ohne Eigenschaften di Robert Musil
lunedì 27 luglio 2009
Una spirale di liquorizia
Una spirale di liquorizia, la prova microfono, quella strana piazza in discesa. Come una strega Tiziano Scarpa mormora formule per amori impossibili: luna puella pallidula, phiala e coscienza delle tenebre... Legge illuminato da un faro traverso, la mano sinistra arpeggia nell’aria accanto al foglio bianco, il suo volto diventa una pagina, un libro e sopra spunta la fronte lucida accanto al molinello delle dita. In sottofondo il brusio di bar ignari. Racconta di un giorno non restituito che può valere una vita, di una solitudine troppo rumorosa. Nel cielo un aereo, una stella, poi il cambiamento di luci e un invito: non languire nelle lente mascelle del tempo, ama. Dalla piazza in discesa gli applausi rotolano verso il palco nell'aria eremitica della luna.
giovedì 23 luglio 2009
Ospiti
Non si sopravvive se non si impara a essere ospiti. Siamo ospiti della vita, senza sapere perché siamo nati. Siamo ospiti del pianeta al quale facciamo cose orribili. E essere ospiti richiede di dare il meglio dovunque si è, pur rimanendo pronti a muoversi per ricominciare, se è necessario. Credo che vivere l'ospitalità in maniera esemplare sia la missione, la funzione, il privilegio e l'arte degli ebrei.
Written by George Steiner
Written by George Steiner
Sul filo
Ce ne stiamo qui sul limite, sul filo delle nostre vite, tra speranze e attese, con il fiato sospeso mentre attorno a noi qualcuno d'improvviso cade e altri nasce a nuovi sentieri.
martedì 21 luglio 2009
Schweppes
Una donna con il classico tubino nero e borsa Teablu, una cameriera in jeans e maglia verde chiaro, un suono insistente di campane, due spritz, una Schweppes tonica, una famiglia che mangia il gelato su una panchina rossa all'ombra di un albero, due turisti con panama e trolley Louis Vuitton, una coppia sui sessanta vestita di lino, lui con borsello e granita alla menta, lei in salopette e granita al limone, due bambini su un monopattino, una mamma che grida: Basta, un africano con la scritta Start sulla maglietta, un signore con borsa della libreria antiquaria Porte d'acqua, una vecchia insegna: Lampade Osram, il sole negli occhi.
lunedì 20 luglio 2009
Porcospini
Schopenhauer racconta di una compagnia di porcospini che in una giornata d'inverno si avvicinano l'uno all'altro per scaldarsi ma si pungono con le spine; allora si allontanano e sentono freddo, quindi si riavvicinano e si pungono di nuovo, la storia si ripete fino a che non trovano la giusta distanza. Un'acuta parabola dei rapporti interpersonali.
(Da Parerga e Paralipomena)
(Da Parerga e Paralipomena)
venerdì 17 luglio 2009
L’arte di far pagare l’arte
Cominciamo dal costo del biglietto che per una famiglia di tre persone è di 40 euro + 5 per una audioguida, proseguiamo dicendo di scortesi e occhiute guardie in nero che fanno sentire anche il più mite visitatore un vandalo d’arte o uno sfregiatore di pareti (vietato appoggiarsi ai mattoni …ma che sono di sabbia?), continuiamo dicendo dei giovani e preparati “mediatori culturali” - studenti di Ca’ Foscari che non prendono una lira (è uno stage of course) e che si sfiancano per ore in tentativi di spiegazione-giustificazione delle opere, soffermiamoci quindi sulle inutili e pesanti muraglie in cemento armato di Tadao Ando che poteva benissimo usare dei leggeri e giapponesi listelli in legno invece di una firma così pesante da causare, secondo voci, l’impercettibile inabissamento di Punta della Dogana, e concludiamo con un con un belvedere chiuso alla vista del pubblico (ma che belvedere è?) e con uno shop dove una matita di bassa qualità costa 3 euro, una biro di 4 centimetri 6 euro e una scatola di pastelli 29, volendo ci sono anche gioielli da 500 euro e oltre, ma non esiste una miniguida né un depliant omaggio con piccole spiegazioni e immagini delle opere più significative. Benevenuti a Venezia alla Punta della Dogana della Francois Pinault Foundation.
Non ci siamo, questo non è un luogo ospitale, è una macchina che allunga la mano per chiedere soldi. Sarà allora un tempio dell’arte? Vediamo. Il viaggio comincia passando attraverso la tenda di perline rosse (il sangue) e bianche (l’infezione dell’Aids) di Felix Gonzalez Torres, seguono in ordine sparso: il cavallo vero-imbalsamato di quel “genio” di Cattelan , poiché solo un genio riesce a vendere a suon di milioni delle “sole”; il cavallo, spiega l’audioguida, rappresenta il nostro (o il suo?) tentativo impossibile di uscire dal reale; Fucking Hell di Jake & Dinos Chapman: numerose teche in vetro rriempite da centinaia di soldatini nazisti sottoposti a diverse pene per i loro crimini; Takashi Muratami mostra due manichini manga, un uomo e una donna con superattributi; in una stanza buia, sculture in plexiglas e vetro illuminate e di diversi colori rappresentano diverse architetture della città di Superman, l’opera è Kandors Full Set di Mike Kelley; nel torrino del belvedere, al quale non si può accedere, Man in the Moon di Mark Handforth mostra una falce di luna grigia e squagliata; A football match of June 14th 2002 di Huang Yong Ping è il plastico di un campo da calcio con calciatori di diverse nazionalità sovrastato da un metorite e richiama l’attenzione sui pericoli di un’integrazione basata sull’imposizione di modelli occidentali; in Sonne, Mond und Sterne Fischli & Weiss raccontano attraverso 800 pagine di campagne pubblicitarie elementi della nostra vita: cibo, oggetti, piaceri, sentimenti… Rudolf Stingel propone la sua foto tessera formato gigante che lo ritrae alpino e con gli occhi chiusi, e tre quadri grigi con una rete; spiega la mediatrice culturale che la rete segna l’impossibilità ad andare verso l’infinito che però si può raggiungere chiudendo gli occhi; Jeff Koons con Bourgeois Bust si immortala con Cicciolina in un canoviano doppio busto bianco. Usciti dalla galleria, il ricordo più sorprendente sono le vedute mozzafiato sulla Giudecca, San Giorgio e San Marco che si godono dalle finestre del primo piano e che non sono opera di Tadao Ando né di Pinault. Infine una riflessione: l’arte è arte perché alcuni dicono che è tale o perché in molti ne percepiscono la grandezza. L’artista è chi vuol dire qualcosa o chi sa dirla in modo unico e impareggiabile? Arte è uno stile di vita, la frequentazione di un circolo o formidabile maestria creativa?
lunedì 13 luglio 2009
Dodici libri
Dodici libri presi a casa a caso, dieci libri da mettere in ordine, da sfogliare, ricordare, leggere, dimenticare e poi riordinare un giorno di nuovo. Il primo uomo di Albert Camus, una guida dell’India, Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino, Giù in fondo di Leonora Carrington, Il fattore della verità di Jacques Derrida, Journal di Matilde Manzoni, il volume Teatro di Harold Pinter, La favola pitagorica di Giorgio Manganelli, Una scrittura femminile azzurro pallido di Franz Werfel, È quel che è di Erich Fried, Non dire notte di Amos Oz, Venezia viaggi d’autore con varie citazioni in copertina fra cui una da Fondamenta degli incurabili di Iosif Brodskij: Non c’è miglior fondale per un’estasi, per una passione che sfuma…
martedì 7 luglio 2009
eccomi
...fra lunghe finestre piegato in quattro cercando voci estranee alla mia ma non riconosco il tuo profilo stanco che avrei voluto incontrare. mi volto ancora senza motivo attraversando viali spogli e rumorosi che tu hai abbandonato da tempo ormai. ed è mattino e anche sera forse e non voglio più essere qua. trattenere il respiro sull'ultima vocale e poi scendere velocemente quella scala attraversando stanze vuote e piene, indifferentemente come assente, noncurante...
Written by Aldo Aliprandi
Written by Aldo Aliprandi
lunedì 6 luglio 2009
Distrazioni
La Sketch Gallery di Londra è un posto bizzarro e di lusso in Conduit Street, a due passi da Oxford Circus. Un raffinato ed eclettico intreccio di art déco, stili etnici, contaminazioni artistiche. Occupa quella che una volta era la maison di Christian Dior e oggi è del franco algerino Are Mazouz creatore del Momo. Al suo interno, oltre alla galleria d’arte, ci sono una discoteca, diversi ambienti per feste e esposizioni, tre ristoranti. Nella caffetteria i dolci sono esposti come fossero gioielli, i divani corrono sotto una Monna Lisa con la scritta Total, dal soffitto scendono dei lampadari sfera in vetro carta da zucchero, in un altro ambiente, in cui domina il rosso, le luci sono invece costruite come rami d’albero in acciaio e rame, fiori dappertutto, i gabinetti sono all’interno di uova in acciao laccato bianco Alla Sketch Gallery il lusso e la malizia vengono suggeriti dagli arredi e dalle invenzioni dei designer Marc Newson, Duchaufour-Lawrence, Gabhan O'Keefe.
