L’altra
sera a cena un amico regista mi chiedeva: “L’hai vista la campagna #coglioneNo
sui lavori creativi? Troppo forte!”
Il mio
amico ha cinquant’anni, non è un giovane freelance, ma si è riconosciuto nei
tre spot realizzati da Zero, una casa di produzione di Roma. Nella sezione about del sito, Stefano De Marco,
Niccolò Falsetti e Alessandro Grespan scrivono: “Zero
perché il mondo è finito e non ce ne siamo accorti. Perché è finita la nostra
fiducia nei confronti di qualsiasi istituzione, di qualsiasi forma di
rappresentazione, di qualsiasi senso che voglia dirsi unico, atavico, assoluto,
definitivo. Zero perché i soldi sono finiti. Da un pezzo. E noi di soldi nostri
non ne abbiamo mai avuti. Zero perché quando sono cadute le maschere delle
mille opportunità che doveva darci il terzo millennio, ci siamo ritrovati senza
scelta. Spalle al muro (...).”
I tre
spot intitolati Lo diresti al
tuo giardiniere,
Lo diresti al tuo idraulico, Lo diresti al tuo antennista, completati dall’hashtag #coglioneNo, raccontano tre storie analoghe:
tre interventi professionali che non vengono pagati perché “non c’è budget”.
Il
giovane artigiano, alter ego del giovane creativo, riceve promesse di
visibilità e di riconoscimento, ma zero soldi, appunto.
Lascio
a margine alcune riflessioni. Non mi convince l’uso di termini volgari, sia nei
dialoghi che nell’hashtag:
rappresentano una facile scorciatoia. Più ironico e leggero sullo stesso tema,
per esempio, Pane e curriculum di Silvia Bencivelli, Natalino Russo,
Chiara Tarfano, Gnoma production. Nel video una coppia di giornalisti freelance a pranzo mangia promozione e soddisfazione, stima e divertimento. Molto interessanti la scelta dei sottotitoli e la musica.
Né
sarei così sicuro della migliore condizione del coetaneo che ha scelto di fare
l’artigiano, il quale non subirebbe richieste di lavoro gratuito o sottopagato.
Per
inciso, il mancato riconoscimento dei lavori creativi in Italia non è una
questione anagrafica, inviti a lavorare per la gloria arrivano anche quando hai
superato il mezzo secolo: per un’associazione culturale, per un’azienda in
difficoltà, per un ente che più di così non può pagare, per la presentazione di
un libro, perché zero budget, appunto.
Libererei
anche il campo dai falsi miti alla Zuckerberg, che hanno rintronato numerosi
giovani che lavorano gratis per anni nel miraggio di ottenere il giorno del chissaquando
revenue miliardarie.
E non
dimenticherei le agguerrite falangi del lavorogratis pur di accaparrarsi uno
straccio di cliente (e qui un altro spot ci sta). Eviterei, infine, di puntare
il dito contro chi per il sito, la foto, il testo, si arrangia: ognuno il
rubinetto, l’antenna, la siepe, è libero di sistemarseli a proprio rischio e
pericolo. A volte il fai da te dà soddisfazioni, ed è a zero budget, appunto.
Abbandonate
le perplessità, COMPLIMENTI! Per l’idea, i testi, le riprese, il montaggio,
l’interpretazione! Oggi, in Italia, un giovane bravo e capace è sottopagato sia
che faccia l’idraulico, il ricercatore all’università, il barista, il medico,
il creativo, il giornalista. Purtroppo la classe politica di questo paese non ha costruito il
futuro sui giovani ma lo ha distrutto con la corruzione, le mafie, le sinecure.
Ci si
trova quindi, a diverse età, ognuno nel proprio campo, ad incontrare porte
chiuse e piccole o grandi prevaricazioni da parte di chi la sedia non la molla.
Se gli spot sui lavori creativi di Zero e Gnoma serviranno a cambiare anche di un soffio certi
atteggiamenti avranno raggiunto il loro scopo. Se spingeranno a crederci di più
non saranno stati inutili. Se porteranno a nuove relazioni, pensieri, lavori,
idee, progetti, sarà chiaro, una volta di più, che i giovani non hanno zero da
dire, appunto.
P.s.
Anche questo articolo è stato scritto a zero budget, appunto.
(La foto è tratta dal video Lo diresti al tuo antennista)
(La foto è tratta dal video Lo diresti al tuo antennista)
Condivido caro Mario, credo che la questione sia legata alla natura del lavoro: è impensabile non pagare della merce, l'opposto se si tratta di idee! In mezzo aggiungerei che a complicare la cosa c'è spesso una relazione interpersonale....in quel caso, come la mettiamo? Susanna Tomaselli
RispondiEliminaMario condivido il tuo pensiero su una campagna di cui apprezzo sicuramente ironia e intenzione. Di certo siamo tutti già molto sensibili sul tema, ma forse non siamo esenti da un piccolo esame di autocoscienza. Il meccanismo del lavoro gratuito risponde e alimenta le normali logiche di mercato: il problema sta tanto in chi offre lavoro a compenso zero tanto quanto in chi l'accetta e alimenta questa dinamica. coglione no deve essere un monito a tutti, vittime e carnefici. che poi anche se all'artigiano non chiedono di lavorare a zero non è detto che poi venga pagato...
RispondiEliminaNico Covre
C'è un solo modo per definire questo paese: feudale. Gli innesti riformistici secenteschi hanno fatto il resto. Analisi del sangue: tracce di Illuminismo in soggetto terminale.
RispondiEliminaLuciano Caniato
Il Prof non riesce a rinunciare alla poesia neppure quando dipana prosa!!! Colgo l'occasione per farle i miei più cari complimenti per "Maliborghi"... bellissimo libro! Ho provato a trovarla tramite il telefono ma "lu le sempre a stros...sti pensionati!!!". Grazie anche a te Mario che mi hai suggerito di leggere "Maliborghi"! Paolo Perin
Eliminai lavori creativi non sono pagati, i lavori manuali li fanno gli stranieri e quindi sottopagati. Diciamo che il lavoro non si paga...solo la merce e magari con qualche sconto.
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