martedì 30 giugno 2015

Grandi e inutili


Grandi e inutili del giornalista di Repubblica Antonio Fraschilla (ed. Einaudi, p. 158) trabocca di un desolato stupore per lo scempio di città e paesaggi, per la classe politica di un Paese nel quale “la logica delle infrastrutture non è stata un volano per la competizione, come avvenuto in altri paesi europei, dalla Spagna alla Polonia, dalla Francia alla Germania, ma è stata un volano per fare piccoli e grandi affari”. Il saggio può essere letto anche come un trattato di anatomia della stupidità, un’analisi della questione meridionale, un atlante dell’assurdo, un catalogo di incubi urbanistici. Olimpiadi di Torino 2006: buttati fra i 200 e i 300 milioni di euro per impianti abbandonati. G8 alla Maddalena: 600 milioni per strutture mai usate e la bonifica del tratto di mare antistante l’arcipelago non completata. Il premio all’incompiuta artistica va al teatro di Sciacca, progetto di Giuseppe Samonà, lavori iniziati nel 1978; l’edificio, dotato di poltroncine climatizzate e della centralina di regia e mixaggio, non è mai entrato in funzione. A Baia di Campi (Gargano) nel 1999 si rilascia il certificato di collaudo per un hotel di 342 posti letto che oggi cade a pezzi: costo 80 miliardi di lire.

Fra le opere per celebrare i 150 dell’Unità d’Italia, si finanzia con 42 milioni di euro l’ampliamento dell’aeroporto di Perugia: traffico di punta  la domenica con 8 voli. A Venezia si bruciano 12 milioni di euro per il ponte di Calatrava: non è idoneo al passaggio dei disabili; le frequenti cadute sui gradini in vetroresina bassi e scivolosi danno il via a 5000 cause di risarcimento; la manutenzione costa  decine di migliaia di euro all’anno. Nel 2011 a Cagliari sprecati 6 milioni di euro per una banchina destinate alle navi da crociera: nessuno ha verificato prima che il fondale era di 7 metri anziché dei 12 necessari per le grandi navi. Nelll’ospedale San Michele, a Amalfi,  dagli anni Novanta non è mai entrato un paziente, in compenso sono stati assunti otto primari pagati per non far nulla. L’ospedale incompiuto più antico d’Italia è quello di San Bartolomeo in Galdo in Campania. Inaugurato nel 1961, con dieci reparti e 133 posti letto, costo 24 milioni di euro, vi lavorano un medico e a un infermiere, ma se qualcuno si sente male il pronto soccorso più vicino è a un’ora di strada. Candidata per la medaglia alla stupidità totale, è la storia della diga senz’acqua di Pappadai, nei pressi di Taranto. A oggi polverizzati 370 milioni di euro per una diga trasformata in discarica. L’aspetto più irragionevole è che l’opera è stata progettata in un territorio privo di fiumi o torrenti: l’acqua avrebbe dovuto essere trasportata dalla Basilicata, regione con la quale prima di iniziare i lavori non si è firmato alcun accordo. Menzione speciale per il trenino delle miniere di Cogne: 11 chilometri e sette gallerie inaugurati nel 1922 e in funzione fino al 1983 quando la Regione chiude il tratto ferroviario. Poi negli anni Novanta  decide di trasformarlo in linea turistica. Spende 30 milioni di euro e sbaglia tutto: costruisce nuovi vagoni troppo grandi per passare nelle gallerie, compra due locomotori che pesano 38 tonnellate (il doppio degli originali), procede a una maldestra intonacatura delle gallerie che si allagano. Riesce, insomma, in quella che sembra una mission impossible: sfasciare nel Duemila uno dei rari trenini d’epoca ancora in funzione. E i sindaci del territorio a che cosa pensano? A ripristinare il vecchio trenino? No, a “una moderna e efficiente funivia” per la quale, fortunatamente, non ci sono fondi. Infine, si fa per dire, La Salerno Reggio Calabria, il simbolo di una questione meridionale mai affrontata e degli affari edilizi delle mafie. Secondo un elenco del governo Monti le opere incompiute sarebbero 600, in realtà sono molte di più: solo a Conegliano, per esempio, piccola cittadina della provincia di Treviso non menzionata nell’elenco, ce ne sono tre: una strada che  finisce nel vuoto, un enorme area industriale mai ristrutturata a distanza di vent’anni dalla presentazione del progetto,  un centro polifunzionale costruito nel 2007 e mai utilizzato. Fraschilla stima che il danno economico equivalga a circa due punti di Pil, cioè 20 miliardi di euro, ma il danno più grave forse non è economico: “Nessuno ripagherà gli abitanti delle Madonie, in Sicilia, per la colata di cemento tra due valli arrivata in nome di una diga mai completata. Nessuno ripagherà gli abitanti di Tor Vergata per quel campo di terra e ferro sovrastato da una vela che si staglia nel cielo inutile. Agli abitanti della Maddalena  chi restituirà la baia incontaminata?” - si chiede l’Autore e prosegue: “Inquinamento ambientale, certo, ma anche un danno sociale di inestimabile portata. Interi quartieri nei quali i bambini cresceranno con davanti agli occhi brutture di cemento inutile. Come fa un bambino che vive in quartiere difficile come Librino di Catania ad apprezzare uno Stato che non ti dà le fogne ma ti costruisce un cubo di cemento  per un palazzetto mai aperto? Come fa un bambino di Amalfi ad apprezzare la cosa pubblica che ti ha piantato nel cuore di un promontorio stupendo che dà sul mare un ospedale vuoto e in abbandono? È forse questo, al di là dello spreco di denaro, il danno più grande delle piccole e grandi incompiute d’Italia”.

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