lunedì 24 gennaio 2011

Shabbat

Andartene via di sabato pomeriggio, proprio all' uscita dello Shabbat in cui noi ebrei leggiamo il testo dei dieci comandamenti, nonna, è solo l' ultima delle attenzioni che hai mostrato a noi ed alle cose importanti che guidano la nostra vita. Da musicista, come dice sempre mio padre, hai saputo, con il tuo senso dell' armonia e del ritmo, scegliere un momento che ci trovasse tutti insieme anche per questo. Non te ne sei andata lo scorso anno, mentre ero in America a perfezionare gli studi, o in Israele. Me lo avevi promesso e, come sempre, hai mantenuto. Già ieri, chissà se te lo saresti aspettato, giornali e televisioni hanno ripercorso la tua vita densa di impegni e successi, dagli anni dell' antifascismo alla presidenza Ucei, dall' esilio in America alla commissione d' inchiesta sui crimini commessi dai militari italiani in Somalia. Lo stesso percorso che tu ed io, di fronte ai pranzi squisiti che cucinavi, tra risate e qualche volta anche lacrime, abbiamo fatto qualche anno fa per pubblicare il nostro libro. Ti ricordo quando mi prende l' ansia e metto le mani in bocca, come sto facendo ora, e quando parlo velocemente mangiando le parole. «Parla adagio» e «non ti rovinare quelle belle mani, disgraziata» me li ripeterò ogni volta che ce ne sarà bisogno, te lo prometto. Ti penso perché ci piacciono gli stessi profumi. Ti penso anche quando, come oggi, cerco affannosamente un parrucchiere che, prima del funerale (oggi alle 12.30, ndr), mi faccia questa benedetta acconciatura a banana di cui parlavi sempre e con cui, adesso lo rimpiango, non ti ho mai dato la possibilità di vedermi. «Vivi più che puoi perché non sarai mai giovane come oggi», era un' altra cosa che dicevi sempre, come che le mie gonne erano troppo corte anche quando in realtà non lo erano. Venivo da te con gioie, affanni, indecisioni, dubbi esistenziali. Non potrò mai dimenticare i giorni, tanti, in cui ho aperto a te il mio cuore felice e poi sofferente. «La vita è lunga - dicevi -, ti devi lasciar vivere». Ripetevi che quando si è giovani tutto sembra irreparabile ma poi in fondo non lo è. Credo che tu abbia ragione, ed ho capito che, proprio come dicevi tu, il cuore è un muscolo intelligente con una voce speciale e «quando urla lo senti». Con Tobia e me hai anche sempre saputo come essere complice. Ieri ho camminato un po' intorno a piazza delle Tartarughe prima di venire da te in ospedale. Mi è tornata alla mente quella volta che, a quattordici anni, i miei genitori mi affidarono qualche giorno a te prima di tornare dalle vacanze. Avevamo pattuito un' uscita clandestina con il ragazzo di allora e rientro all' una. Tornai alle tre e mezzo e scivolai nel letto vestita. Poco dopo eccoti affacciata alla porta della stanza. «Sei tornata?», e io, «sì, da un bel po' ». Tu: «brava, bene, bene» ma continuavi a fissarmi con un aria vispetta e un po' ironica, e io non ho saputo resistere. Mi sono costituita. Quanto abbiamo riso. Mi avevi sentito benissimo, e il giorno dopo toast al formaggio per colazione e omertà con i miei genitori. Tobia invece ricorda di quando andava alle scuole elementari a Lungotevere Sanzio e tu passavi di fronte all' uscita per dargli un bacio prima che tornasse a casa. I miei amici ridono ancora ricordando quella serata in cui, per tenermi qualche ora in più con te dopo cena, invece di raggiungerli alla vineria, mi convincesti ad invitarli da te per un drink alle undici e mezzo. Tu ed io bevevamo mirto, altra passione comune, ma di versarlo ai ragazzi ti sei rifiutata. «Roba da signorine», hai detto, prima di ubriacarli di whisky on the rocks. Una delle cose che mi hai insegnato quando rimanevo con te è che una signora lascia sempre il suo bagno in ordine e che un bicchiere di vino rosso prima di affrontare una prova importante è un trucco che funziona quasi sempre. Un' altra è che le cose importanti, nella vita, accadono. So che avresti voluto esserci in altre occasioni liete che, con la tua benedizione, avverranno nella mia vita. Ti prometto che in quei giorni, come sempre, sentirò una delle tue mani sulla testa a proteggermi e l' altra dietro la schiena a infondermi coraggio e spronarmi a fare sempre di più e meglio.
Nathania Zevi

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