La storia racconta che il vecchio Sharkàn, alchimista e maestro nella lettura del Talmud, stupì la regina di
Saba. Dopo l’incoronazione le
regalò un piccolo tappeto che poteva librarsi da terra fino all’altezza delle
orecchie di un cavallo. La regina rimproverò Sharkàn perché il popolo per
giorni non parlò di altro e mancò di onorarla come lei desiderava. L’anziano
talmudista chiese scusa e proseguì gli esperimenti volanti di nascosto. Alcune
antiche illustrazioni mostrano cieli stellati attraversati dalla figura di un
uomo seduto sopra un arazzo. Molti
anni dopo re Salomone nella stanza dei libri si accorse di un meraviglioso
tappeto. Era di seta verde, con ricami d’oro e d’argento, tempestato di
minuscoli zaffiri e turchesi, intrecciato con fili immersi nel rosso delle
cocciniglie raccolte nei giardini di Kashan. Le sue dimensioni erano cinque
volte quelle dei tappeti destinati al corredo dei Cavalieri del Sorriso.
Salomone si accomodò al centro e cominciò a scrivere il libro dei Proverbi,
quando a un tratto si trovò a volare sopra la città e poi più in alto delle
nuvole. Il tappeto
seguiva i suoi occhi, lo portava in l’alto se mirava al cielo, e in basso se
cercava le fontane luccicanti tra le case. Poteva
spostarsi ad una velocità superiore del vento. Tra i suoi viaggi al-‘Awtabi
ricorda quello fra Istakhr e Gerusalemme. Nella regione di Nizwa visitò un
palazzo abitato da un’aquila che gli disse di essere arrivata in quel luogo
ottocento anni prima; anche allora
il palazzo era disabitato ma in ottimo stato.
La cronaca di Tahir è purtroppo illeggibile in
alcune sue parti a causa del cattivo stato di conservazione del manoscritto. I
capitoli sulla tecnica di costruzione dei tappeti volanti sono frammentarie.
Nella traduzione effettuata a fine Ottocento dallo Zoteborg nel suo The
Flying Carpet, Myth or Truth
si legge:
"Nel blog l'altro può firmare nel tuo testo, esiste uno spazio per chiunque decida di arrivare"
domenica 13 maggio 2012
La vera storia dei tappeti volanti
Di tappeti volanti si parla per la prima volta
in un'iscrizione rinvenuta a nei monti Elburz e nel trattato di astronomia di Ur Nanshè.
Di essi non è rimasta traccia, ma ad essi si riferisce la cronaca compilata
intorno all’dodicesimo secolo da Ali ibn Tahir, ambasciatore persiano in Siria.
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Accattivante storia! Buono a sapersi - grazie per la condivisione.
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