È
dell’altra sponda, diciamo, il più delle volte con un sorriso, per affermare
che quella persona è un omosessuale o ha dei modi di fare che potrebbero farlo
pensare. Noi, seduti sulla sponda giusta, ci sentiamo rassicurati: almeno quel
difetto lì non ce l’abbiamo, o crediamo di non averlo (quel difetto, infatti, è
solo una maggiore intensità della nostra componente maschile o femminile).
Sabato
a Venezia le due sponde si sono mischiate per il Gay Pride, e quando in
campo San Polo qualcuno ha chiesto agli etero di alzare la mano i
"normali" si sono accorti di essere un’allegra minoranza. Etero
più intelligenti, più sensibili, più aperti di altri?
Forse più consapevoli che i ghetti, i recinti, i muri, non portano mai a nulla di buono. Divertente la misticanza di parrucche colorate, tacchi a spillo, trucchi arcobaleno, slogan come “Anche Gesù ha due padri perché io non posso?”, “Nessun amore è diverso”, ma l’orgoglio non era quello di appartenere all’altra sponda, l’orgoglio era quello di poterlo dire senza essere presi in giro, senza vergogna, senza sguardi sprezzanti, senza botte, l’orgoglio era quello di potersi abbracciare e baciare in pubblico liberamente senza che nessuno ci facesse caso, o quasi.
Forse più consapevoli che i ghetti, i recinti, i muri, non portano mai a nulla di buono. Divertente la misticanza di parrucche colorate, tacchi a spillo, trucchi arcobaleno, slogan come “Anche Gesù ha due padri perché io non posso?”, “Nessun amore è diverso”, ma l’orgoglio non era quello di appartenere all’altra sponda, l’orgoglio era quello di poterlo dire senza essere presi in giro, senza vergogna, senza sguardi sprezzanti, senza botte, l’orgoglio era quello di potersi abbracciare e baciare in pubblico liberamente senza che nessuno ci facesse caso, o quasi.
C’è una
sofferenza costretta a restare muta sull’altra sponda, schiacciata dal
conformisimo, dai luoghi comuni, dall’immensa ignoranza di molti cuori pronti a
scagliare pietre, a lanciare sull’altro il peso della propria esistenza. Una
sofferenza più acuta quando hai sedici anni e vivi in un paese, in una città,
in una famiglia che ti considera una creatura sbagliata, un caso patologico, un
frocio, una lesbica, un trans.
A lato
del palco, la traduttrice per i sordi roteava mani ed occhi per trasformare i
suoni in segni, le parole in gesti; un linguaggio commovente che ricordava la
silenziosa lacrima della diversità, ma la ricordava con gioia, con leggerezza,
con accoglienza: Tu non sei della stessa sponda, ma qui sei il benvenuto,
perché in realtà apparteniamo entrambi ad un’unica sponda, quella della
fratellanza.
La
parola abbraccio diventava due braccia allargate a cerchio, ma non saprei
descrivere i gesti usati per
tradurre che la regione Veneto è l’unica in Italia che non ha concesso il
patrocinio alla manifestazione, che alcuni politici hanno parlato di pulizia
etnica nei confronti degli omosessuali, che l’omosessualità in un disegno di
legge è stata equiparata alla pedofilia, che rispetto ad altri paesi europei
solo una minima parte dei gay in Italia dichiara la propria condizione,
eccetera. Sembravano cronache da Marte ma non lo erano.
(Qui una photostory dell'evento) #VeneziaPride2014
Essere lesbica e vivere in veneto, in particolare nella provincia più alta e più chiusa di , non è solo difficile, è impossibile, e non solo a 16 anni, anche a 35. Nascosta come l'ultima dei delinquenti, anonima anche qui in questo spazio che sento amico, m voglio dire grazie a chi come te ci mette la faccia e le parole giuste.grazie di cuore.
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