Il libro ha una copertina forte come il titolo: un minareto che infilza un melograno. L'autrice Elif Shafak è stata processata in Turchia per offesa all'identità della nazione e poi assolta, come il premio Nobel Orhan Pamuk.
Intorno all'amicizia delle due giovani protagoniste, l'armena Armanoush e la turca Asya (è lei la bastarda di Istanbul), si ricostruisce con qualità la storia di una famiglia armena perseguitata dai turchi nei primi anni del Novecento. La spilla comprata da Hovhannes Stamboulian rappresenta un melograno e passerà di generazione in generazione fino ad arrivare a...
"Tutta la verità è... che certi armeni della diaspora in realtà non vogliono che i turchi riconoscano il genocidio. Se mai lo facessero, ci sfilerebbero il tappeto di sotto i piedi e ci toglierebbero il legame più forte che ci tiene in piedi. Proprio come i turchi si sono abituarti a negare le loro malefatte , noi armeni ci siamo abituati a crogiolarci nel vittimismo. A quanto pare, certe vecchie abitudini andrebbero cambiate da entrambe le parti", si legge nel libro.
Inconsueto l'indice che stuzzica il gusto e l'olfatto con titoli come "Cannella", "Nocciole tostate", "Scorze d'arance", "Uva passa". Ingredienti di una buona ricetta che termina con il Cianuro di potassio e con una figlia, Asya, che ritrova e comprende il rapporto con sua madre Zeliha.
Sullo sfondo una città magica:" A Istanbul marzo è squilibrato. Può decidere di appartenere alla primavera, mite e fragrante, solo per cambiare idea in ventiquattr'ore e tornare all'inverno, scagliando venti gelidi e pioggia ghiacciata ovunque."
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