lunedì 1 giugno 2015

Artigiani a Venezia

"L’arte migliore è quella in cui la mano, la testa e il cuore di un uomo procedono in accordo”, scriveva John Ruskin. Le mani degli artigiani veneziani lavorano giorno e notte in spazi nascosti fra le calli, a volte senza nemmeno un’insegna. Creano quello che prima non c’era, un terrazzo alla veneziana, una foglia d’oro, una lampada, un insetto di vetro, un ex libris, una serigrafia, una maschera. La Fonderia Valese se ne sta acquattata dietro Madonna dell’Orto, come per modestia. Una calle stretta di mattoni arancioni, una scritta sul legno verde. Nel laboratorio Carlo Semenzato, allievo di Mario Valese, è sempre all’opera. Lungo gli scaffali, statue grandi e piccole, cavalli, leoni alati, lanterne, cavallucci marini. Dalle parti di Santa Fosca,
esiste un giardino in pietra nella città dell’acqua: libri tenuti aperti da santi e vescovi, mascheroni di filosofi greci, vere da pozzo ornate da creature infernali, tavoli intarsiati con tessere di onice, alabastro e pietra nera, caminetti in pietra d’Istria e una splendida Venere in marmo bianco di Carrara. È l’antico laboratorio di marmi artistici Dall’Era Comelato, a cui Peggy Guggenheim  ordinò il trono in pietra da collocare tra gli alberi secolari della sua casa museo. Da quattro generazioni seminano pietre colorate dalle quali nascono i pavimenti chiamati terrazzo alla veneziana. In Fondamenta della Misericordia la famiglia Asin tramanda una lavorazione già conosciuta nel mondo greco e latino: per prima cosa si stende un fondo cocciopesto e calce spenta, poi con l’aiuto di sagome di legno e la tecnica del mosaico si realizzano le decorazioni e le figure, infine levigatura, stuccatura, lucidatura e cera d’api. Un’arte umile che costringe a lavorare spesso con la schiena piegata o in ginocchio e che forse proprio per questo dura nei secoli.
Il suo santo protettore si chiama Aldo Manuzio (1515), umanista, editore e stampatore. Il suo sogno è fondare una scuola del libro a Venezia. Paolo Olbi, stampatore e rilegatore, ha un piccolo negozio laboratorio ai piedi del ponte di Ca’ Foscari: in vetrina stampe artistiche, libri, quaderni da disegno, agende, diari con copertine in marmo trasparente, vetro decorato, palissandro, angoli d’argento sbalzato. In Calle del Fumo si resta a bocca aperta di fronte a un’oasi popolata di farfalle, api,  coleotteri, uccellini, pesci tropicali, fiori. Piccoli, fragili, preziosi arcobaleni di luce, sono gli oggetti in vetro realizzati dal maestro del vetro a lume Vittorio Costantini. Poco distante dalla bottega di Vittorio, il tipografo Gianni Basso insieme al figlio Stefano stampa con l’antica tecnica dei caratteri mobili, disegna  ricercati ex libris e dedica una vetrina alla storia della tipografia; di fronte il corniciaio Francesco di Pumpo e in fondo alla calle la fucina del ferro battuto De Rossi con le sue fiabesche lanterne in ferro battuto e vetro di Murano.
Affaccia sul Rio di Santa Caterina il laboratorio di serigrafia artistica Fallani, dove la produzione grafica si affianca dagli anni Settanta a intensi workshop e attività culturali. Non distante, dalle parti di calle della Pietà, un ingresso anonimo e due finestre con le grate attraverso cui s’intravedono fioche luci: lo scrigno di Mario Berta Battiloro custodisce l’arte medievale di battere l’oro e ridurlo a una foglia sottilissima, e propone anche un’inedita maschera cosmetica in oro 24kt. A San Trovaso si trova lo squero più famoso di Venezia, il cantiere dove si creano, costruiscono e riparano le gondole. Maestri di forcole (scalmi) e remi sono in altre botteghe Saverio Pastor, Paolo Brandolisio e “il forcolaio matto” Piero Dri. Vengono in mente anche gli specchi veneziani Barbini, la Barovier & Toso, la più antica vetreria di Murano, l’incisore d’arte su vetro Matteo Seguso, il tappezziere Gianni Vianello, le vetrate artistico a piombo di Marco Franzato, il maestro vetraio Pino Signoretto, la fornace di Angelo Orsoni che produce mosaici di vetro a foglia oro e smalti, la Tessitura Bevilacqua con i suoi venticinque telai manuali, i doratori Massimiliano Scarpa e Stefano Zanin, il tajapiera (scalpellino) Giovanni Giusto. Non è un elenco completo, né vuole esserlo. È solo un omaggio, un invito a conoscere quei pochi che a Venezia sono ancora capaci di pensare con le mani e di sorprendere con i loro gesti sapienti e le loro creazioni.
Foto: Paolo Gamelli

2 commenti:

  1. Finalmente un bell'articolo sugli artigiani di Venezia (e non). L'omaggio è ben gradito e speriamo che l'invito, a conoscere questi pochi veri artigiani rimasti, venga accolto, oltre che dai turisti, anche dai Veneziani e dai veneti! Grazie.
    Vittorio Costantini, lavorazione del vetro "a lume"

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  2. Grazie per aver incluso la nostra Ditta nell'articolo. L'artigianato è e sarà sempre una tradizione da non perdere, il valore della manualità si interseca con il valore dell'arte. Complimenti a tutte le Imprese artigiane che dedicano la loro "vita" a un lavoro che va al dì là di una professione.

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