lunedì 26 novembre 2012

Magari ci si rivede


La barba di un giorno, i capelli corti e la giacca a vento che quasi gli tocca le orecchie. Parla in friulano con l’amico di fronte, capello gellato, baffetto e pizzo alla D’Artagnan. Guardo le mani, sono mani grandi con la pelle che sembra corteccia, non lavorano al computer di sicuro. Come comincia una conversazione in treno? Di solito con un’affermazione ovvia, Che tempo oggi, Questi treni sempre in ritardo, Che caldo..., eccetera, il repertorio è vasto, i due parlano in friulano, friulano stretto, Siete dell’alto Friuli? Ecco è iniziata più o meno così la conversazione. Lui, faccia tonda, occhi buoni, ha lavorato quarant’anni nelle acciaierie Danieli vicino a Reana, provincia di Udine. In quarant’anni mai fatto un giorno di ferie, pagavano bene, eravamo milleduecento, dei sindacati neanche l’ombra. L’unghia dell’anulare destro non c’è più, non chiedo quale pressa se l’è portata via. Racconta di una fabbrica con venti turni, sabati e domeniche compresi, della fragilità dell’acciaio, dell’efficienza delle macchine Pomini, le costruivano a Milano, della polvere e del fumo, del caldo che ti faceva sudare anche d’inverno, Portavo sempre una doppia maglia di lana, perché davanti avevo il forno ma
dietro le porte del capannone si aprivano per far passare i carichi e con i carichi arrivavano delle botte di aria fredda, quando ne avevi prese due o tre eri finito con la schiena. Racconta di quando gli avevano proposto di lavorare per la Beltrame di Mestre, che adesso ha vinto una commessa per costruire i binari delle ferrovie turche. Lui comunque è l’unico che ha lavorato in acciaieria, gli altri sono ex ferrovieri, tutti paesani, di Reana, vicino a Tavagnacco, vicino Udine. Ma dove andate? A Pescara a prendere l’olio. Siete proprio una bella compagnia, buon viaggio, divertitevi.
Sale a Desenzano, ha una borsa in juta, di quelle riciclabili che si usano per fare la spesa senza dover chiedere il sacchetto di plastica, le ciglia sparute e la pelle intorno agli occhi sembra gonfia, forse per un’allergia, forse per il botulino. Passa una zingara e lascia un cartoncino giallo, Ho due figli, sono senza lavoro ...  entrambi mettiamo una moneta. La conversazione si sviluppa intorno al senso di quell’offerta, l’importante è come ci si sente, lei torna a Torino, non proprio a Torino, in un paesino della Val di Lanzo a trenta chilometri da Torino, ha partecipato a un corso di biogeologia: insegnano a trovare l’acqua e non solo: siamo immersi in campi di energia, anche nei rapporti con le persone sentiamo energie positive o negative, così ci sono luoghi speciali che definiamo pieni di energia, una radura nel bosco, Castel del Monte, una roccia. Lei all’inizio non ci credeva, però aveva un problema d’acqua a casa sua, i muri del piano terra erano quasi sempre bagnati a causa di una falda, un rabdomante le indicò il punto preciso in cui scavare un nuovo pozzo e da allora la falda a monte si è abbassata e il problema risolto. Le chiedo se conosce la comunità di Ivrea, la setta religiosa di Damanhur che ha scavato un tempio sotterraneo di sette piani, prima dichiarato abusivo e oggi sotto la salvaguardia della soprintendenza. Alcuni suoi amici c’erano finiti dentro e con fatica sono riusciti a tornare liberi: Dvi donare alla comunità tutti i tuoi soldi e il capo ha amicizie importanti, se no non si spiega. Si fa chiamare Falco, una ragione ci sarà.
Alberto, il viso che finisce in una barba curata, le mani che gesticolano come se manovrassero una macchina, è il responsabile commerciale di Industrial Innovation, una società che produce caschi particolari, permettono di teleguidare una persona, sono muniti di auricolari, telecamera, occhiali con schermi che trasmettono immagini. Spiega al cellulare che per quanto riguarda la realtà virtuale collabora con un’altra azienda che realizza tavoli e pavimenti interattivi, oloscreen e sistemi di realtà aumentata. In una settimana fa quattromila chilometri, propone anche simulatori di volo e simulatori per la guida di carelli elevatori, pare che un numero altissimo di incidenti sul lavoro avvenga per una pessima guida di questo mezzo. Forse andrà a Chicago la prossima settimana.
Sono due, due che gridano, forse si amano troppo, forse non si amano più. Ogni volta che alzano la voce, le teste dei passeggeri si sporgono e guardano in direzione del rettangolo scorrevole trasparente: litigano nell’atrio della carrozza, seduti sullo scalino della porta. Sono convinti che il rumore del treno copra quello delle loro voci. Invece ad ogni picco di decibel le teste si voltano verso la fine del vagone come in una partita di tennis.
Sale a Verona, di lei arriva prima il rumore dei tacchi, tomaia nera abbellita da brillantini in punta e dietro, trolley rosso e blu, vestito di lana corto. Si siede. Davanti a lei, accanto al finestrino, un trentenne indaffarato agli schermi del cellulare e del tablet. Lei prova due volte a parlarci ma il trentenne in giacca rosso vino non molla i display. Telefona anche lei, racconta che è sempre in giro, non si ferma mai, forse si vedranno in gennaio. Si occupa per caso di moda? No di marketing, faccio funzionare i punti vendita di una grossa catena di supermercati. Una donna manager? Direi di sì, anche se preferirei stare a casa con mia figlia, ma guadagno bene, il doppio di mio marito architetto, Ho tre abbonamenti, Venezia Milano, Venezia Firenze, Venezia Roma, quando posso torno a casa, non mi fermo fuori a dormire. Prima di scendere parla con un addetto alle pulizie, In questi anni siamo diventati amici, anche con i controllori, ho i loro cellulari, se prende di nuovo questo treno da Milano magari ci si rivede.
(Foto scattata all'interno della libreria Hugendubel di Monaco)

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