Sul nome che portiamo questo intenso brano di Milan Kundera da L'immortalità: Anche il nome l’abbiamo ricevuto per caso. Non sappiamo quando abbia avuto origine e da dove l’abbia preso qualche lontano antenato. Non comprendiamo affatto quel nome, non conosciamo la sua storia e ciò nonostante lo portiamo con esaltata fedeltà, ci fondiamo con esso, lo amiamo, ne siamo ridicolmente fieri, quasi l’avessimo inventato noi in un momento di geniale ispirazione. Il viso è come il nome. Dev’essere avvenuto verso la fine dell’infanzia: a forza di osservarmi nello specchio, ho finito per credere che quello che vedevo ero io. Ho un ricordo assai vago di quel periodo, ma so che scoprire l’io deve essere stato inebriante. Poi, però, arriva il momento in cui stai davanti allo specchio e ti dici: sono io, questo? e perché? perché ho solidarizzato con questo qui? che me ne importa di questa faccia? E allora tutto comincia a crollare. Tutto comincia a a crollare.
"Nel blog l'altro può firmare nel tuo testo, esiste uno spazio per chiunque decida di arrivare"
giovedì 20 settembre 2012
Il post it sulle cose
Le parole servono a prima vista a dare un nome alle cose, come se per ogni oggetto della realtà ci fosse un post it che dice mela, albero, casa. Le cose si complicano quando alle parole corrispondono concetti, sentimenti, ideali: libertà, amore giustizia. E si complicano ancor di più quando si tratta del nostro nome, quello che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, da dove viene questo nome, che rapporto ha con il nostro volto? E se il nome è quello di una persona vissuta nel passato a chi/cosa corrisponde? Forse il nome gioca di volta in volta un gioco diverso.
Sul nome che portiamo questo intenso brano di Milan Kundera da L'immortalità: Anche il nome l’abbiamo ricevuto per caso. Non sappiamo quando abbia avuto origine e da dove l’abbia preso qualche lontano antenato. Non comprendiamo affatto quel nome, non conosciamo la sua storia e ciò nonostante lo portiamo con esaltata fedeltà, ci fondiamo con esso, lo amiamo, ne siamo ridicolmente fieri, quasi l’avessimo inventato noi in un momento di geniale ispirazione. Il viso è come il nome. Dev’essere avvenuto verso la fine dell’infanzia: a forza di osservarmi nello specchio, ho finito per credere che quello che vedevo ero io. Ho un ricordo assai vago di quel periodo, ma so che scoprire l’io deve essere stato inebriante. Poi, però, arriva il momento in cui stai davanti allo specchio e ti dici: sono io, questo? e perché? perché ho solidarizzato con questo qui? che me ne importa di questa faccia? E allora tutto comincia a crollare. Tutto comincia a a crollare.
Sul nome che portiamo questo intenso brano di Milan Kundera da L'immortalità: Anche il nome l’abbiamo ricevuto per caso. Non sappiamo quando abbia avuto origine e da dove l’abbia preso qualche lontano antenato. Non comprendiamo affatto quel nome, non conosciamo la sua storia e ciò nonostante lo portiamo con esaltata fedeltà, ci fondiamo con esso, lo amiamo, ne siamo ridicolmente fieri, quasi l’avessimo inventato noi in un momento di geniale ispirazione. Il viso è come il nome. Dev’essere avvenuto verso la fine dell’infanzia: a forza di osservarmi nello specchio, ho finito per credere che quello che vedevo ero io. Ho un ricordo assai vago di quel periodo, ma so che scoprire l’io deve essere stato inebriante. Poi, però, arriva il momento in cui stai davanti allo specchio e ti dici: sono io, questo? e perché? perché ho solidarizzato con questo qui? che me ne importa di questa faccia? E allora tutto comincia a crollare. Tutto comincia a a crollare.
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