Quando
leggi Le Città invisibili di Calvino t’inoltri fra vicoli tortuosi, vie
pensili, torri fumanti, ponti sospesi sul vuoto, piazze a spirale, bifore
moresche, cupole a cipolla, nascondigli acquatici, porti avvolti dalla nebbia, boschi
d’ebano, scale oltre le nubi, per arrivare nell’ultima pagina in un luogo che
non ti saresti immaginato, avresti voluto restare lì sospeso fra i segni e le
metafore, le interpretazioni e le fantasie, e invece ti ritrovi all’inferno con
un'accurata indicazione sulla strada da seguire: “L’inferno dei viventi non è
qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che
abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non
soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne
parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige
attenzione, apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in
mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
Italo
Calvino, Le città invisibili
In pratica, la narrazione del film Matrix con qualche bel decennio di anticipo.. Quando l'intelligenza, la creatività, l'intuizione ed il genio si incontrano, bastano poche parole a descrivere un mondo.
RispondiEliminaMarco Pesciolini