sabato 23 febbraio 2013

Leggere il futuro



Un portico accogliente, una volta luminosa che poggia su colonne di libri, enigmi palladiani e borgesiani m’inseguono su per le scale mute, e tutt’intorno l’acqua frenetica di barche e vaporetti, e chissà perché penso a Brodskij, mi fermo per un attimo prima d’entrare. Dietro un vetro la xilografia dell’astrolabio sferico del libro Opusculum de sphaera clarissimi Ioannes de Sacrobosco (Vienna 1518), le armille e il cerchio con i segni zodiacali riproducono la sfera celeste inventata da Eratostene. Ora sono di fronte a un cielo stellato e il sole, due galeoni in mezzo al mare, un monaco che scrive chino sopra un mappamondo e ai lati Mercurio, una bussola, un compasso, Marte, Venere, uno spartito musicale (Sphera volgare Venezia 1537) e poi insieme a quattro astronomi, uno con il quadrante in mano misura il cammino della luna (Bernardus de Granollachs, Summario de la Luna, Vienna 1518). Le stelle in queste antiche effemeridi sono asterischi e la luna poco più di una parentesi, gli sguardi e gli indici sono sempre puntati verso l’alto (Giovanni Agostino Panteo, Lunario perpetuo, Venezia 1535). Nel Kalendarium del Regiomontano (Venezia 1476) la giornata è divisa in 12 ore di giorno-chiaro e 12 della notte: d’estate le ore hanno 75 minuti e d’inverno 45.
Astronomi, alchimisti, filosofi e profeti guardano il cielo non solo per misurare il tempo ma anche per prevedere il futuro: incerto era il gioco della vita e forte la paura della fine del mondo. Tommaso Rangoni pronostica con un anno di anticipo un diluvio veramente avvenuto: De la vera prognostication del diluvio del 1524, Venezia 1523.
Ne La profezia dela quercia, Johannes Lichtenberger scrive: “Se dal pomo della quercia nasce qualche anno alcun verme dimostra l’abbondanza di quell’anno, e se nasce la mosca significa guerra, e se ne esce il ragno significa mortalità”. Nella Significazione dei sogni il profeta Daniele dà alle stampe un elenco minuzioso: Suonar di campane vuol dire fame, colombi tristezza, veder dio o con lui favellare significa pericolo, dragone guadagno, asino malizia...e tutto quello che sognerai il primo giorno della luna tornerà in bene, il secondo non avrà effetto La vita di Merlino con le sue profezie è racchiusa nel frontespizio: sotto il titolo bianco e rosso in caratteri aldini si vede in primo piano il giovane mago sciamano del ciclo bretone circondato dai suoi seguaci: Elia romito, la Donna dell’asso, Meliadus e Blaxio romito; sullo sfondo una grotta con il suo sarcofago e la scritta Sepoltura di Merlino. I libri di sorte, poi dichiarati proibiti, hanno una risposta per tutto: Si è buon per la donna cambiar amante, Se chi va a combatter sarà vincitore, Se d’arte o mercanzia s’ha da guadagnare(Libro dei quesiti di Francesco Marcolini, Venezia 1540).
 Immagini astrologiche, siderali , e di animali fantastici popolano il Trionpho di Fortuna di Sigismondo Fanti, Venezia 1526. Nei libri Le sorti di Francesco Marcolino da Forlì, Venezia 1540, e Libro de la Ventura di Lorenzo Spirito, Venezia 1557, s’inseguivano vaticini da una pagina all’altra in funzione delle combinazioni numeriche ottenute con le carte, i dadi, le tessere del domino. S’indagava sulle linee della mano nell’Opera nova di Andrea Corvo, Venezia 1519, e lungo i profili dei nasi e le curve delle orecchie si scoprivano sentimenti e malattie attraverso le tavole illustrate e i commenti di Iohannes Indagine, Chiromantia, Physiognomia ex aspectu membrorum hominis, Strasburgo 1534. In dubbio sulle proprie sorti l’uomo rinascimentale non si affidava solo a profeti e chiromanti: tomi di medicina ma anche miscellanee di consigli e ricette aiutavano allo scopo. Come rimedio al mal de la scorentia, prendi