Ma parliamo della mostra Distractions, anzi dell’installazione di Michael Nyman in un grande salotto con divani bianchi in pelle: lungo la parte alta delle pareti scorrono i video a immagine multipla realizzati dal compositore durante i suoi viaggi. Apre la serie Love Train, una geniale metafora dell’amore: Nyman inquadra una coppia di respingenti del treno che si avvicinano-baciano e che si allontanano-respingono sullo sfondo di una musica emozionante. Segue Tea Factory, sette minuti di riprese in una fabbrica di tè delle Azzorre punteggiati dal rumore incessante della macchina che vaglia le foglie della pianta. Cranial Mood Swings riprende delle immense gru che si muovono nel cielo di Berlino e che roteando sembrano insidiare l’altissima torre della televisione tedesca, in sottofondo uno swing suonato alla pianola in una birreria. In Ice Tango Nyman accosta a un tango le inquadrature delle persone che pattinano su una grande pista da pattinaggio ; l’idea nasce mentre Nyman sta provando con dei musicisti iraniani nella Schoenberg Saal di Vienna; attraverso i vetri vede tutte quelle persone scivolare romanticamente sul bianco. Metal Bangers è girato in Iran nel mercato di Isfahan dove i fabbri battono incessantemente sui recipienti di rame per decorarli e plasmarli, ai colpi degli artigiani il musicista alterna i battiti di un concerto per campane da lui eseguito nella cattedrale di Anton Bruckner a St. Florian in Austria vicino Linz. L’ultimo filmato si intitola Witness1, è in bianco e nero e mostra in dissolvenza le foto di zingari internati in un campo di concentramento nel sud della Francia durante la Seconda guerra mondiale, i volti appaiono tra ombra e luce sulla superficie bianca di una tenda illuminata dal sole all’Arles Photographic Festival. (Per "distrarsi" con i trailer di Nyman www.michaelnyman.com/film)
Prima di uscire chiedo qualche informazione su questo posto a David e a Natasha, che ogni tanto interrompono il discorso per accogliere la blasonata clientela. David dispensa battute e sorrisi a destra e a manca, è allampanato e ha i modi effeminati, è il classico cortigiano, Natasha invece è la classica bellezza del nord: bionda, occhi chiari, alta. “Have a nice day”, saluto e ringrazio per il caffè e proseguo verso Oxford Circus imbattendomi in una variopinta fioreria su due piani, esterno nero e la scritta “Liberty".
sabato 4 luglio 2009
giovedì 2 luglio 2009
L'arte di esistere
Il cinismo e lo scetticismo sono stati due modi di porre il problema dell'etica della verità. La loro fusione nel nichilismo mette in luce una questione essenziale per la cultura occidentale, che può essere formulata in questo modo: quando la verità è rimessa continuamente in discussione dallo stesso amore per la verità, qual è la forma di esistenza che meglio si accorda con questo continuo interrogarsi? Qual è la vita necessaria quando la verità non lo è più? Il vero principio del nichilismo non è: Dio non esiste , tutto è permesso. La sua formula è piuttosto una domanda: se devo confrontarmi con il pensiero che "niente è vero", come devo vivere? La difficoltà di definire il legame tra l'amore della verità e l'estetica dell'esistenza è al centro della cultura occidentale. Ma non mi preme tanto definire la storia della dottrina cinica, quanto quella dell'arte di esistere. In un Occidente che ha inventato tante verità diverse e che ha plasmato tante differenti arti di esistere, il cinismo serve a ricordarci che ben poca verità è indispensabile per chi voglia vivere veramente, e che ben poca vita è necessaria quando si tenga veramente alla verità.
(Michel Foucault, in Lettera internazionale n. 100)
(Michel Foucault, in Lettera internazionale n. 100)
La biblioteca delle idee
Calvino sostiene che i racconti sono idee archetipali - come una biblioteca lì pronta. Uno va e si prende una storia. Poi è possibile che arrivi un altro e prenda la stessa storia per sé.
A fishless desert
But none of these scars were fresh. They were as old as erosions in a fishless desert.
Ma nessuna di queste cicatrici era recente. Erano simili a rocce erose in un deserto senza pesci.
Ernest Hemingway, The Old Man and the Sea
Ma nessuna di queste cicatrici era recente. Erano simili a rocce erose in un deserto senza pesci.
Ernest Hemingway, The Old Man and the Sea
martedì 30 giugno 2009
Plagiario
Un cantore di storie è per natura un plagiario. Ogni cosa in cui si imbatte, ogni avvenimento, libro, romanzo, fatto della vita, persona, notizia di cronaca è un chicco di caffè che sarà pressato, macinato, mescolato a una punta di cardamono, insaporito con un pizzico di sale, caramellato con lo zucchero e servito sotto forma di racconto succulento.
Written by Rabih Alameddine
Written by Rabih Alameddine
Voglio l'America
Il titolo è bello, il libro un po' meno. Enrico Franceschini, in questo libro pubblicato per i tipi di Feltrinelli, ricorda i suoi primi anni da inviato a New York. Le difficoltà con l'inglese e quelle economiche, l'assunzione all'Espresso, la vita privilegiata del giornalista all'estero e le donne ... verso le quali il racconto ha diverse cadute di stile. Peccato, meglio leggersi qualche suo meno corrivo articolo da Londra.
lunedì 29 giugno 2009
La carte postale 3
Alla fine si può non capire del tutto che cosa la cartolina trasmette, anticipa, ripropone, cita, scrive di quello che uno voleva dire. E nel tragitto tra chi la spedisce e chi la riceve quanti la leggeranno?
(liberamente da La Carte Postale di Jacques Derrida)
(liberamente da La Carte Postale di Jacques Derrida)
domenica 28 giugno 2009
Destino
Questo si chiama destino: essere di fronte: nient'altro che questo continuo esser di fronte.
(Rainer Maria Rilke, Elegie Duinesi)
(Rainer Maria Rilke, Elegie Duinesi)
Eufemismi e reticenze
State in guardia quando sentite le parole lavoretto, bellino, caldino, freschino, difficiletto, momentino, doloretto, velocino. Non sono dei diminutivi, ma dei superlativi o dei peggiorativi mascherati, le figure retoriche sono l'eufemismo e la reticenza.
venerdì 26 giugno 2009
La mosca
Qual è il tuo scopo in filosofia? Indicare alla mosca la via d'uscita dalla trappola.
(L. Wittgenstein)
(L. Wittgenstein)
giovedì 25 giugno 2009
George Gray
Molte volte ho studiato
la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non è questa la mia destinazione
ma la mia vita.
Perchè l'amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;
l'ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia,
ma una vita senza senso è la tortura
dell'inquietudine e del vano desiderio-
è una barca che anela al mare eppure lo teme.
(Dall'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters
trad. Fernanda Pivano)
I have studied many times
The marble which was chiseled for me –
A boat with a furled sail at rest in harbour.
in truth it pictures not my destinations
But my life.
For love was offered me and I shrank from its disillusionment;
Sorrow knocked at my door, but I was afraid;
Ambition called to me, but I dreaded the chances.
Yet all the while I hungered for meaning in my life.
And now I know that must lift the sail
And catch the winds of destiny
Wherever they drive the boat.
To put meaning in one's life may end in madness,
But life without meaning is the torture
Of restlessness and vague desire –
It is a boat longing for the sea and yet afraid.
la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non è questa la mia destinazione
ma la mia vita.
Perchè l'amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;
l'ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia,
ma una vita senza senso è la tortura
dell'inquietudine e del vano desiderio-
è una barca che anela al mare eppure lo teme.
(Dall'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters
trad. Fernanda Pivano)
I have studied many times
The marble which was chiseled for me –
A boat with a furled sail at rest in harbour.
in truth it pictures not my destinations
But my life.
For love was offered me and I shrank from its disillusionment;
Sorrow knocked at my door, but I was afraid;
Ambition called to me, but I dreaded the chances.
Yet all the while I hungered for meaning in my life.
And now I know that must lift the sail
And catch the winds of destiny
Wherever they drive the boat.
To put meaning in one's life may end in madness,
But life without meaning is the torture
Of restlessness and vague desire –
It is a boat longing for the sea and yet afraid.
mercoledì 24 giugno 2009
Bahm!
Mi trovo per terra, sono cosciente, mi guardo intorno e vedo qualche casa e riconosco la mia città.
No, sono in piedi e allora cos’era quel rumore?
Guardo le altre persone e nessuno si è fermato, tutti corrono verso i programmi, gli impegni inderogabili e verso quel gioco per cui ogni cosa è importante. Forse lo è di più fermarsi, sedersi su una panchina ed osservare la vita e quello che ci sta attorno. Indubbiamente parlare con le persone, scambiarsi sensazioni. Forse è meglio scendere da questa giostra impazzita, forse non è possibile. Ma allora lo ho sentito solo io quel rumore sembrava una fucilata, ma anche un mezzo che cadeva pesantemente.
Sono agitato, non sono sereno e mi pare che lo sono stato anni fa, o chissà vivevo in una specie di coma vigile farmacologicamente indotto.
Mi guardo attorno e percepisco una solitudine che è propria dell’uomo, ma che diventa quasi straziante quando ce ne rendiamo conto. La mia solitudine sembra più grande di quella degli altri, la mia sensibilità me lo ricorda spesso.
L’assenza di coraggio è in lotta con il cuore, con la mente e con la carne.
