Sergio Romano ha usato una chiarezza poco diplomatica ma estremamente efficace per inaugurare la XIV edizione di Pordenonelegge: “Le democrazie sono infelici, inceppate, incapaci di risolvere i loro problemi. È infelice la Francia dove il nuovo presidente della Repubblica viene sfiduciato dall’opinione pubblica; è infelice la Spagna dove la Catalogna rivendica la propria indipendenza, il Belgio dove il divorzio definitivo tra fiamminghi e valloni sembra alle porte. E non è felice la Germania dove un presidente si dimette per un prestito di favore. In Gran Bretagna la presa di posizione del primo ministro sull’Europa rischia di precipitare il paese in una disastrosa crisi economica. È infelice l’Italia che oscilla fra due tentazioni: voltare le spalle alle urne o votare per un movimento populista. I partiti populisti che sfruttano le paure suscitate dalla crisi economica nelle classi medie rappresentano in Europa un terzo dell’elettorato. Il rischio è che il prossimo parlamento di Strasburgo abbia una maggioranza di deputati euroscettici, anzi eurofobici”.
Sergio Romano, dritto come un chiodo davanti ad un piccolo leggio, con lo sfondo giallo pannocchia del festival, prosegue incessante a battere su quello che non va. Sulla corruzione dilagante: “Tralascio il caso italiano che penso vi sia noto. Deputati britannici hanno usato i rimborsi spese per la manutenzione delle loro piscine; un primo ministro francese stato condannato a un anno di carcere per violazione dei diritti civili, Sarkozy è indagato per circonvenzione d’incapace nei confronti di una signora da cui avrebbe ricevuto soldi per la sua campagna elettorale; il primo ministro spagnolo è accusato di aver attinto ai fondi neri del suo partito. Politici europei e americani passano con disinvoltura dagli affari pubblici a quelli privati. Beata la Germania dove si dimettono i politici colpevoli di aver saccheggiato la propria tesi di laurea in Internet. Sembra che la politica moderna non possa fare a meno di somme crescenti di denaro, che inevitabilmente creano corruzione poiché i finanziatori vengono ripagati con leggi, decisioni, rapporti, utili ai loro interessi”.
Il dilagare degli scandali “ha pericolosamente accentuato il ruolo della magistratura alterando gli equilibri fra i poteri dello stato: in Italia la Procura di Palermo ha lambito le soglie del Quirinale”. Per Sergio Romano le democrazie europee entrano in crisi fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. La caduta del muro di Berlino, la disintegrazione della Russia, la vocazione politica del trattato di Maastricht, la trasformazione del regime cinese secondo principi autoritari e nello stesso tempo liberali, le nuove tecnologie, una borsa mondiale aperta 24 ore su 24, hanno aperto le porte a una globalizzazione degli interessi economici e quindi alle forti pressioni sui politici. Ma come uscirne? Sergio Romano non ha dubbi: “Basta con le elezioni dei “pensionati europei”, di parlamentari che non hanno voce in capitolo su scala mondiale e nel loro paese. È necessaria un’Europa che sappia riunire le proprie forze, è necessario che i governi nazionali abdichino alle vecchie sovranità, che gli elettori conferiscano un potere a chi abbia la facoltà di esercitarlo. Solo così l’Unione europea potrà negoziare autorevolmente con America, Cina, Brasile, Russia, India. Un’europa libera da ambizioni imperiali può essere un fattore di equilibrio. La tartaruga europea, se davvero ci credessimo, potrebbe rivelarsi migliore delle lepri continentali.”
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