martedì 26 aprile 2011

Da Jadlowker


La pallottola in mezzo alla quercia della foresta di Debrinja si è conservata tra un anello e l’altro, precisamente tra il sessantesimo e il sessantottesimo anno. Ogni albero ha il suo diario a saperlo leggere. Ogni stagione lascia traccia delle piogge e delle grandinate tra un cerchio concentrico e l’altro, ogni fulmine incide la sua ferita che puoi leggere per sempre. Gli alberi con le loro chiome mormoranti passano oltre le vicende degli uomini, anche tagliati continuano a vivere, a profumare a muoversi tra caldo e freddo, tra secco e umido, tra profumi e odori. Come fai a tagliare un albero? Tagliare un albero è come tagliare una vita. Anche cogliere una mela o un fiore. Vivere è prendere spazi e usare d’altro per poi lasciare spazio ad altri. Ogni nostro gesto è un togliere per dare o ricevere, un vivere e morire, un prendere e lasciare. Ma l’albero ha qualcosa di speciale, quando lo tagli diventa legno ma non muore, continua a raccontarti qualcosa se lo sai ascoltare. Ti parla anche quando non c’è, riscalda una memoria che sottovoce ti riporta nel bosco dov’è cresciuto, lì dalle parti di Debrinja. Non so se se ci sei mai stato a Debrinja, ma se hai letto i romanzi di Joseph Roth e Stefan Zweig te la puoi immaginare. Comincia ai bordi di un piccolo paese e poi continua nel verde più fitto per confondersi tra Bosnia, Serbia e Slovenia, terre dove le battaglie tra cristiani e mussulmani non sono mai finite, dove l’odio tra gente cresciuta a pochi chilometri di distanza ha provocato non molti anni fa la tragedia del Kosovo. Guardando la chiesetta del paese preferisci allora andare qualche anno più in là, prima delle due guerre, quando c’era ancora Francesco Giuseppe, anche se ti accorgerai che ogni secolo porta con sé le sue guerre, come ogni pianta i suoi rami storti. Te lo immagini un giorno dei primi del Novecento quando in paese si faceva la fila dal panettiere Branco e alla stazione di posta c’era un cartello con gli orari delle carrozze. L’unica taverna aperta era quella di Jadlowker, era aperta giorno e notte e ci potevi trovare un po’ di tutto, dal ricco signore che una volta all’anno passava di là per controllare l’amministrazione delle sue terre e le vendite del legname, ai boscaioli che la sera si trovavano per bere un’acquavite come premio della giornata trascorsa sotto il sole o, più spesso, sotto la pioggia, al sarto che per tutto l’inverno girava da un paese all’altro. A mezzogiorno e alla sera passavano i gendarmi della Kaiserlich Königliche Polizei per vigilare su bari, disertori e prostitute che in fuga da un ordine d’arresto o da un regolamento di conti si rifugiavano tra quei boschi sperduti.

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