"Marias è un grande narratore della verità e del segreto, dell'impossibiità e talora della necessità dell'ignorare. Il suo grande compatriota, Graciàn, deve avergli insegnato che la verità è un salasso al cuore. Raccontare deforma e altera i fatti, li crea e insieme li nega. Lo scrittore e il lettore sono anche delle spie; inventare la vita come fanno gli scrittori - dice Marias - significa "trovare", scoprire la vita stessa, come vuole il verbo latino "invenire". La scrittura fa qualcosa di più: scopre l'assenza, ciò che è andato perduto, le omissioni e i desideri inappagati di un'esistenza, i progetti frustrati; scopre ciò che uno è stato e ciò che non è stato. Solo il racconto può rappresentare questo lato concavo della vita, queste alternative alla realtà all'indicativo ovvero alla totalità dell'esistenza, perché noi siamo quello che abbiamo fatto ma anche quello che avremmo voluto fare, quello che forse per un mero caso non abbiamo fatto ma eravamo pronti a fare, quello che abbiamo pensato e desiderato forse senza confessarcelo, quello che abbiamo dimenticato o fingiamo di aver dimenticato. In ciò consiste la verità della scrittura ma anche il suo potenziale devastante, perché costringe a are i conti con la totalità di ciò che siamo, il cui peso talora è insostenibile." (Claudio Magris)
"Le scatole cinesi di La vita è breve di Onetti non sono meccaniche. Grazie a queste, scopriamo che il vero argomento del romanzo non è la storia del pubblicista Brausen, ma qualcosa di più vasto e condiviso dall'esperienza umana: il ricorso alla fantasia, alla finzione, per arricchire la vita delle persone e il modo in cui le finzioni che la mente affabula si servono, come materiale di lavoro, delle minime esperienze della vita quotidiana. La finzione non è la vita vissuta, ma l'altra vita, quella fantasticata con i materiali che essa le fornisce e senza la quale la vita vera sarebbe più sordida e misera di quanto non sia." (Vargas Llosa)
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