Un
portico accogliente, una volta luminosa che poggia
su colonne di libri, enigmi palladiani e borgesiani m’inseguono su per le scale
mute, e tutt’intorno l’acqua frenetica di barche e vaporetti, e chissà perché
penso a Brodskij, mi fermo per un attimo prima d’entrare. Dietro un vetro la
xilografia dell’astrolabio sferico del libro Opusculum de sphaera clarissimi Ioannes de Sacrobosco
(Vienna 1518), le armille e il cerchio con i segni zodiacali riproducono la
sfera celeste inventata da Eratostene. Ora sono di fronte a un cielo stellato e
il sole, due galeoni in mezzo al mare, un monaco che scrive chino sopra un
mappamondo e ai lati Mercurio, una bussola, un compasso, Marte, Venere, uno
spartito musicale (Sphera volgare Venezia 1537) e poi insieme a quattro astronomi, uno con
il quadrante in mano misura il cammino della luna (Bernardus de Granollachs, Summario
de la Luna,
Vienna 1518). Le stelle in queste antiche effemeridi sono asterischi e la luna
poco più di una parentesi, gli sguardi e gli indici sono sempre puntati verso
l’alto (Giovanni Agostino Panteo, Lunario perpetuo, Venezia 1535). Nel Kalendarium
del Regiomontano
(Venezia 1476) la giornata è divisa in 12 ore di giorno-chiaro e 12 della
notte: d’estate le ore hanno 75 minuti e d’inverno 45.
Astronomi,
alchimisti, filosofi e profeti guardano il cielo non solo per misurare il tempo
ma anche per prevedere il futuro: incerto era il gioco della vita e forte la
paura della fine del mondo. Tommaso Rangoni pronostica con un anno di anticipo
un diluvio veramente avvenuto: De la vera prognostication del diluvio del
1524, Venezia
1523.
Ne La profezia dela quercia, Johannes Lichtenberger scrive: “Se dal pomo della quercia nasce qualche anno alcun verme dimostra l’abbondanza di quell’anno, e se nasce la mosca significa guerra, e se ne esce il ragno significa mortalità”. Nella Significazione dei sogni il profeta Daniele dà alle stampe un elenco minuzioso: Suonar di campane vuol dire fame, colombi tristezza, veder dio o con lui favellare significa pericolo, dragone guadagno, asino malizia...e tutto quello che sognerai il primo giorno della luna tornerà in bene, il secondo non avrà effetto La vita di Merlino con le sue profezie è racchiusa nel frontespizio: sotto il titolo bianco e rosso in caratteri aldini si vede in primo piano il giovane mago sciamano del ciclo bretone circondato dai suoi seguaci: Elia romito, la Donna dell’asso, Meliadus e Blaxio romito; sullo sfondo una grotta con il suo sarcofago e la scritta Sepoltura di Merlino. I libri di sorte, poi dichiarati proibiti, hanno una risposta per tutto: Si è buon per la donna cambiar amante, Se chi va a combatter sarà vincitore, Se d’arte o mercanzia s’ha da guadagnare(Libro dei quesiti di Francesco Marcolini, Venezia 1540).
Ne La profezia dela quercia, Johannes Lichtenberger scrive: “Se dal pomo della quercia nasce qualche anno alcun verme dimostra l’abbondanza di quell’anno, e se nasce la mosca significa guerra, e se ne esce il ragno significa mortalità”. Nella Significazione dei sogni il profeta Daniele dà alle stampe un elenco minuzioso: Suonar di campane vuol dire fame, colombi tristezza, veder dio o con lui favellare significa pericolo, dragone guadagno, asino malizia...e tutto quello che sognerai il primo giorno della luna tornerà in bene, il secondo non avrà effetto La vita di Merlino con le sue profezie è racchiusa nel frontespizio: sotto il titolo bianco e rosso in caratteri aldini si vede in primo piano il giovane mago sciamano del ciclo bretone circondato dai suoi seguaci: Elia romito, la Donna dell’asso, Meliadus e Blaxio romito; sullo sfondo una grotta con il suo sarcofago e la scritta Sepoltura di Merlino. I libri di sorte, poi dichiarati proibiti, hanno una risposta per tutto: Si è buon per la donna cambiar amante, Se chi va a combatter sarà vincitore, Se d’arte o mercanzia s’ha da guadagnare(Libro dei quesiti di Francesco Marcolini, Venezia 1540).
