giovedì 24 maggio 2012

Perché vola il tappeto?

Ma perché vola il tappeto? Ci viene insegnato che nella lingua araba classica una radice comune lega tappeto e farfalla e certo non soltanto per la fascinazione dei colori. Il tessere e l' annodare alludono di per sé alle vicende ordite per gli uomini da invisibili mani. E si sa come il vocabolo greco che indica l' attimo senza ritorno, da cogliere come un fiore miracoloso kairos sia usato per definire un altro indefinibile: la momentanea, lampeggiante fissura tra l' ordito e la trama in cui la spola penetra fulmineamente, come la lama mortale tra i due pezzi di un' armatura. Ma perché vola il tappeto? Un libro pieno di sapienza, che riferisce press' a poco tutto quanto la Persia classica e soprattutto la Persia mistica hanno insegnato intorno ai fili che corrono tra cielo e terra, ci getta forse con negligenza persino la chiavina d' oro che può dare accesso all' ultima stanza del tappeto: questa piccola, ironica terra che può volare. Si allude in questo libro a una ricomposizione spirituale dell' Eden, anzi addirittura di un mondo precedente all' Eden, dove la pietra e la stella, la rosa e il cristallo, la fonte e lo spino, l' animale feroce e il delicato si apparentano in una dimensione che le racchiude tutte, e si direbbe che la quarta non sia la definitiva. Esso racconta di città smeraldine Jabalqua e Jabarsa dalle mille porte dove sono realizzate all' infinito (proprio come in un tappeto persiano) le differenti specie di immagini originarie formanti una gerarchia di gradi diversificati dalla sottigliezza o la densità. Tali città fanno corona, se così si può dire, al Monte Kaf, centro e insieme cerchio del mondo, del quale così spesso è fatto cenno nelle Notti: cuore di quella inestricabile cosmogonia che è la Storia di Hasib el Karim o della Regina dei Serpenti. Ancora, come il tappeto, la superficie di quelle città è quadrata, indizio di perfezione e di totalità. Che il tappeto orientale voglia offrire uno specchio della divina freschezza di un mondo senza colpa ce lo dicono, d' altra parte, i quattro fiumi paradisiaci che nascono talvolta dalla nicchia d' orazione: così essi sgorgano nei mosaici cristiani, mutati nelle fonti cristalline dei Vangeli, dalla roccia su cui si erge l' Agnello, o traversano tragicamente il manto cosmico del vescovo bizantino. I mistici cristiani leggevano nell' orto misterioso del Cantico un' immagine del giardino dell' innocenza, dove l' anima non è impegnata in altra operazione che sorvegliare dall' inizio della primavera la crescita dei fiori. Siano comunque edeniche o precedenti all' Eden queste terre trasfigurate, queste terre in visione, non vi perviene per gradi quell' intrepido viaggiatore, colui che si raccoglie in orazione sul tappeto? Qui si trova il sentiero che conduce alla sorgente di vita.... E' ragionevole che le meditazioni di tali uomini si concludano qualche volta in levitazioni, in quei voli nei quali il corpo sembra scoccare dall' arco teso della mente rapita. Di simili stati, così abituali nella storia della contemplazione occidentale, un san Giuseppe da Copertino è forse la testimonianza massima. La danza contemplativa di san Domenico, librato da terra sulla punta degli alluci, mani tese e congiunte sopra la testa come una freccia ne offre un profilo ancora più grafico. I due enigmi si scioglierebbero, allora, mutuamente e simultaneamente: il tappeto vola perché è terra spirituale, i disegni del tappeto annunciano quella terra, ritrovata nel volo spirituale.
Cristina Campo, Gli imperdonabili, ed. Adelphi, Milano, 1987

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