Nel suo saggio “Breve storia della menzogna” Jacques Derrida cita questo passo di Montaigne: "Se la menzogna, come la verità, avesse una sola faccia, saremmo in una condizione migliore. Di fatto prenderemmo per certo il contrario di quello che dicesse il bugiardo. Ma il rovescio della verità ha centomila aspetti e un campo indefinito.” (Montaigne, Des menteurs, in Essais, Libro I, Capitolo IX, Gallimard, Parigi, 1962, p. 38). Robert Musil propone un ragionamento analogo: “Non esiste una sola idea importante di cui la stupidità non abbia saputo servirsi, essa è pronta e versatile e può indossare tutti i vestiti della verità. La verità invece ha un abito solo e una sola strada, ed è sempre in svantaggio." (da: Der Mann ohne Eigenschaften, Berlin 1931, S.54). Forse esiste una stretta parentela tra menzogna e stupidità. Ma quando parliamo di una verità che ha una sola faccia, un solo abito, una sola strada, di che cosa stiamo parlando? Di un mondo fuori di noi determinabile, riconoscibile, calcolabile, di un senso etico innato, di una fede, di un io che comprende il tutto o di un’intuizione "indicibile" sul senso dell’esistenza? In L’arte di vivere senza verità. Perché oggi ha vinto il cinismo Michel Foucault prosegue il cammino: "Quando la verità è rimessa continuamente in discussione dallo stesso amore per la verità, qual è la forma di esistenza che meglio si accorda con questo continuo interrogarsi? Qual è la vita necessaria quando la verità non lo è più? Il vero principio del nichilismo non è: Dio non esiste, tutto è permesso. La sua formula è piuttosto una domanda: se devo confrontarmi con il pensiero che "niente è vero", come devo vivere? La difficoltà di definire il legame tra l’amore della verità e l´estetica dell'esistenza è al centro della cultura occidentale. Ma non mi preme tanto definire la storia della dottrina cinica, quanto quella dell'arte di esistere. In un Occidente che ha inventato tante verità diverse e che ha plasmato tante differenti arti di esistere, il cinismo serve a ricordarci che ben poca verità è indispensabile per chi voglia vivere veramente, e che ben poca vita è necessaria quando si tenga veramente alla verità." Anche in questo caso la parola verità rivela che la verità (a-letheia) tende a restar non-nascosta solo in parte. Riflessione che potrebbe estendersi al linguaggio, insufficiente nel dire il tutto di qualcosa. Sulla strada della non completezza Vladimir Jankélévitch: "Il volto della verità è sfumato, meno preciso di quello della menzogna. Se c'è del vero nella menzogna, benché non sia il vero, questa verità partitiva costituisce una testimonianza indiretta ma preziosa sulla verità totale. Come riconoscere la verità? La verità ha la sua maniera, anch'essa spesso contraddittoria fino all'assurdo. La mia conoscenza non è mai una conoscenza completa, totalmente adeguata. In questo senso il filosofo ci annuncia che essa è umile" (La menzogna e il malinteso, Raffaello cartina Editore, Milano, 2000). Più tumultuoso e destruens Nietzsche:"Che cos'è allora la verità? Un mobile esercito di metafore, metonimie, antropomorfismi, in breve una somma di relazioni umane che, migliorate poeticamente e retoricamente, sono trasposte e abbellite e che, dopo un lungo uso, sembrano a un popolo salde, canoniche e vincolanti: le verità sono illusioni che abbiamo dimenticato siano tali, metafore divenute consunte e svuotate della forza e dei sensi, monete che hanno perso la loro immagine e che vengono ora considerate solo come metallo non più come monete" (Über Wahrheit und Lüge
im außermoralischen Sinn).
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