dello sterco di cane, di quello bianco e riducilo in polvere e poi gettalo nella gola dell’informo con un tubo e soffiaci dentro che subito sarà guarito; Per guarir la febbre a quaranta prendi i petali delle rose fresche e mettili in una pignatta insieme a dell’olio chiaro e dolce, fai bollire e lascia raffreddare, e poi ungi il corpo del malato verso sera (Dificio di ricette, nel quale si contengono tre utilissimi ricettari, Venezia 1526). Chi frequentava i postriboli poteva incorrere in qualche disavventura e affidarsi al manuale Questo è lo modo per guarir dal mal francioso, nuovo e vecchio, occulto e palese, piaghe, doglie, broze e gomme con la purgatione unzione di cosa eccellentissima e più volte sperimentata, vademecum di Eustachio Celebrino, Venezia 1526. Gli contendeva il campo: Del modo de adoperare del legno de India occidentale: Salutifero remedio a ogni piaga e mal incurabile di Francesco Delicado, Venezia 1529. Più grandi e con pagine damascate a fiori e ramoscelli i volumi dell’ l’Hortus sanitatis: decotti, tisane, intrugli, pozioni per ogni male ma anche rimedi per profumar la casa, per incollare ogni cosa che tu voi, per non pissar indosso a letto a dormir, per cazar via le mosche da uno loco. Ma la vera ricetta da imparare era L’arte del ben morire, s’intitolava così un testo trecentesco che ebbe molta diffusione nel Quattrocento e nel Cinquecento ad opera dei monaci itineranti. S’insegnava a non seguire la moltitudine di chi non crede, ma aseguire Cristo e gli apostoli nell’attesa del regno di Dio. La scala per salirci prevedeva diversi gradini, ogni gradino una virtù: umiltà, prudenza, temperanza, fortezza, speranza, pietà, giustizia, timore, carità, sacramento, sapienza, intelletto, fede.
Lo scheletro in piedi sul carro della morte con la falce sulla spalla, i suoi capelli mossi dal vento, nel cielo accanto alle nuvole due angeli suonano la cetra e il liuto, due diavoli con le ali nere s’allontanano agguantando i corpi nudi dei dannati, per terra un tappeto di cadaveri calpestati dalle ruote del carro e dagli zoccoli di cinque capelli sfrenati, le loro teste spingono contro la cornice del frontespizio della Predica sull’arte del ben morire di Girolamo Savonarola, Firenze 1500. Neppure Senso, protagonista De la Historia de Senso che circhava de non morir mai, sfuggirà al corteo festoso della morte, alla danza macabra. Dopo la danza due possibilità: il ritorno all’assoluto insieme a Dante e Beatrice nel Paradiso (La Comedia di Dante Alighieri, Francesco Marcolini 1544) o l’assoluto in un istante come ricorda un bel verso di Wislava Szymborska che conclude la mostra: Non c’è vita che almeno per un attimo non sia immortale.

L’autore ringrazia Ilenia Maschietto curatrice insieme a Matteo Giro della mostra Leggere il futuro, un viaggio nei libri tra sacro e profano, svoltasi nella biblioteca della Nuova Manica Lunga, alla Fondazione Cini di Venezia dal 12 dicembre 2012 al 13 febbraio 2013.
L’esposizione, stimolata dalla diffusione l’anno scorso delle notizie sulla fine del mondo profetizzata dai Maya, ha mostrato come nel Rinascimento vaticini e previsioni sul futuro non avessero minor corso di oggi, ed ha riassunto con precisione il modo in cui allora si affrontavano la vita e la morte. Leggere il futuro è stata nello stesso tempo l’occasione per far conoscere al grande pubblico l’inestimabile valore del fondo antico della Fondazione Giorgio Cini, che comprende tremila incunaboli e cinquecentine delle collezioni di Victor Masséna, Principe d’Essling, del libraio e bibliofilo Tammaro De Marinis e dello stesso Cini. Un tesoro di testi e immagini che, forse, un giorno sarà consultabile anche on line.



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