Comincia
con una torta alla crema bisbetica e alle mandorle acide, comincia con un
telescopio a rifrazione appartenuto a Galilei e con un ritratto di donna che s’intitola
La sete,
comincia con uno strano esperto d’arte, Virgil, sui settant’anni che indossa
sempre i guanti e con una giovane ereditiera, Claire, che vive
nascosta nella sua villa. Lei chiama lui per mettere all'asta il suo
patrimonio e durante le visite per la catalogazione dei mobili e dei dipinti si
svilupperà la loro misteriosa conoscenza. È l’ultimo film di Giuseppe
Tornatore: La migliore offerta. La migliore offerta è quella che ha reso interessante e
ricca la vita di Virgil, le sue aste d’oggetti d’arte sono le più seguite dai
collezionisti che non immaginano quanto l’integerrimo e strano Virgil sia
disonesto: grazie a expertise fasulle e alla complicità di un vecchio
amico, infatti, acquista a prezzi ridicoli ritratti di volti femminili che
conserva gelosamente nel suo caveau.
Ma è disonesta anche Claire che finge una malattia psichica che non ha al solo scopo di conquistare Virgil. Finge anche il giovane amico Robert che dispensa all’antiquario consigli su come conquistare la donna e lo aiuta a ricostruire un autonoma opera di Jacques de Vaucanson (XVIII sec.) con gli ingranaggi rinvenuti nei vari sopralluoghi alla villa. Se come si dice nel film in ogni falso c’è qualcosa di autentico, anche questa storia sembra un’imitazione poco riuscita di qualcosa. Gli ingranaggi dell’automa e gli ingranaggi umani delle relazioni e della trama appaiono in ritardo, non sincronizzati, inceppati a volte. È come se Tornatore, come Virgil, nel tentativo di costruire il film abbia perso qualche rotella, è come se alludesse a un suo impasse vitale. Né bastano le belle musiche di Ennio Morricone o il finale a oliare i meccanismi narrativi. Claire e Robert sono complici e scompaiono portandosi via l’inestimabile tesoro del caveau. Virgil quando scopre di essere stato sedotto e abbandonato precipita nella disperazione. Nell’ultima scena lo vediamo in un ristorante di Praga arredato da orologi e congegni meccanici, ordina per due pur essendo rimasto inesorabilmente solo. I temi della verità e della menzogna, del tempo, dell'analogia uomo automa, del rapporto fra spazio interno ed esterno, sono dipinti da un incerto allievo del maestro che ci ha offerto autentici capolavori con Nuovo Cinema Paradiso e La leggenda del pianista sull’oceano.
Ma è disonesta anche Claire che finge una malattia psichica che non ha al solo scopo di conquistare Virgil. Finge anche il giovane amico Robert che dispensa all’antiquario consigli su come conquistare la donna e lo aiuta a ricostruire un autonoma opera di Jacques de Vaucanson (XVIII sec.) con gli ingranaggi rinvenuti nei vari sopralluoghi alla villa. Se come si dice nel film in ogni falso c’è qualcosa di autentico, anche questa storia sembra un’imitazione poco riuscita di qualcosa. Gli ingranaggi dell’automa e gli ingranaggi umani delle relazioni e della trama appaiono in ritardo, non sincronizzati, inceppati a volte. È come se Tornatore, come Virgil, nel tentativo di costruire il film abbia perso qualche rotella, è come se alludesse a un suo impasse vitale. Né bastano le belle musiche di Ennio Morricone o il finale a oliare i meccanismi narrativi. Claire e Robert sono complici e scompaiono portandosi via l’inestimabile tesoro del caveau. Virgil quando scopre di essere stato sedotto e abbandonato precipita nella disperazione. Nell’ultima scena lo vediamo in un ristorante di Praga arredato da orologi e congegni meccanici, ordina per due pur essendo rimasto inesorabilmente solo. I temi della verità e della menzogna, del tempo, dell'analogia uomo automa, del rapporto fra spazio interno ed esterno, sono dipinti da un incerto allievo del maestro che ci ha offerto autentici capolavori con Nuovo Cinema Paradiso e La leggenda del pianista sull’oceano.
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