Di lontano due persone anziane passeggiano lentamente e tra di loro un’aura di amicizia, di amore, di sostegno l’un l’altro. Mi commuove vedere una scena così dolce e mi voglio convincere, sempre da lontano, che la vita ha riservato loro anche difficoltà, ma senza scalfire il patto giurato e sottoscritto nella gioventù.
Non ho l’orologio, non ho il cellulare, sono leggero, ma lontano, troppo lontano dalla realtà.
...to be continued
Written by Lucas
No, sono in piedi e allora cos’era quel rumore?
Guardo le altre persone e nessuno si è fermato, tutti corrono verso i programmi, gli impegni inderogabili e verso quel gioco per cui ogni cosa è importante. Forse lo è di più fermarsi, sedersi su una panchina ed osservare la vita e quello che ci sta attorno. Indubbiamente parlare con le persone, scambiarsi sensazioni. Forse è meglio scendere da questa giostra impazzita, forse non è possibile. Ma allora lo ho sentito solo io quel rumore sembrava una fucilata, ma anche un mezzo che cadeva pesantemente.
Sono agitato, non sono sereno e mi pare che lo sono stato anni fa, o chissà vivevo in una specie di coma vigile farmacologicamente indotto.
Mi guardo attorno e percepisco una solitudine che è propria dell’uomo, ma che diventa quasi straziante quando ce ne rendiamo conto. La mia solitudine sembra più grande di quella degli altri, la mia sensibilità me lo ricorda spesso.
L’assenza di coraggio è in lotta con il cuore, con la mente e con la carne.
Di lontano due persone anziane passeggiano lentamente e tra di loro un’aura di amicizia, di amore, di sostegno l’un l’altro. Mi commuove vedere una scena così dolce e mi voglio convincere, sempre da lontano, che la vita ha riservato loro anche difficoltà, ma senza scalfire il patto giurato e sottoscritto nella gioventù.
Non ho l’orologio, non ho il cellulare, sono leggero, ma lontano, troppo lontano dalla realtà.
...to be continued
Written by Lucas
martedì 23 giugno 2009
giovedì 18 giugno 2009
La mano dell'altro
L'affermazione di Heidegger che Derrida trova particolarmente problematica è la seguente: "Le api, per esempio, hanno organi che possono afferrare ma non hanno la mano". Derrida ritiene che la mano di cui parla Heidegger non è una mano intesa in senso biologico, ma piuttosto il simbolo che distingue il genere umano dall'animale. Per Heidegger la mano incarna l'incontro con la diversità (alterità). L'etica della diversità è quella che esclude l'incontro con l'animale altro. La mano di Heidegger "raggiunge e porge, riceve e accoglie...si protende e riceve il proprio benvenuto nella mano dell'altro", ma questa mano dell'altro non può mai essere la mano di un animale perché per Heidegger gli animali non hanno mano.
(Riprendendo l'intervento di Luke Korzun Martin a Mindful of Otherness)
(Riprendendo l'intervento di Luke Korzun Martin a Mindful of Otherness)
martedì 16 giugno 2009
Mindful of Otherness
"Per rispondere alla domanda dell'opera letteraria come domanda dell'altro bisogna considerarla come un evento unico il cui senso è un richiamo, una sfida, un obbligo: capire quanto poco tu capisci me." (Derek Attridge)
"Ogni discorso etico basato sul riconscimento dell'altro dovrebbe essere puramente e semplicemente abbandonato". (Alain Badiou)
La concezione dell'etica come "responsabilità nei confronti dell'alterità" ha dominato la critica letteraria degli ultimi quarant'anni. Con questo tipo di approccio l'attenzione verso l'indeterminatezza del significato di un testo determina il rispetto verso quello che risulta non conosciuto dell'altra persona. Questa concezione etica è basata sulla categoria dell'altro , una categoria che comincia a essere trattata con una nuova forma di resistenza.
Voci importanti hanno cominciato a contestare "l'etica dell'alterità" in nome dell'etica basata su verità e identità universali. Una volta si affermava la dissoluzione della soggettività, oggi si sostiene la stabilità del soggetto. Una volta era di moda la "particolarità", oggi "l'universale" è la parola di moda. "L'impossibilità della verità" sta gradualmente scomparendo dietro a slogan-Verità.
Che ripercussione ha tutto questo per l'etica de letteraria? Che cosa sta prendendo il suo posto? Come cambierà il modo in cui leggiamo i testi letterari?
La conferenza cerca di capire come le recenti critiche all'alterità abbiano influenzato sia il leggere che lo scrivere di letteratura. Ascolteremo contributi riguardanti entrambi gli aspetti: quelli attenti all'alterità della letteratura nel senso "che cercano di proteggerla" e quelli che mostrano una "diffidenzialità" nei confronti dell'alterità (wariness of otherness). Alcuni temi sono davvero stimolanti: Rachel Bower dell’università di Cambridge parlerà dello “Scambio epistolare come attenzione verso l’alterità in Coetzee e John Berger, Catherine Humble della Goldsmiths interverrà su “Lo spazio etico dell’ospitalità in Raymond Carter”, Rok Bencin dell’Università di Nova Gorica: “Il punto di non ritorno: ridefinire l’universalità nella teoria letteraria francese contemporanea”, Sean Roberts Birkbeck: “Comprendere l’alterità in Beckett e Levinas, Michael O’ Brien dell’Università di Glasgow: “Le origini della narrativa sull’Aids e la riconcettualizzazione testuale dell’altro”, Luke Martin Korzun dell’Università di York: “Joyce, Derrida e l’etica dell’animale altro”, Edward Quipp dell’Università di Edinburgo: “”Ecfrasi ed etica nel Musée des beaux arts di Auden”.
Londra, 13 giugno 2009
lunedì 15 giugno 2009
And this long letter
And this long letter-I say it now-is a call into the night, into the north- west, for you to come back to me.
(da The Age of Iron di J.M Coetzee)
(da The Age of Iron di J.M Coetzee)
mercoledì 10 giugno 2009
Mr. Pamuk n.2
I capelli sale e pepe lunghi sulla fronte come un Bobtail, Pamuk questa mattina entra nella veneziana Ca' Dolfin sorridendo, accompagnato dall'immancabile Marco Ansaldo e dall suo traduttore Giampiero Bellingeri, quando comincia a parlare si capisce che questo incontro non ha niente a che vedere con quello che lo ha preceduto. Come Calvino e Borges (che insieme a Proust considera i suoi maestri) racconta che sta preparando le famose Norton Lectures per Harvard. Parlerà del romanzo, di questa forma d'arte popolare che ha tanto successo perché non è elitaria, è una struttura democratica, una forma di beginner culture non richiede conoscenze speciali come la filosofia, non richiede una fede come la religione, ma semplicemente richiede l'interesse del lettore per la sua vita e per quella degli altri. Parla del romanzo come una via che può condurre alla verità, che però non si trova mai, è un centro altro. Crede che lo scrittore non debba esprimere la sua idea della verità, ma essa emergerà da un racconto ricco di dettagli e dall'incontro due caratteri contrapposti, di due voci, che creando conflitto e cambiando suscitano interesse, due voci principali che si moltiplicano e possono diventare otto, docidici ... La mente del lettore è catturata da diversi aspetti, egli fantastica sul legame che esiste fra il racconto e la vita reale del lettore, si chiede se se quello che sta leggendo sia frutto d'invenzione o sia autobiografico, inoltre la sua mente è impegnata a visualizzare le immagini descritte, tant'è che Pamuk ha intenzione di dedicare una delle sue Norton Lectures alla pittura, alla visualizzazione del romanzo. Ma perché si legge? Si legge anche per scappare, per cercare un'altra vita, Pamuk ricorda Kierkegaard quando definisce felice l'uomo che sa vivere nel presente, chi vive non legge. Subito dopo parla dell'infelicità di Anna Karenina descritta nel viaggio in treno mentre tenta di evadere dalle sue preoccupazioni leggendo un libro, ma ogni volta che si accinge a proseguire nella storia una selva di pensieri le affollano la mente, Tolstoj procede nel suo romanzo descrivendo la donna che legge un romanzo e per Pamuk le parole, il romanzo, sia dalla parte dello scrittore che del lettore, sono un modo per trovare il nostro posto nel mondo.
lunedì 8 giugno 2009
La lavatrice
Ho sentito un parroco paragonare il sacramento della confessione a una lavatrice: l'una lava le macchie dell'anima, l'altra le magliette.
Mr. Pamuk n.1
Il premio Nobel per la letteratura entra a Ca’ Dolfin in una veneziana mattina di giugno. Pur essendo un Nobel, studenti e professori restano seduti al suo ingresso: sarà un nuovo modo di accogliere le persone importanti. Pamuk è alto e ha la faccia di un monello supponente. Parla un inglese veloce e quando può legge in turco alcune pagine di “Neve”. La sala ascolta in religioso silenzio mentre spiega che il romanzo è l’orchestrazione di diversi punti di vista, mentre glissa sulla questione del linguaggio o approfondisce quella dello scrittore implicito.
In “Altri colori” Pamuk scrive: "…Partiamo alla ricerca di quell’”altro” in grado di completarci: un viaggio verso ciò che sta più in profondità, in posizione più riposta e arretrata. Più centrale. In qualche luogo lontano lontano c’è la verità. Qualcuno ce l’ha detto, l’abbiamo sentito da qualche parte: noi ci incamminiamo a cercarla. La letteratura è il racconto di questo viaggio, almeno così penso”. Si potrebbe anche dire che la vita, forse, è questo viaggio, in ogni caso gli scrittori non dovrebbero mai tenere lezioni, perché sono molto meno interessanti dei loro libri.
