Nel
sesto e ultimo capitolo di Anima e iPad intitolato Corpus (escatologia) Maurizio Ferraris guarda a cosa
ne è di noi dopo la morte: come sopravvive la nostra anima, la nostra
coscienza? Non, come avevamo immaginato da bambini, incontrando i nostri amici
e parenti lassù, oltre le nuvole, ma tra gli spettri della rete, tra le mille
facce di Facebook, nel Totentanz di Youtube, o nel silenzio di un libro.
Proprio
un paio di settimane fa aprendo la pagina degli aggiornamenti di FB mi sono
imbattuto nel post di un amico che annunciava, a pochi minuti dall’accaduto, la
morte del padre. Seguivano commoventi ricordi su com’era da vivo. Dopo alcuni
giorni il profilo ancora attivo dello scomparso mi notificava il suo
compleanno. Altri fantasmi: un poeta malato d’Alzheimer che accetta amicizie,
chi gestisce i contatti è la compagna; pagine di ragazzi coinvolti in incidenti
tenute “in vita” dai genitori o dagli amici. Facebook, ovvero il cimitero del
futuro.
“Quello
che sopravvive è il corpo tipografico - scrive Ferraris, il corpus degli
scritti e delle tracce che abbiamo lasciato, che ha tuttavia la proprietà di
prolungare lo spirito.” A patto che anima e iPad siano la stessa cosa. Se Tony
Curtis si fa seppellire con il suo telefonino e se in Ghana si produce una bara
a forma di cellulare, non è con la speranza di una telefonatina dall’aldilà,
sostiene Ferraris, ma perché il telefonino come l’ iPad, per le informazioni,
le registrazioni, gli scritti che contengono, sono una parte di noi, della
nostra anima. Alcune trovate commerciali per prolungare la vita dopo la morte
riscuotono successo: società che ibernano i cadaveri, il servizio Legacy Locker
che assicura l’accesso a siti e account del defunto, Time Capsule in cui
infilare oggetti e scritti a futura memoria. L’unica cosa che può sopravvivere è il corpo surgelato o
tipografico.
Difficile
che quel corpo sia anche anima o parte di essa, quel corpo è animato, secondo
il modesto parere di chi scrive, solo da un’altra anima, e non per far
sopravvivere il de cuius bensì per far vivere chi a quel morto s’interessa. La
memoria di chi non c’è più, i suoi scritti, i suoi video, sono cosa ben diversa
dalla coscienza di sé, da quelle iscrizioni interne che fanno della nostra
anima, della nostra mente, la nostra e non quella di un altro.
Come la
libertà anche l’anima non è qualcosa che si possa dimostrare ma una di quelle idee necessarie per non
vivere come automi. Anche se il libro, in particolare quando si sofferma sulla
ripetizione e gli automatismi dei nostri comportamenti qualche vertigine la
provoca.
Ci sono
poi altre questioni: proprio Ferraris che è uno strenuo sostenitore della
realtà al di fuori di noi, e che è in disaccordo con Derrida quando afferma che
nulla esiste al di fuori del testo, dice che di noi sopravvive solo la lettera.
Quindi dei milioni di individui non connessi ad Internet e di quelli del
passato i cui archivi sono andati perduti non sopravviverebbe nulla? Non è che
i loro gesti, le loro azioni esistono per sempre in un tempo, in un essere a
noi inaccessibili? E infine un’ultima domanda, perché l’iPad, nominato 61
volte, e non il tablet, 2 citazioni?
Maurizio
Ferraris interverrà sabato prossimo alle 18 a Comodamente http://www.comodamente.it/2012/perche-il-reale-ci-sorprende.
Nessun commento:
Posta un commento