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giovedì 10 marzo 2011
Senza scrivania
È possibile lavorare senza scrivania? Certo. Ci si siede in poltrona si accende un iPad e si comincia a lavorare. Non si costruiscono tubi, si saldano idee, non si dipinge un soffitto si disegna un business model, non si fabbrica un prodotto si programma un’applicazione, un social game, un network. L’innovazione passa anche da una diversa postura del lavoratore: in poltrona, in treno, sdraiato sul letto, si può creare e innovare al tavolino del bar come in barca. Non c’è più bisogno di una scrivania, il lavoro si è geodiffuso e i fondamentali sono: un’idea innovativa, una rete di contatti e, questa è l’unica cosa che non è cambiata dai tempi di Cristoforo Colombo, un finanziatore per decollare e fare concorrenza a Mark Zuckerberg o Jimmi Wales. Se ne parla, nella sala riunioni di H-Farm, pochi minuti prima che Silvio Cioni di H-art inizi il suo speech sulla Lift Conference di Ginevra intitolata “ What can the future do for you?”, un appuntamento che quest’anno ha registrato 33 speaker, 1084 partecipanti e 5000 tweets. Cioni comincia da Don Tapscott, l’autore di “Macrowikinomics: rebooting Business and the World” . Nel suo intervento ha ribadito alcuni concetti chiave: openess, collaborazione, condivisione, interdipendenza. Gli speech erano accompagnati da strategic illustration, degli schemi che riassumevano per immagini gli interventi. Disegnare rappresenta una modalità per pensare in modo innovativo, la possibilità di sviluppare attraverso la tecnica dello sketching – usata di norma dai designer - dei business model è spiegata da Alexander Osterwalder nel suo libro “Business Model Generation”. Steve Portigal, che sta scrivendo “The Art and Craft of User Research Interviewing: Diving Deep for Insight”, e Thomas Sutton di Frog Design Milano si sono soffermati su partecipatory design e processi di cocreation, ponendo però un interrogativo fondamentale: le aziende sono pronte?
Steffen Walz, direttore del Future Games and Experimental Entertainment Laboratory di Melbourne, ha approfondito il concetto di gamification, “una parola sbagliata per un’idea giusta”, distinguendo i sistemi commerciali di reward mascherati da giochi a punti e rientranti nella categoria della pointsfication. Sulla frontiera del gioco anche Etienne Mineur di volumique.com con libri che interagiscono come videogiochi con iPhone, o che impongono una lettura temporizzata prima di trasformarsi in pagine coperte da macchie. (A proposito di libri, vanno ricordati gli sviluppi del social reading). “La sessione dedicata ai giochi – racconta Cioni – si è conclusa con la riflessione di David Calvo di Trasnmedia: Do not gamify life, use life to vivify games”.
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