In “Altri colori” Pamuk scrive: "…Partiamo alla ricerca di quell’”altro” in grado di completarci: un viaggio verso ciò che sta più in profondità, in posizione più riposta e arretrata. Più centrale. In qualche luogo lontano lontano c’è la verità. Qualcuno ce l’ha detto, l’abbiamo sentito da qualche parte: noi ci incamminiamo a cercarla. La letteratura è il racconto di questo viaggio, almeno così penso”. Si potrebbe anche dire che la vita, forse, è questo viaggio, in ogni caso gli scrittori non dovrebbero mai tenere lezioni, perché sono molto meno interessanti dei loro libri.
mercoledì 3 giugno 2009
martedì 2 giugno 2009
Pensieri veloci
...trattenere il respiro masticando pensieri veloci, troppo veloci, correre, scappare, negandosi alla propria urgenza, già verso l'infinito termine...poi improvvisamente sentire, essere costretti ad ascoltarsi, abbattuto l'argine di un improbabile pudore lasciarsi attraversare, spettatori di quel sÈ dimenticato, respirare affannosamente l'inaspettato affiorare del tutto, il suo farsi verbo.
Written by Aldo Aliprandi
Written by Aldo Aliprandi
Ti scrivo domani
Non mi sono ancora ripreso da questa catastrofe rivelatoria. Platone alle spalle di Socrate. Alle sue spalle lo è sempre stato, penso, ma non in questo modo. Io l'ho sempre saputo e anche loro, quei due, intendo dire, che coppia. Socrate volta la schiena a Platone che gli ha fatto scrivere qualsiasi cosa volesse pretendendo di riceverla da lui. Questa riproduzione è venduta qui come una cartolina postale, l'avrete notato, con lo spazio per i saluti e indirizzo.
Lo scrivere di Socrate, capite, su una cartolina. Io non so molto di più di quello che dice la didascalia: l'immagine è stata tratta da un fortune telling book: un libro di astrologia, di predizioni, il libro dei destini, del fato, della sorte, dell'incontro, della possibilità, non lo so, verificherò, ma mi piace questa idea.
Io volevo inviarla a te che sei davvero lontano. Come una sorta di novità, un'avventura, una possibilità contemporaneamente anodina, aneddotica e opprimente, la più antica e l'ultima. Quasi un messaggio personale, un segreto tra noi, il segreto della riproduzione. (...)
Quello che mi piace della cartoline è che anche se contenute in una busta esse sono fatte per circolare come una lettera aperta ma illeggibile.
Ti scrivo domani ma senza dubbio ancora una volta arriverò prima della mia lettera. In caso contrario, se non ti raggiungerò più, tu sai quello che sempre io ti chiedo, di dimenticare per conservarlo nell'amnesia.
(Da La Carte postale di Jacques Derrida)
Lo scrivere di Socrate, capite, su una cartolina. Io non so molto di più di quello che dice la didascalia: l'immagine è stata tratta da un fortune telling book: un libro di astrologia, di predizioni, il libro dei destini, del fato, della sorte, dell'incontro, della possibilità, non lo so, verificherò, ma mi piace questa idea.
Io volevo inviarla a te che sei davvero lontano. Come una sorta di novità, un'avventura, una possibilità contemporaneamente anodina, aneddotica e opprimente, la più antica e l'ultima. Quasi un messaggio personale, un segreto tra noi, il segreto della riproduzione. (...)
Quello che mi piace della cartoline è che anche se contenute in una busta esse sono fatte per circolare come una lettera aperta ma illeggibile.
Ti scrivo domani ma senza dubbio ancora una volta arriverò prima della mia lettera. In caso contrario, se non ti raggiungerò più, tu sai quello che sempre io ti chiedo, di dimenticare per conservarlo nell'amnesia.
(Da La Carte postale di Jacques Derrida)
lunedì 1 giugno 2009
Siamo tutti giornalisti?
Deontologia della professione e verità
Prologo
Cominciamo da un principio
L’albo dei giornalisti
L’etica del giornalista
L’Ordine dei giornalisti
Casi pratici
La Press Complaint Commission
La verità sostanziale dei fatti
PROLOGO
Qual è il primo dovere di un giornalista? Raccontare la verità, verrebbe spontaneo dire, ma appena si dice ciò si aprono davanti a noi una serie di problemi che hanno a che fare con il significato delle parole, con la loro definizione.
Innanzitutto quale verità e riguardo a che cosa? E quali le proprietà che portano a qualificare una persona con il nome di giornalista? Qual è il ruolo del giornalista? E perché ci sarebbe il bisogno di questa verità? È stato scritto che il cittadino ha un diritto all’informazione, ma la selezione delle notizie è effettuata da altri. In base a quali principi? Si parla di notizie di pubblico interesse, ma chi decide il pubblico interesse, chi lo definisce? E ancora: può il giornalista, che non è un libero professionista ma il dipendente di un’azienda, essere davvero libero, per esempio da esigenze di audience e di vendita, oppure dalla necessità di non dispiacere alle sue fonti, ai suoi informatori. Può essere davvero libero chi ha l’obbligo per contratto di riempire a mo’ di tappezzeria pagine e pagine di un quotidiano o di un periodico per fornire un buon supporto alle inserzioni pubblicitarie, oppure ore di un programma televisivo per attirare l’attenzione del pubblico “costretto” a sorbirsi le interruzioni pubblicitarie. E come si pone il giornalista nei confronti dei politici o dei gruppi che votano i finanziamenti all’editoria: 700 milioni ogni anno?.
E ancora che differenza c’è fra un signore di media cultura che decide di pubblicare delle notizie su un blog e il giornalista o il collaboratore di un quotidiano?
Il problema di definire una specificità professionale del giornalista è centrale per capire se la deontologia giornalistica è un insieme di principi che devono essere osservati da parte di tutti quelli che diffondono notizie siano essi o meno formalmente definiti giornalisti. Questo interrogativo ne contiene un altro. Ha senso parlare di deontologie specialistiche: giornalistica, forense, oppure la deontologia è una e regola per la vita e le attività dell’uomo che si interroga sul principio e sul significato della sua esistenza in relazione a determinati valori?
COMINCIAMO DA UN PRINCIPIO
L’articolo 21 della Costituzione stabilisce: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
All’interno di questa garanzia generale, la Costituzione nei pragrafi seguenti enuncia una serie di tutela per la stampa:
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
Naturalmente ci si potrebbe soffermare almeno su due punti. Sul secondo paragrafo che stabilisce: La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”, poiché non è stata ancora abrogata la legge del 20 febbraio 1948 che lo contraddice stabilendo “”Nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso la cancelleria del Tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi”.
E sulle parole “tutti” e l’avverbio “liberamente” del primo paragrafo, ma quello che interessa in questo momento è la ricerca delle proprietà peculiari del giornalista, delle sue competenze talmente specifiche da rendere necessaria un’etica dedicata alla sua professione. Questione che a sua volta rimanda a un interrogativo più generale, se cioè abbiano senso le cosiddette etiche professionali o, se invece, è l’uomo in quanto uomo che a confronto della sua vita deve o è bene che si ispiri a dei principi regolatori.
L’ALBO DEI GIORNALISTI
Custode dell’etica professionale dei giornalisti è oggi l’Ordine dei Giornalisti, il cui albo venne istituito da Mussolini nel 1928 con Decreto Regio n.384. All’epoca si stabilì che per esercitare la professione di giornalista nei periodici del regno è necessaria l’iscrizione nell’albo professionale: “Presso ogni sindacato regionale fascista è istituito l’albo”. “La tenuta dell’albo professionale e la disciplina degli iscritti sono esercitate dall’associazione sindacale a mezzo di un comitato composto da cinque membri”.
“Il comitato è chiamato a reprimere d’ufficio o su richiesta del pubblico ministero gli abusi e le mancanze che gli iscritti abbiano commesso nell’esercizio della professione” (abusi e mancanze che però non vengono definiti ndr)
Le sanzioni disciplinari elencate dal decreto sono l’avvertimento, la sospensione dall’esercizio delle professione per un tempo non maggiore di sei mesi, la cancellazione dall’albo che deve essere pronunciata nei confronti di chi abbia riportato una condanna alla reclusione o alla detenzione per un tempo superiore ai cinque ai cinque anni, di chi abbia svolto un’attività pubblica in contraddizione con gli interessi della nazione.
L’ETICA DEL GIORNALISTA
Sarà la legge 1963 3 febbraio 1963 a modificare la legge del 1928 introducendo l’istituzione dell’Ordine die Giornalisti e delle regole etiche.
L’articolo 2 stabilisce. “È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede.
Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori.
Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori”.
I doveri possono essere sintetizzati quindi come segue: dovere di rispettare la verità, dovere di rettifica che è collegato al primo, il dovere del segreto professionale (cioè un dovere di non dire la verità in relazione alla fonte che racconta la “verità” al giornalista, e un generico dovere di collaborazione e di promozione della fiducia dei lettori, che probabilmente si dovrebbe conquistare dicendo la verità.
