Robert
Rasmussen, piscologo, educatore, consulente per la Nasa ed eBay, è un signore
danese che a una certa età si è messo a giocare con i Lego, i mattoncini
colorati della nostra infanzia. I Lego li ha inventati un suo connazionale negli anni Venti,
si chiamava Ole Kirk Christiansen e il suo motto era leg godt che in danese significa gioca
bene. Rasmussen ha giocato talmente bene con i Lego che li ha trasformati in un metodo
di formazione e motivazione dei gruppi di lavoro (organization design, team building and management), il Lego Serious Play. La sua società oggi
ha sedi negli Stati Uniti, in Danimarca, a Tokyo, Singapore, in Francia e a
Buenos Aires. Ieri, per la prima volta, Rasmussen è venuto in Italia, alla
Fiera del Restauro di Ferrara, invitato dal professor Marcello Balzani,
responsabile del polo Teknehub dell’Università di Ferrara e direttore del
Diaprem, hub di riferimento per il restauro e la valorizzazione dei beni
culturali. Due innovatori sulla
stessa scena.
E la scena raccontava molto bene che la cultura non è esclusiva ma inclusiva. Sullo schermo centrale si succedevano le slide dei relatori di Lego Serious Play, mentre ai lati i video di Alessandra Tursi raccontavano la collaborazione fra l’Università e il National Institute of Design di Ahmedabad. “Il nostro, spiega Balzani, è un approccio coinvolgente e multidisciplinare, abbiamo collaborato con la polizia scientifica, la Ferrari, il Coni, e da oggi con Lego Serious Play. Non seguiamo la corrente del “dov’era com’era”, ma da anni crediamo che la strada da seguire sia “dov’era ma non com’era”. La cultura è trasferimento di valori, ma anche tradimento, perché chi la accoglie ha bisogno che il linguaggio che non conosce venga tradotto, quindi non c’è mai una corrispondenza, un’identità. Identità è parola esclusiva che non accetta l’altro, non permette contaminazioni. Io invece credo che un testo, un tessuto di conoscenze, la facciata di una chiesa non vadano conservati in modo ospedaliero. È necessaria una spiegazione più che una cura, una lettura delle stratificazioni non un’amnesia, una risoluzione dei conflitti invece di una difesa dell’identico. Altrimenti non capiamo più perché in Messico ce l’hanno ancora con gli spagnoli, o perché Oscar Niemeyer costruisce Brasilia o Le Corbusier progetta le unità d’abitazione. Dimenticare e ripetere impediscono di capire perché facciamo una cosa. Lego Serious Play è un metodo per comprendere, ha migliorato del trenta per cento i risultati dei nostri studenti. Ottimizzare il lavoro di un team, individuare un leader, apprendere un processo e un metodo di confronto, origina percorsi, ragionamenti, creazioni che non sono semplificanti ma estrattive, profonde. La cultura è un imbuto rovesciato che cattura e collega i saperi per gettarsi in nuove visioni del mondo.” Come il concorso internazionale inventato da Giuseppe Mincolelli, docente di design industriale, e Marcello Balzani, il Chidec, Cultural heritage inclusive design contest. “Vogliamo premiare le idee di inclusive design che superano le difficoltà di accesso alla cultura e al bene culturale: monumenti, poesia, letteratura, arti popolari, gastronomia - dice Mincolelli. Un’etichetta per una bottiglia di vino con i caratteri braille è inclusive design. Per secoli l’esclusività è stata un valore, secondo noi, invece, il valore oggi è accettare tutti, superare le barriere, favorire i progetti e le idee che permettono di accedere alla conoscenza dei patrimoni culturali. Chidec nasce per creare ponti fra le persone e le conoscenze: nuovi sistemi di mobilità urbana, piattaforme interattive, siti web, eventi culturali, linguaggi, spazi culturali, metodi di apprendimento”. Se di questi argomenti si fosse parlato intorno ad un tavolo di Lego Serious Play la costruzione sarebbe diventata un intreccio di colori, congiunzioni, forme inconsuete. Rasmussen chiede ai Lego serious player di raccontare i loro pensieri componendo i mattoncini colorati. Questo attiva le aree del cervello che sovrintendono alle attività manuali e genera la possibilità di dar vita a percorsi creativi, favorisce la concentrazione, abbassa le difese inconsce. Alcune keywords usate dai relatori: coinvolgente, motivante, intuitivo, dinamico, imprevedibile, attraente, immaginativo, innovativo, visionario, informale, logico, generativo, adattivo, collettivo, attivo, inclusivo, un emotional fitness, un crafting issues, un modello di connessioni. Alla fine dell’incontro foto di gruppo: la cultura in gioco per Rasmussen e Balzani è la cultura del Noi.
