Il premio Nobel per la letteratura entra a Ca’ Dolfin in una veneziana mattina di giugno. Pur essendo un Nobel, studenti e professori restano seduti al suo ingresso: sarà un nuovo modo di accogliere le persone importanti. Pamuk è alto e ha la faccia di un monello supponente. Parla un inglese veloce e quando può legge in turco alcune pagine di “Neve”. La sala ascolta in religioso silenzio mentre spiega che il romanzo è l’orchestrazione di diversi punti di vista, mentre glissa sulla questione del linguaggio o approfondisce quella dello scrittore implicito.
In “Altri colori” Pamuk scrive: "…Partiamo alla ricerca di quell’”altro” in grado di completarci: un viaggio verso ciò che sta più in profondità, in posizione più riposta e arretrata. Più centrale. In qualche luogo lontano lontano c’è la verità. Qualcuno ce l’ha detto, l’abbiamo sentito da qualche parte: noi ci incamminiamo a cercarla. La letteratura è il racconto di questo viaggio, almeno così penso”. Si potrebbe anche dire che la vita, forse, è questo viaggio, in ogni caso gli scrittori non dovrebbero mai tenere lezioni, perché sono molto meno interessanti dei loro libri.
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