L’articolo due nel corso degli anni è stato affiancato da una
una dozzina di codici etici:
- Codice di autoregolamentazione delle trasmissioni di commento degli avvenimenti sportivi Decreto del Ministero delle Comunicazioni 21 gennaio 2008 n. 36 (in G.U. 8 marzo, n. 58).
- Carta di Roma Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti.
- Informazione e malattia: "La Carta di Perugia" (Perugia 11 gennaio 1995)
- Carta Informazione e Pubblicità Protocollo d'intesa 14 aprile 1988
- Carta Informazioni e Sondaggi Protocollo d'intesa CNOG/ASSIRM 7 aprile 1995
- Carta dei doveri dell' informazione economica Decisione CNOG 28 marzo 2007 - Allegato: Testo Unico Finanza (Art.114 D.Lgs. n. 58/1998) e regolamento CONSOB n. 11971/1999 (Art. 69 octies)
- Minori Carta di Treviso (Documento CNOG-FNSI 5 ottobre 1990, testo aggiornato dal CNOG il 30 marzo 2006 con le osservazioni del Garante per la protezione dei dati personali con deliberazione n. 49/06);
- Vademecum ’95 (Documento CNOG-FNSI 25 novembre 1995);
- Codice di autoregolamentazione TV e minori (Decreto Ministero Comunicazioni 29 novembre 2002)
- Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell´attività giornalistica (Decisione CNOG 29 luglio 1998 )
- Allegato: Codice in materia di protezione dei dati personali (Titolo XII - Finalità giornalistiche e altre manifestazioni del pensiero – artt. 136-138)
- Carta dei doveri del giornalista Documento CNOG – FNSI 8 luglio 1993.
Una sorta di furor eticus, che forse ha a che fare anche con la ricerca dell’identità di una professione che oggi deve fare i conti con la concorrenza di qualsiasi persona che possegga un videotelefonino, una fotocamera, che gestisca un blog.
Sintetizzando, da questa congerie di documenti si possono desumere i seguenti doveri:
- di diffondere le notizie di pubblico interesse.
- di rispettare la verità sostanziale dei fatti
- di difendere il diritto all’informazione di tutti i cittadini
- di rettificare notizie inesatte
- di rispettare la persona, la sua vita privata, in particolare se di minore età, malata o disabile.
- di ricostruire in modo completo e non ingannevole l’avvenimento
- di rispettare il principio della presunzione d’innocenza
- di rispettare il segreto professionale, quando è richiesto dal carattere fiduciario della fonte
- di essere autonomo e di non accettare remunerazioni, incarichi o regali che possano influenzarlo
- di favorire il dialogo con gli organi di informazione
- di verificare l’attendibilità delle fonti
- di distinguere messaggio giornalistico dal messaggio pubblicitario e di non prestare la sua immagine a iniziative pubblicitarie
- di non scrivere di notizie finanziarie che lo possano avvantaggiare
L’ORDINE DEI GIORNALISTI
Custode dell’etica giornalistica è l’Ordine dei Giornalisti, sul quale si addensa da subito una domanda decisiva: Ha senso un’istituzione come l’Ordine dei Giornalisti che dovrebbe vigilare sulla condotta dei suoi iscritti? Infatti, per la contraddizion che nol consente, come fa un Ordine che è costituito da persone che lavorano nei giornali a prendere provvedimenti contro colleghi o direttori nei confronti dei quali non è terzo?
Ma andiamo con ordine. La legge del 1963 istituisce l’ordine dei giornalisti al quale appartengono i giornalisti professionisti e pubblicisti iscritti nei rispettivi albi.
L’iscrizione sia all’albo dei professionisti che dei pubblicisti è deliberata dal competente consiglio regionale.
Vediamo quali sono i requisiti
Per i pubblicisti è necessaria una collaborazione documentabile di due anni con una testata giornalistica, è sufficiente un articolo al mese.
Per i professionisti, invece, l’assunzione come praticante da parte di una testata giornalistica il cui direttore responsabile sia un giornalista professionista. In seguito, dopo un anno di pratica, il tirocinante sostiene la prova di idoneità professionale che consiste in una prova scritta e orale di tecnica e pratica del giornalismo, integrata dalla conoscenza delle norme giuridiche che hanno attinenza con la materia del giornalismo.
La commissione esaminatrice è composta da 5 membri di cui cinque sono nominati dall’Ordine nazionale fra i giornalisti professionisti iscritti da non meno di 10 anni e gli altri due sono nominati dal presidente della Corte d’Appello di Roma, scelti l’uno fra i magistrati di Tribunale e l’altro tra i magistrati di Appello, quest’ultimo assume le funzioni di presidente della Commissione d’esame.
Ma la comptenza che qui ci interessa è quella di
“adottare i provvedimenti disciplinari e di vigilare sulla condotta e sul decoro degli iscritti. Un compito che l’Ordine attua decidendo le stesse sanzioni disciplinari in vigore nel 1928:
- L’avvertimento che viene comminato “nei casi di abusi o mancanze di lieve entità”; la censura, applicata “nei casi di abusi o mancanze di grave entità”;
- La sopensione dall’esercizio della professione da un minimo di due mesi a un massimo di un anno, quando la condotta del giornalista abbia “compromesso la dignità professionale”;
- La radiazione, che origina da un comportamento che abbia “gravemente compromesso la dignità professionale”.
Avverso le delibere disciplinari dell’Ordine regionale è ammesso ricordo all’ordine nazionale. Contro le decisioni del Consiglio Nazionale l’art. 63 L. n. 69/1963 consente al giornalista di percorrere l’iter di fronte all’autorità giudiziaria ordinaria (Tribunale, Corte d’Appello, Corte di Cassazione).
CASI PRATICI
- Renato Farina ex vicedirettore di Libero e ora parlamentare è stato radiato dall’Ordine dei Giornalisti perché nelle indagini sul rapimento di Abu Omar emerse che Farina fu arruolato nel Sismi con il nome in codice di ‘Betulla’ e veniva pagato per spiare colleghi e pubblici ministeri.
- Vittorio Feltri, direttore di "Libero", è stato radiato dall’Ordine di Milano per aver pubblicato sul suo quotidiano foto tratte da siti pedofili.
- Pippo Baudo e Mike Bongiorno sono stati radiati dai rispettivi ordini perché svolgevano attività pubblicitarie.
In realtà questi casi eclatanti dimostrano solo la perfetta inutilità della sanzione irrogata dall’Ordine e l’ inutilità dell’esser iscritti all’Ordine, in quanto Feltri ed altri esercitano tranquillamente la professione senza che l’Ordine possa alcunché. Così come la può esercitare in qualsiasi momento qualsiasi persona aprendo un blog in Internet, realizzando un video, tenendo un comizio, partecipando a una trasmissione televisiva, mettendo in pratica l’articolo 21 della Costituzione .
C’è di più. Il ricorso del giornalista Mario Rossi, che è stato estromesso dalla collaborazione con il suo giornale per far posto ad una collega raccomandata, è stato invece archiviato perché l’Ordine, che avrebbe dovuto prendere provvedimenti contro i colleghi che siedono nella redazione del giornale implicato nella vicenda, ha preferito soprassedere.
A questo punto che ragione ha di esistere l’Ordine dei Giornalisti?Ma se non ha ragione di esitere l’Ordine dei giornalisti, non ha neppure ragione d’essere un’etica specifica, poiché come possiamo constatare, la capacità di raccontare un fatto appartiene o non appartiene ad ognuno al di là della circostanza che egli sia qualificato come giornalista da un ente. Questo però non significa che chi racconta un fatto sia svincolato dal rispetto delle leggi, che sono emanate secondo dei principi etici condivisi. L’etica è qualcosa di individuale, essa non può esser imposta, è una scelta interiore dell’uomo che agisce per evitare il male. Mi accorgo però quanto sia difficile definire un fare etico, sembra che esso possa essere definito solo in presenza di un danno, ma ciò che è danno per alcuni per altri può essere vantaggioso e utile, anzi obbedire ad un imperativo etico, quello di dire la verità. Per cui il danno da solo non basta a definire non etica un’azione.
Penso al caso molto concreto che a riguardato un presidente del consiglio ospite alla festa di compleanno di una diciottenne. Una vicenda su cui a prima vista non ci dovrebbero essere dubbi.
Non è etico che un umo di governo, che è anche un uomo sposato, intrattenga rapporti amichevoli con una diciottenne. Ma al tempo stesso è etico rispettare la vita privata di una persona, in questo caso quello della diciottenne e della sua famiglia. Sembrerebbe etico rispettare la verità sostanziale dei fatti. Non è etico molestare con domande insistenti una diciottenne, né usare le sue foto per suscitare facili curiosità. Quando parlo di fatto in sé naturalmente non so bene di cosa parlo, intendo dire il fatto circoscritto, ma ogni fatto è seguito e preceduto da altri, quindi anche parlare di fatto in sé risulta difficile.
LA PRESS COMPLAINT COMMISSION
In altri paesi, l’America e l’Inghilterra per esempio, non esiste l’Ordine dei Giornalisti, chiunque, a patto che gli sia riconosciuta questa capacità dalla redazione può svolgere l’attività giornalistica. Ciò non significa che non vi sia un codice etico da rispettare. In Inghilterra su di esso vigila la Press Complaint Commission, un organo formato e sostenuto dai rappresentanti dei più diffusi organi d’informazione. La Commision, è bene specificarlo, non ha poteri effettivi, esercita solo un potere di monito.
