(...) Nel
momento in cui lo stato non discorsivo della meraviglia si traduce in parole,
non è che la filosofia cominci a fare affermazioni ma comincia a formulare in
variazioni infinite quelle che si chiamano domande ultime - che cos’è l’essere?
chi è l’uomo? che significato ha la vita? ecc. -, accomunate dal fatto di non
poter aver risposte scientifiche.
(...)
Formulando domande ultime, domande senza risposta, l’uomo si costituisce come
essere interrogante. Questa è la ragione per cui la scienza che pone domande a cui si può dare
risposta, deve la propria origine alla filosofia e ha bisogno di restarle
legata. Se l’uomo dovesse perdere la capacità di formulare domande ultime,
perderebbe anche la capacità di formulare domande a cui si può dare risposta.
Non sarebbe più un essere interrogante, e questa sarebbe non solo la fine della
filosofia, ma anche della scienza.
Lo shock
filosofico di cui Palatone ci parla pervade tutte le grandi filosofie e separa
il filosofo che lo subisce da
coloro con i quali vive. Diversamente da quel che Platone suggeriva, la
differenza tra i filosofi, che sono pochi, e la moltitudine non sta nel fatto
che i molti non sanno nulla del pathos della meraviglia, ma sta nel fatto che essi rifiutano
di subirlo. Questo rifiuto è espresso nel doxazein, nel farsi delle opinioni su materie
in cui non è possibile avere opinioni, perché i criteri normalmente accettati
dal senso comune non possono esservi applicati. La doxa, in altre parole, poté divenire
l’opposto della verità perché il doxazein è davvero l’opposto del thaumazein. Avere opinioni non va affatto bene
quando si tratta di cose che possiamo cogliere solo nella meraviglia muta per
ciò che è.”
Hannah
Arendt, Socrate. Portrait of Hannah Arendt, 1944. By Fred Stein Archive/Archive Photos/Getty
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