L’angelo indeciso guarda verso il basso, in fondo a sinistra, da qualche parte. Nella sinopia il volto guarda dal lato opposto, sempre in basso; i profili nero e giallo confondono, come occhi strabici, esitano sulla soglia di una storia che non sanno più raccontare. (Viene in mente l'Angelus Novus di Benjamin)
La dama
salvata dal pozzo dal cavaliere non vede l’ora di tornare verso il castello
sfocato sulla linea dell’orizzonte, in mezzo un vuoto, una lacuna marrone scuro
ha annegato il paesaggio.
In
un’altra stanza l’aquila nera inviata da Zeus rapisce Ganimede e sale oltre le
nuvole.
Frammenti
di architetture lontane, ricostruzioni ambigue, imprecise, parziali, eppure fra
angeli e navi nella tempesta, il racconto prende forma, la sua materia è
l’incompletezza. Il mosaico è sempre incompleto anche quando non manca nessuna
tessera. L’incanto dell’affresco al Museo d’arte di Ravenna è una mostra rara:
un susseguirsi di citazioni, brandelli di testi, immagini rubate alla cornice.
Eppure ogni frammento, ogni affresco, strappato da un
edificio in rovina e poi collocato sulla tela, lascia stupiti. L’esposizione, a
cura di Claudio Spadoni e Luca Ciancabilla, raccoglie 110 opere fra cui Correggio, Luca Signorelli,
Moretto, Tiepolo, Romanino, Bernardino Luini, Melozzo da Forlì.
Proseguiamo
sulle tracce di tempi più lontani. Le stelle sulla tomba di Galla Placidia,
universo perfetto di linee oro incastonate nel blu intenso della notte,
vaganti metafore della notte mai blu e oro.
Oltre
gli archi di un portico, dalle parti di San Francesco, delle scritte su saperi diffusi e
malesseri esistenziali, tentativi maldestri di scrivere nero su bianco di cose
e persone che spesso non vogliono lasciarsi mettere a fuoco, preferiscono,
restare forse defocalizzate, immaginate, tratteggiate, come negli affreschi rovinati,
come il povero con la sua borsa di plastica che mi fa cenno di non fotografare.
Il
secondo giorno trascorre fra la gentilezza di Urbino, città dai molti saperi;
l’inganno di San Leo, scheggia inaccessibile da un lato, quieto borgo
dall’altro; la giocosità di Rimini
con le Pescherie affollate di giovani e note scintillanti. E Piazza Ferrari
dove si entra in un’antica domus romana, la Casa del chirurgo, e confonderti fra mosaici del secondo secolo che si
aprono su scheletri più recenti. “Il chirurgo Eutyches era colto, ricco e di
origine orientale: trapanava crani e preparava unguenti.”
Oltre
il vetro appannato del Grand Hotel una foto in bianco e nero di Federico
Fellini con Giulietta Masina. Nel suo Libro dei sogni, in esposizione al museo della
città, un disegno blu e oro: due seduti sulla battigia guardano le stelle,
questa volta sono dei punti bianchi. "Siamo misteri che vivono un
mistero."
Angeli
indecisi se cambiare prospettiva, se guardare l’abisso dall’alto o dal basso,
oppure restare attoniti come bufali di plastica davanti ad un altare, uno
schermo, una band di vigliacchi che cantano canzoni di altri.
Seminiamo
segni semi: alcuni cadranno sulla pietra, altri saranno mangiati dagli uccelli,
ma qualcuno germoglierà.
Per la foto dell'Angelo pensante, dalla scena scena del Giudizio Universale, Pisa Camposanto Monumentale, attribuito a Buonamico Buffalmacco, si ringrazia il MAR di Ravenna.
Per la foto dell'Angelo pensante, dalla scena scena del Giudizio Universale, Pisa Camposanto Monumentale, attribuito a Buonamico Buffalmacco, si ringrazia il MAR di Ravenna.
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