È inoltre interessante notare che le norme inglesi sembrano porre l’accento più che sulla verità e sulla libertà d’informazione, sul rispetto delle persone. Il codice della Complaint Commission stabilisce in sintesi un dovere di:
- precisione
- distinguere tra commento, congettura, fatto,
- di ospitare le repliche
- di rispettare la privacy
- di non molestare le persone con richieste insistenti
- di non identificare i bambini, le vittime di violenza sessuale, persone collegate ai protagonisti di fatti criminali
- di non usare inganni o sotterfugi (come microspie, telecamere nascoste…)
- di non fare discriminazioni
- di non usare per proprio vantaggio informazioni finan
ziarie
- di proteggere le fonti delle informazioni
- di non pagare i testimoni dei processi penali né ai criminali.
Solo in relazione al pubblico interesse il codice della PCC può essere violato e per pubblico interesse si intende proteggere la salute pubblica, la sicurezza, la buona fede dei cittadini, un pubblico interesse che non basta invocare ma che deve essere valutato dalla Complaint Commission
LA VERITA’ SOSTANZIALE DEI FATTI
Tra gli imperativi etici stabiliti per legge a carico dei giornalisti il più problematico è il seguente: “È loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”.
Innanzitutto viene da chiedersi se questo obbligo non dovrebbe essere l’obbligo di ogni uomo che vive in un consorzio civile. Ma chiunque ha pratica della vita sa nello stesso tempo che la verità non sempre produce il bene, né essa è dicibile, nel senso che ognuno di noi si è confrontato con l’insufficienza descrittiva delle parole rispetto alla molteplicità e alla profondità del reale.
Ma quali sono le cartteristiche del fatto-notizia? La regola trita e ritrita, che purtroppo alcuni ancora ripetono è che “Un cane che morde un uomo non fa notizia, un uomo che morde un cane sì”. Si sa che anche i morsi dei cani in cronaca locale fanno notizia eccome. Il luogo comune però resiste ed è un indizio della tendenza giornalistica a premiare l’insolito, tendenza che innesca a sua volta un processo di ideazione e fabbricazione di eventi insoliti. Anche perché c’è un pubblico da conquistare, un giornale che non vende, un tg senza telespettatori è destinato a chiudere.
Ci sono dei criteri di valutazione che vengono indicati dai giornalisti per stabilire quando un fatto diventi notizia, essi sono
- per la sua singolarità e novità intrinseca;
- per le conseguenze che può avere sulla vita della gente o che potrebbe se si ripetesse;
-per le sue eventuali possibilità di sviluppo
- per la vicinanza alla zona di diffusione del medium;
- per le reazioni emotive che può causare.
Va specificato che nella categoria di fatto rientrano: le azioni e le omissioni, le dichiarazioni, le previsioni, i commenti, le pubblicazioni e le analisi, le osservazioni e le indagini del giornalista.
La notizia, per usare l’aggettivazione di un collega, è un’entità fluida e mutevole. Lo stesso fatto può esser considerato notizia da una testata e non da un’altra, lo stesso fatto può essere giudicato in modo diverso dalle varie redazioni del giornale (cultura, cronaca, economia), lo stesso fatto può essere “degradato” nel giro di poche ore in relazione ad altri avvenimenti giudicati più importanti e accaduti nell’arco di tempo che precede la pubblicazione.
Per dirla con Cavallari: “il trattamento (di trasformazione di un fatto in notizia) è un rapporto tra il processo unitario durante il quale l’informazione e la sua utilizzazione diventano inseparabili e la diversità dei fini perseguiti da ogni giornale”. Uno stesso fatto sarà diversamente raccontato nelle pagine dell’economia invece che in quelle della cronaca, sarà ancora diversamente raccontato nelle stesse pagine di giornali diversi come il Corriere, La Repubblica, Libero o il Manifesto.
Ma quel che fa riflettere è che dei criteri elencati, di gran lunga il più applicato, e praticato attraverso l’invenzione o la deformazione dei fatti, è il primo per catturare l’audience dei lettori, quindi del mercato.
“La verità sostanziale dei fatti” ha da tempo ceduto il passo allo storytelling, al raccontare una storia nel modo più appetibile per il proprio pubblico di riferimento. Il fatto-notizia è cioè pensato, elaborato, “cucinato” per essere merce appetibile dentro alla quale la verità può anche non esserci più, l’importante è attirare l’attenzione, vendere copie, catturare ascoltatori. L’inventario della realtà, per dirla con le parole di Cavallari, diventa così l’invenzione della realtà, un mondo fantastico in cui l’etica non ha più ragione di esistere.
Certo non si può dire che contribuiscano al rispetto della verità sostanziale dei fatti non verità, mistificazioni, artifici, inganni come:
-gli pseudoeventi, cioè tutte quelle feste, gare, spettacoli, organizzati solo per stupire
- le locandine “gridate sui minori”
- le intercettazioni che violano la privacy di persone non indagate
- gli abusi di potere alla Santoro che ingaggia una comica per deridere una giornalista che aveva osato criticarlo
- l’uso dell’immagine di Eluana Englaro giovane e sorridente
- le immagini truculente die un lager per disabili in Sudan pubblicate in prima pagina
- gli speciali su Cogne e Garlasco
-le foto di minori=
- le foto delle bare ai funerali
- l’uso del corpo della donna
- le interruzioni pubblicitarie nei programmi cosiddetti giornalistici
- La pubblicità, il lancio di programmi nei tg
- la pubblicità di cui è infarcito il giornalismo sportivo (ma non deve esserci una netta distinzione tra pubblicità e giornalismo)
- i titoli forzati che piegano la verità sostanziale dei fatti alle esigenze di uan retorica meramente estetica
- le notizie inventate su animali feroci, ufo, gossip, veggenti, miracoli?
Allora torna un interrogativo cruciale: Quid est veritas? Possiamo ancora invocare in nostro aiuto le definzioni di verità per corrispondenza, di una possibile verità per coerenza? Potessimo farlo, constateremmo l’insufficienza delle parole, delle loro definizioni, il loro limite, la loro differente comprensione a seconda di chi ci ascolta. Eppure misteriosamente abbiamo la sensazione di capire. In qualche modo sentiamo di cogliere il vero anche nell’articolo che sappiamo montato ad arte e nel malinteso, nella finzione del teatro nei sogni dei poeti. Crediamo di comprendere meglio la realtà ogni volta che qualcuno ci racconta un fatto, sia esso un giornalista, un romanziere, un attore, un prete, un amico, un filosofo. Ma non un fatto qualsiasi, un fatto attraverso il quale riconosciamo nell’altro una parte di noi: il suo essere nelle contraddizioni dell’esistenza.
Prologo
Cominciamo da un principio
L’albo dei giornalisti
L’etica del giornalista
L’Ordine dei giornalisti
Casi pratici
La Press Complaint Commission
La verità sostanziale dei fatti
PROLOGO
Qual è il primo dovere di un giornalista? Raccontare la verità, verrebbe spontaneo dire, ma appena si dice ciò si aprono davanti a noi una serie di problemi che hanno a che fare con il significato delle parole, con la loro definizione.
Innanzitutto quale verità e riguardo a che cosa? E quali le proprietà che portano a qualificare una persona con il nome di giornalista? Qual è il ruolo del giornalista? E perché ci sarebbe il bisogno di questa verità? È stato scritto che il cittadino ha un diritto all’informazione, ma la selezione delle notizie è effettuata da altri. In base a quali principi? Si parla di notizie di pubblico interesse, ma chi decide il pubblico interesse, chi lo definisce? E ancora: può il giornalista, che non è un libero professionista ma il dipendente di un’azienda, essere davvero libero, per esempio da esigenze di audience e di vendita, oppure dalla necessità di non dispiacere alle sue fonti, ai suoi informatori. Può essere davvero libero chi ha l’obbligo per contratto di riempire a mo’ di tappezzeria pagine e pagine di un quotidiano o di un periodico per fornire un buon supporto alle inserzioni pubblicitarie, oppure ore di un programma televisivo per attirare l’attenzione del pubblico “costretto” a sorbirsi le interruzioni pubblicitarie. E come si pone il giornalista nei confronti dei politici o dei gruppi che votano i finanziamenti all’editoria: 700 milioni ogni anno?.
E ancora che differenza c’è fra un signore di media cultura che decide di pubblicare delle notizie su un blog e il giornalista o il collaboratore di un quotidiano?
Il problema di definire una specificità professionale del giornalista è centrale per capire se la deontologia giornalistica è un insieme di principi che devono essere osservati da parte di tutti quelli che diffondono notizie siano essi o meno formalmente definiti giornalisti. Questo interrogativo ne contiene un altro. Ha senso parlare di deontologie specialistiche: giornalistica, forense, oppure la deontologia è una e regola per la vita e le attività dell’uomo che si interroga sul principio e sul significato della sua esistenza in relazione a determinati valori?
COMINCIAMO DA UN PRINCIPIO
L’articolo 21 della Costituzione stabilisce: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
All’interno di questa garanzia generale, la Costituzione nei pragrafi seguenti enuncia una serie di tutela per la stampa:
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
Naturalmente ci si potrebbe soffermare almeno su due punti. Sul secondo paragrafo che stabilisce: La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”, poiché non è stata ancora abrogata la legge del 20 febbraio 1948 che lo contraddice stabilendo “”Nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso la cancelleria del Tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi”.
