Din, don, dan. “Le campane sorrette da un congegno di travi detto castello, origineranno suoni.”
Così le parole che prendono quota nei racconti del Museo. Alle spalle dei relatori antichi affreschi e sculture si gonfiano di sguardi. Un amplexus in aere fra i temi della contemporaneità: è finita l’epoca dei principi, è tempo di volontari, uno stormo. Poltrone esaurite, si accettano solo sedie, una per leggere la Yourcenar: Il vero luogo natio è quello in cui l'uomo pone lo sguardo per la prima volta su se stesso. Imperatore Adriano. L'importante non è dove andare, ma andare.
Un corteo, una grande fuga, una processione, una marcia, una carovana, otto tappe da sud a nord, di tre ore ciascuna, si parte sabato alle sette di mattina.
“Le campane tenute ferme saranno percosse dal battente mantenuto accostato e manovrato dalla mano del suonatore sia nudamente, sia con mezzi meccanici”.
Gocce di sudore in questa stanza antica, traspirazioni per aprire porte; comporre temi in uno scalo ferroviario; dialogare con i contadini del Sudamerica; accendere fuochi nei ghetti; fabbricare strade, prestare biciclette, saltare confini; spiattellare segreti; indagare segni e tipografie; zippare archivi; coltivare rurali geografie; spronare cavalli e mettere assieme persone; e in tutto questo non buttare via niente: dal cuore al cervello. “Nel moto rotativo, invece, con le campane sui loro perni e col bilico del gioco o lor cappello (suono a distesa o a doppio), il battaglio precipiterà infallantemente sulla parete bronzea”.
I giovani tornano alla terra, gli psicanalisti curano friabili paesaggi, i sindaci con la passione della matematica creano città e i postartigiani di macchine complesse: stampi di villaggi globali, circuiti collettivi, processi filosofici. Senza dimenticarsi le mani per seminare, accarezzare e, ogni tanto, suonare.
“L’ondulazione delle campane persuonate a distesa, si otterrà sempre con la sola forza d’uomo accoppiata ad intuito musicale ed a conveniente disciplina ginnastica, retto il tutto da opportune regole tramandate da padre in figlio, e che il popolo chiama semplicemente usanze e pratica.”
Din, don, dan.
(Lunedì 5 agosto, Museo del Cenedese, Vittorio Veneto, conferenza stampa di presentazione di Comodamente 2013. Sono intervenuti: Claudio Bertorelli, Gianantonio Da Re, Giustino Moro, Giancarlo Scottà, Luca Zaia)
Le citazioni sono tratte da De tintinnabulorom musica apud veteres, Valentino Miserachs Grau, traduzione di Armando Renzi, edizioni Bartolucci, Roma, 1920.
Nessun commento:
Posta un commento