Immagini astrologiche, siderali , e di
animali fantastici popolano il Trionpho di Fortuna di Sigismondo Fanti, Venezia
1526. Nei libri Le sorti di Francesco Marcolino da Forlì, Venezia 1540, e Libro de la
Ventura di
Lorenzo Spirito, Venezia 1557, s’inseguivano vaticini da una pagina all’altra
in funzione delle combinazioni numeriche ottenute con le carte, i dadi, le
tessere del domino. S’indagava sulle linee della mano nell’Opera nova di
Andrea Corvo,
Venezia 1519, e lungo i profili dei nasi e le curve delle orecchie si scoprivano
sentimenti e malattie attraverso le tavole illustrate e i commenti di Iohannes
Indagine, Chiromantia, Physiognomia ex aspectu membrorum hominis, Strasburgo 1534. In dubbio sulle
proprie sorti l’uomo rinascimentale non si affidava solo a profeti e
chiromanti: tomi di medicina ma anche miscellanee di consigli e ricette
aiutavano allo scopo. Come rimedio al mal de la scorentia, prendi dello sterco
di cane, di quello bianco e riducilo in polvere e poi gettalo nella gola
dell’informo con un tubo e soffiaci dentro che subito sarà guarito; Per guarir
la febbre a quaranta prendi i petali delle rose fresche e mettili in una
pignatta insieme a dell’olio chiaro e dolce, fai bollire e lascia raffreddare,
e poi ungi il corpo del malato verso sera (Dificio di ricette, nel quale si
contengono tre utilissimi ricettari, Venezia 1526). Chi frequentava i postriboli poteva
incorrere in qualche disavventura e affidarsi al manuale Questo è lo modo
per guarir dal mal francioso, nuovo e vecchio, occulto e palese, piaghe, doglie,
broze e gomme con la purgatione unzione di cosa eccellentissima e più volte
sperimentata,
vademecum di Eustachio Celebrino, Venezia 1526. Gli contendeva il campo: Del
modo de adoperare del legno de India occidentale: Salutifero remedio a ogni
piaga e mal incurabile di Francesco Delicado, Venezia 1529. Più grandi e con pagine
damascate a fiori e ramoscelli i volumi dell’ l’Hortus sanitatis: decotti, tisane, intrugli,
pozioni per ogni male ma anche rimedi per profumar la casa, per incollare ogni
cosa che tu voi, per non pissar indosso a letto a dormir, per cazar via le
mosche da uno loco. Ma la vera ricetta da imparare era L’arte del ben morire, s’intitolava così un testo
trecentesco che ebbe molta diffusione nel Quattrocento e nel Cinquecento ad
opera dei monaci itineranti. S’insegnava a non seguire la moltitudine di chi
non crede, ma aseguire Cristo e gli apostoli nell’attesa del regno di Dio. La scala per salirci prevedeva
diversi gradini, ogni gradino una virtù: umiltà, prudenza, temperanza, fortezza,
speranza, pietà, giustizia, timore, carità, sacramento, sapienza, intelletto,
fede.
Lo
scheletro in piedi sul carro della morte con la falce sulla spalla, i suoi
capelli mossi dal vento, nel cielo accanto alle nuvole due angeli suonano la
cetra e il liuto, due diavoli con le ali nere s’allontanano agguantando i corpi
nudi dei dannati, per terra un tappeto di cadaveri calpestati dalle ruote del
carro e dagli zoccoli di cinque capelli sfrenati, le loro teste spingono contro
la cornice del frontespizio della Predica sull’arte del ben morire di Girolamo Savonarola, Firenze
1500. Neppure Senso, protagonista De la Historia de Senso che circhava de
non morir mai,
sfuggirà al corteo festoso della morte, alla danza macabra. Dopo la danza due
possibilità: il ritorno all’assoluto insieme a Dante e Beatrice nel Paradiso (La
Comedia di Dante Alighieri, Francesco Marcolini 1544) o l’assoluto in un istante come ricorda un
bel verso di Wislava Szymborska che conclude la mostra: Non c’è vita che almeno
per un attimo non sia immortale.
L’autore
ringrazia Ilenia Maschietto curatrice insieme a Matteo Giro della mostra Leggere
il futuro, un viaggio nei libri tra sacro e profano, svoltasi nella biblioteca della
Nuova Manica Lunga, alla Fondazione Cini di Venezia dal 12 dicembre 2012 al 13
febbraio 2013.
L’esposizione,
stimolata dalla diffusione l’anno scorso delle notizie sulla fine del mondo
profetizzata dai Maya, ha mostrato come nel Rinascimento vaticini e previsioni
sul futuro non avessero minor corso di oggi, ed ha riassunto con precisione il
modo in cui allora si affrontavano la vita e la morte. Leggere il futuro è stata nello stesso tempo
l’occasione per far conoscere al grande pubblico l’inestimabile valore del
fondo antico della Fondazione Giorgio Cini, che comprende tremila incunaboli e
cinquecentine delle collezioni di Victor Masséna, Principe d’Essling, del
libraio e bibliofilo Tammaro De Marinis e dello stesso Cini. Un tesoro di testi
e immagini che, forse, un giorno sarà consultabile anche on line.
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