Ci sono tre miti greci che interpretano in modo acuto la condizione umana, il nostro continuo raggiungere e perdere qualcosa senza poterci mai fermare, perché continuamente trascinati in un moto circolare tra alto e basso, luce e ombra, vita e morte, un moto che ricorda il sole che cala e risorge.
Sisifo deve spingere un grande masso da una parte all’altra di una collina, ma non vi riesce mai perché a poca distanza dalla vetta il grande masso lo travolge con il suo peso e rotola di nuovo a valle; Sisifo deve allora ricominciare da capo, “mentre il sudore gli bagna le membra e una nube di polvere si alza sopra il suo capo.”
Tantalo tormentato dalla fame e dalla sete è appeso ai rami di un albero che sfiorano uno specchio d’acqua, ma ogni volta che si avvicina all’acqua per bere, l’acqua si allontana, e ogni volta che tenta di cogliere un frutto dall’albero un soffio di vento glielo impedisce. Inoltre un grande masso potrebbe precipitare dalla montagna e schiacciarlo.
Issione, invece, fu legato a una ruota di fuoco che rotola senza posa nel cielo.
"Oknos intreccia una corda di giunco che un'asina via via rode.
Le Danaidi si sforzano invano di riempire una giara bucata con l'acqua che cola da un setaccio pieno di buchi - setaccio a proposito del quale Platone dirà che esso è l'anima di queste sciagurate, incapace, per dimenticanza, di non lasciarsi sfuggire il suo contenuto."1
1 Jean Pierre Vernant, Mito e pensiero presso i Greci
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