E sulle parole “tutti” e l’avverbio “liberamente” del primo paragrafo, ma quello che interessa in questo momento è la ricerca delle proprietà peculiari del giornalista, delle sue competenze talmente specifiche da rendere necessaria un’etica dedicata alla sua professione. Questione che a sua volta rimanda a un interrogativo più generale, se cioè abbiano senso le cosiddette etiche professionali o, se invece, è l’uomo in quanto uomo che a confronto della sua vita deve o è bene che si ispiri a dei principi regolatori.
L’ALBO DEI GIORNALISTI
Custode dell’etica professionale dei giornalisti è oggi l’Ordine dei Giornalisti, il cui albo venne istituito da Mussolini nel 1928 con Decreto Regio n.384. All’epoca si stabilì che per esercitare la professione di giornalista nei periodici del regno è necessaria l’iscrizione nell’albo professionale: “Presso ogni sindacato regionale fascista è istituito l’albo”. “La tenuta dell’albo professionale e la disciplina degli iscritti sono esercitate dall’associazione sindacale a mezzo di un comitato composto da cinque membri”.
“Il comitato è chiamato a reprimere d’ufficio o su richiesta del pubblico ministero gli abusi e le mancanze che gli iscritti abbiano commesso nell’esercizio della professione” (abusi e mancanze che però non vengono definiti ndr)
Le sanzioni disciplinari elencate dal decreto sono l’avvertimento, la sospensione dall’esercizio delle professione per un tempo non maggiore di sei mesi, la cancellazione dall’albo che deve essere pronunciata nei confronti di chi abbia riportato una condanna alla reclusione o alla detenzione per un tempo superiore ai cinque ai cinque anni, di chi abbia svolto un’attività pubblica in contraddizione con gli interessi della nazione.
L’ETICA DEL GIORNALISTA
Sarà la legge 1963 3 febbraio 1963 a modificare la legge del 1928 introducendo l’istituzione dell’Ordine die Giornalisti e delle regole etiche.
L’articolo 2 stabilisce. “È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede.
Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori.
Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori”.
I doveri possono essere sintetizzati quindi come segue: dovere di rispettare la verità, dovere di rettifica che è collegato al primo, il dovere del segreto professionale (cioè un dovere di non dire la verità in relazione alla fonte che racconta la “verità” al giornalista, e un generico dovere di collaborazione e di promozione della fiducia dei lettori, che probabilmente si dovrebbe conquistare dicendo la verità.
L’articolo due nel corso degli anni è stato affiancato da una
una dozzina di codici etici:
- Codice di autoregolamentazione delle trasmissioni di commento degli avvenimenti sportivi Decreto del Ministero delle Comunicazioni 21 gennaio 2008 n. 36 (in G.U. 8 marzo, n. 58).
- Carta di Roma Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti.
- Informazione e malattia: "La Carta di Perugia" (Perugia 11 gennaio 1995)
- Carta Informazione e Pubblicità Protocollo d'intesa 14 aprile 1988
- Carta Informazioni e Sondaggi Protocollo d'intesa CNOG/ASSIRM 7 aprile 1995
- Carta dei doveri dell' informazione economica Decisione CNOG 28 marzo 2007 - Allegato: Testo Unico Finanza (Art.114 D.Lgs. n. 58/1998) e regolamento CONSOB n. 11971/1999 (Art. 69 octies)
- Minori Carta di Treviso (Documento CNOG-FNSI 5 ottobre 1990, testo aggiornato dal CNOG il 30 marzo 2006 con le osservazioni del Garante per la protezione dei dati personali con deliberazione n. 49/06);
- Vademecum ’95 (Documento CNOG-FNSI 25 novembre 1995);
- Codice di autoregolamentazione TV e minori (Decreto Ministero Comunicazioni 29 novembre 2002)
- Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell´attività giornalistica (Decisione CNOG 29 luglio 1998 )
- Allegato: Codice in materia di protezione dei dati personali (Titolo XII - Finalità giornalistiche e altre manifestazioni del pensiero – artt. 136-138)
- Carta dei doveri del giornalista Documento CNOG – FNSI 8 luglio 1993.
Una sorta di furor eticus, che forse ha a che fare anche con la ricerca dell’identità di una professione che oggi deve fare i conti con la concorrenza di qualsiasi persona che possegga un videotelefonino, una fotocamera, che gestisca un blog.
Sintetizzando, da questa congerie di documenti si possono desumere i seguenti doveri:
- di diffondere le notizie di pubblico interesse.
- di rispettare la verità sostanziale dei fatti
- di difendere il diritto all’informazione di tutti i cittadini
- di rettificare notizie inesatte
- di rispettare la persona, la sua vita privata, in particolare se di minore età, malata o disabile.
- di ricostruire in modo completo e non ingannevole l’avvenimento
- di rispettare il principio della presunzione d’innocenza
- di rispettare il segreto professionale, quando è richiesto dal carattere fiduciario della fonte
- di essere autonomo e di non accettare remunerazioni, incarichi o regali che possano influenzarlo
- di favorire il dialogo con gli organi di informazione
- di verificare l’attendibilità delle fonti
- di distinguere messaggio giornalistico dal messaggio pubblicitario e di non prestare la sua immagine a iniziative pubblicitarie
- di non scrivere di notizie finanziarie che lo possano avvantaggiare
L’ORDINE DEI GIORNALISTI
Custode dell’etica giornalistica è l’Ordine dei Giornalisti, sul quale si addensa da subito una domanda decisiva: Ha senso un’istituzione come l’Ordine dei Giornalisti che dovrebbe vigilare sulla condotta dei suoi iscritti? Infatti, per la contraddizion che nol consente, come fa un Ordine che è costituito da persone che lavorano nei giornali a prendere provvedimenti contro colleghi o direttori nei confronti dei quali non è terzo?
Ma andiamo con ordine. La legge del 1963 istituisce l’ordine dei giornalisti al quale appartengono i giornalisti professionisti e pubblicisti iscritti nei rispettivi albi.
L’iscrizione sia all’albo dei professionisti che dei pubblicisti è deliberata dal competente consiglio regionale.
Vediamo quali sono i requisiti
Per i pubblicisti è necessaria una collaborazione documentabile di due anni con una testata giornalistica, è sufficiente un articolo al mese.
Per i professionisti, invece, l’assunzione come praticante da parte di una testata giornalistica il cui direttore responsabile sia un giornalista professionista. In seguito, dopo un anno di pratica, il tirocinante sostiene la prova di idoneità professionale che consiste in una prova scritta e orale di tecnica e pratica del giornalismo, integrata dalla conoscenza delle norme giuridiche che hanno attinenza con la materia del giornalismo.
La commissione esaminatrice è composta da 5 membri di cui cinque sono nominati dall’Ordine nazionale fra i giornalisti professionisti iscritti da non meno di 10 anni e gli altri due sono nominati dal presidente della Corte d’Appello di Roma, scelti l’uno fra i magistrati di Tribunale e l’altro tra i magistrati di Appello, quest’ultimo assume le funzioni di presidente della Commissione d’esame.
Ma la comptenza che qui ci interessa è quella di
“adottare i provvedimenti disciplinari e di vigilare sulla condotta e sul decoro degli iscritti. Un compito che l’Ordine attua decidendo le stesse sanzioni disciplinari in vigore nel 1928:
- L’avvertimento che viene comminato “nei casi di abusi o mancanze di lieve entità”; la censura, applicata “nei casi di abusi o mancanze di grave entità”;
- La sopensione dall’esercizio della professione da un minimo di due mesi a un massimo di un anno, quando la condotta del giornalista abbia “compromesso la dignità professionale”;
- La radiazione, che origina da un comportamento che abbia “gravemente compromesso la dignità professionale”.
Avverso le delibere disciplinari dell’Ordine regionale è ammesso ricordo all’ordine nazionale. Contro le decisioni del Consiglio Nazionale l’art. 63 L. n. 69/1963 consente al giornalista di percorrere l’iter di fronte all’autorità giudiziaria ordinaria (Tribunale, Corte d’Appello, Corte di Cassazione).
CASI PRATICI
- Renato Farina ex vicedirettore di Libero e ora parlamentare è stato radiato dall’Ordine dei Giornalisti perché nelle indagini sul rapimento di Abu Omar emerse che Farina fu arruolato nel Sismi con il nome in codice di ‘Betulla’ e veniva pagato per spiare colleghi e pubblici ministeri.
- Vittorio Feltri, direttore di "Libero", è stato radiato dall’Ordine di Milano per aver pubblicato sul suo quotidiano foto tratte da siti pedofili.
- Pippo Baudo e Mike Bongiorno sono stati radiati dai rispettivi ordini perché svolgevano attività pubblicitarie.
In realtà questi casi eclatanti dimostrano solo la perfetta inutilità della sanzione irrogata dall’Ordine e l’ inutilità dell’esser iscritti all’Ordine, in quanto Feltri ed altri esercitano tranquillamente la professione senza che l’Ordine possa alcunché. Così come la può esercitare in qualsiasi momento qualsiasi persona aprendo un blog in Internet, realizzando un video, tenendo un comizio, partecipando a una trasmissione televisiva, mettendo in pratica l’articolo 21 della Costituzione .
C’è di più. Il ricorso del giornalista Mario Rossi, che è stato estromesso dalla collaborazione con il suo giornale per far posto ad una collega raccomandata, è stato invece archiviato perché l’Ordine, che avrebbe dovuto prendere provvedimenti contro i colleghi che siedono nella redazione del giornale implicato nella vicenda, ha preferito soprassedere.
A questo punto che ragione ha di esistere l’Ordine dei Giornalisti?Ma se non ha ragione di esitere l’Ordine dei giornalisti, non ha neppure ragione d’essere un’etica specifica, poiché come possiamo constatare, la capacità di raccontare un fatto appartiene o non appartiene ad ognuno al di là della circostanza che egli sia qualificato come giornalista da un ente. Questo però non significa che chi racconta un fatto sia svincolato dal rispetto delle leggi, che sono emanate secondo dei principi etici condivisi. L’etica è qualcosa di individuale, essa non può esser imposta, è una scelta interiore dell’uomo che agisce per evitare il male. Mi accorgo però quanto sia difficile definire un fare etico, sembra che esso possa essere definito solo in presenza di un danno, ma ciò che è danno per alcuni per altri può essere vantaggioso e utile, anzi obbedire ad un imperativo etico, quello di dire la verità. Per cui il danno da solo non basta a definire non etica un’azione.
Penso al caso molto concreto che a riguardato un presidente del consiglio ospite alla festa di compleanno di una diciottenne. Una vicenda su cui a prima vista non ci dovrebbero essere dubbi.
Non è etico che un umo di governo, che è anche un uomo sposato, intrattenga rapporti amichevoli con una diciottenne. Ma al tempo stesso è etico rispettare la vita privata di una persona, in questo caso quello della diciottenne e della sua famiglia. Sembrerebbe etico rispettare la verità sostanziale dei fatti. Non è etico molestare con domande insistenti una diciottenne, né usare le sue foto per suscitare facili curiosità. Quando parlo di fatto in sé naturalmente non so bene di cosa parlo, intendo dire il fatto circoscritto, ma ogni fatto è seguito e preceduto da altri, quindi anche parlare di fatto in sé risulta difficile.
LA PRESS COMPLAINT COMMISSION
In altri paesi, l’America e l’Inghilterra per esempio, non esiste l’Ordine dei Giornalisti, chiunque, a patto che gli sia riconosciuta questa capacità dalla redazione può svolgere l’attività giornalistica. Ciò non significa che non vi sia un codice etico da rispettare. In Inghilterra su di esso vigila la Press Complaint Commission, un organo formato e sostenuto dai rappresentanti dei più diffusi organi d’informazione. La Commision, è bene specificarlo, non ha poteri effettivi, esercita solo un potere di monito.
È inoltre interessante notare che le norme inglesi sembrano porre l’accento più che sulla verità e sulla libertà d’informazione, sul rispetto delle persone. Il codice della Complaint Commission stabilisce in sintesi un dovere di:
- precisione
- distinguere tra commento, congettura, fatto,
- di ospitare le repliche
- di rispettare la privacy
- di non molestare le persone con richieste insistenti
- di non identificare i bambini, le vittime di violenza sessuale, persone collegate ai protagonisti di fatti criminali
- di non usare inganni o sotterfugi (come microspie, telecamere nascoste…)
- di non fare discriminazioni
- di non usare per proprio vantaggio informazioni finan
ziarie
- di proteggere le fonti delle informazioni
- di non pagare i testimoni dei processi penali né ai criminali.
Solo in relazione al pubblico interesse il codice della PCC può essere violato e per pubblico interesse si intende proteggere la salute pubblica, la sicurezza, la buona fede dei cittadini, un pubblico interesse che non basta invocare ma che deve essere valutato dalla Complaint Commission
LA VERITA’ SOSTANZIALE DEI FATTI
Tra gli imperativi etici stabiliti per legge a carico dei giornalisti il più problematico è il seguente: “È loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”.
Innanzitutto viene da chiedersi se questo obbligo non dovrebbe essere l’obbligo di ogni uomo che vive in un consorzio civile. Ma chiunque ha pratica della vita sa nello stesso tempo che la verità non sempre produce il bene, né essa è dicibile, nel senso che ognuno di noi si è confrontato con l’insufficienza descrittiva delle parole rispetto alla molteplicità e alla profondità del reale.
Ma quali sono le cartteristiche del fatto-notizia? La regola trita e ritrita, che purtroppo alcuni ancora ripetono è che “Un cane che morde un uomo non fa notizia, un uomo che morde un cane sì”. Si sa che anche i morsi dei cani in cronaca locale fanno notizia eccome. Il luogo comune però resiste ed è un indizio della tendenza giornalistica a premiare l’insolito, tendenza che innesca a sua volta un processo di ideazione e fabbricazione di eventi insoliti. Anche perché c’è un pubblico da conquistare, un giornale che non vende, un tg senza telespettatori è destinato a chiudere.
Ci sono dei criteri di valutazione che vengono indicati dai giornalisti per stabilire quando un fatto diventi notizia, essi sono
- per la sua singolarità e novità intrinseca;
- per le conseguenze che può avere sulla vita della gente o che potrebbe se si ripetesse;
-per le sue eventuali possibilità di sviluppo
- per la vicinanza alla zona di diffusione del medium;
- per le reazioni emotive che può causare.
Va specificato che nella categoria di fatto rientrano: le azioni e le omissioni, le dichiarazioni, le previsioni, i commenti, le pubblicazioni e le analisi, le osservazioni e le indagini del giornalista.
La notizia, per usare l’aggettivazione di un collega, è un’entità fluida e mutevole. Lo stesso fatto può esser considerato notizia da una testata e non da un’altra, lo stesso fatto può essere giudicato in modo diverso dalle varie redazioni del giornale (cultura, cronaca, economia), lo stesso fatto può essere “degradato” nel giro di poche ore in relazione ad altri avvenimenti giudicati più importanti e accaduti nell’arco di tempo che precede la pubblicazione.
Per dirla con Cavallari: “il trattamento (di trasformazione di un fatto in notizia) è un rapporto tra il processo unitario durante il quale l’informazione e la sua utilizzazione diventano inseparabili e la diversità dei fini perseguiti da ogni giornale”. Uno stesso fatto sarà diversamente raccontato nelle pagine dell’economia invece che in quelle della cronaca, sarà ancora diversamente raccontato nelle stesse pagine di giornali diversi come il Corriere, La Repubblica, Libero o il Manifesto.
Ma quel che fa riflettere è che dei criteri elencati, di gran lunga il più applicato, e praticato attraverso l’invenzione o la deformazione dei fatti, è il primo per catturare l’audience dei lettori, quindi del mercato.
“La verità sostanziale dei fatti” ha da tempo ceduto il passo allo storytelling, al raccontare una storia nel modo più appetibile per il proprio pubblico di riferimento. Il fatto-notizia è cioè pensato, elaborato, “cucinato” per essere merce appetibile dentro alla quale la verità può anche non esserci più, l’importante è attirare l’attenzione, vendere copie, catturare ascoltatori. L’inventario della realtà, per dirla con le parole di Cavallari, diventa così l’invenzione della realtà, un mondo fantastico in cui l’etica non ha più ragione di esistere.
Certo non si può dire che contribuiscano al rispetto della verità sostanziale dei fatti non verità, mistificazioni, artifici, inganni come:
-gli pseudoeventi, cioè tutte quelle feste, gare, spettacoli, organizzati solo per stupire
- le locandine “gridate sui minori”
- le intercettazioni che violano la privacy di persone non indagate
- gli abusi di potere alla Santoro che ingaggia una comica per deridere una giornalista che aveva osato criticarlo
- l’uso dell’immagine di Eluana Englaro giovane e sorridente
- le immagini truculente die un lager per disabili in Sudan pubblicate in prima pagina
- gli speciali su Cogne e Garlasco
-le foto di minori=
- le foto delle bare ai funerali
- l’uso del corpo della donna
- le interruzioni pubblicitarie nei programmi cosiddetti giornalistici
- La pubblicità, il lancio di programmi nei tg
- la pubblicità di cui è infarcito il giornalismo sportivo (ma non deve esserci una netta distinzione tra pubblicità e giornalismo)
- i titoli forzati che piegano la verità sostanziale dei fatti alle esigenze di uan retorica meramente estetica
- le notizie inventate su animali feroci, ufo, gossip, veggenti, miracoli?
Allora torna un interrogativo cruciale: Quid est veritas? Possiamo ancora invocare in nostro aiuto le definzioni di verità per corrispondenza, di una possibile verità per coerenza? Potessimo farlo, constateremmo l’insufficienza delle parole, delle loro definizioni, il loro limite, la loro differente comprensione a seconda di chi ci ascolta. Eppure misteriosamente abbiamo la sensazione di capire. In qualche modo sentiamo di cogliere il vero anche nell’articolo che sappiamo montato ad arte e nel malinteso, nella finzione del teatro nei sogni dei poeti. Crediamo di comprendere meglio la realtà ogni volta che qualcuno ci racconta un fatto, sia esso un giornalista, un romanziere, un attore, un prete, un amico, un filosofo. Ma non un fatto qualsiasi, un fatto attraverso il quale riconosciamo nell’altro una parte di noi: il suo essere nelle contraddizioni dell’esistenza.
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