E la scena raccontava molto bene che la cultura non è esclusiva ma inclusiva. Sullo schermo centrale si succedevano le slide dei relatori di Lego Serious Play, mentre ai lati i video di Alessandra Tursi raccontavano la collaborazione fra l’Università e il National Institute of Design di Ahmedabad. “Il nostro, spiega Balzani, è un approccio coinvolgente e multidisciplinare, abbiamo collaborato con la polizia scientifica, la Ferrari, il Coni, e da oggi con Lego Serious Play. Non seguiamo la corrente del “dov’era com’era”, ma da anni crediamo che la strada da seguire sia “dov’era ma non com’era”. La cultura è trasferimento di valori, ma anche tradimento, perché chi la accoglie ha bisogno che il linguaggio che non conosce venga tradotto, quindi non c’è mai una corrispondenza, un’identità. Identità è parola esclusiva che non accetta l’altro, non permette contaminazioni. Io invece credo che un testo, un tessuto di conoscenze, la facciata di una chiesa non vadano conservati in modo ospedaliero. È necessaria una spiegazione più che una cura, una lettura delle stratificazioni non un’amnesia, una risoluzione dei conflitti invece di una difesa dell’identico. Altrimenti non capiamo più perché in Messico ce l’hanno ancora con gli spagnoli, o perché Oscar Niemeyer costruisce Brasilia o Le Corbusier progetta le unità d’abitazione. Dimenticare e ripetere impediscono di capire perché facciamo una cosa. Lego Serious Play è un metodo per comprendere, ha migliorato del trenta per cento i risultati dei nostri studenti. Ottimizzare il lavoro di un team, individuare un leader, apprendere un processo e un metodo di confronto, origina percorsi, ragionamenti, creazioni che non sono semplificanti ma estrattive, profonde. La cultura è un imbuto rovesciato che cattura e collega i saperi per gettarsi in nuove visioni del mondo.” Come il concorso internazionale inventato da Giuseppe Mincolelli, docente di design industriale, e Marcello Balzani, il Chidec, Cultural heritage inclusive design contest. “Vogliamo premiare le idee di inclusive design che superano le difficoltà di accesso alla cultura e al bene culturale: monumenti, poesia, letteratura, arti popolari, gastronomia - dice Mincolelli. Un’etichetta per una bottiglia di vino con i caratteri braille è inclusive design. Per secoli l’esclusività è stata un valore, secondo noi, invece, il valore oggi è accettare tutti, superare le barriere, favorire i progetti e le idee che permettono di accedere alla conoscenza dei patrimoni culturali. Chidec nasce per creare ponti fra le persone e le conoscenze: nuovi sistemi di mobilità urbana, piattaforme interattive, siti web, eventi culturali, linguaggi, spazi culturali, metodi di apprendimento”. Se di questi argomenti si fosse parlato intorno ad un tavolo di Lego Serious Play la costruzione sarebbe diventata un intreccio di colori, congiunzioni, forme inconsuete. Rasmussen chiede ai Lego serious player di raccontare i loro pensieri componendo i mattoncini colorati. Questo attiva le aree del cervello che sovrintendono alle attività manuali e genera la possibilità di dar vita a percorsi creativi, favorisce la concentrazione, abbassa le difese inconsce. Alcune keywords usate dai relatori: coinvolgente, motivante, intuitivo, dinamico, imprevedibile, attraente, immaginativo, innovativo, visionario, informale, logico, generativo, adattivo, collettivo, attivo, inclusivo, un emotional fitness, un crafting issues, un modello di connessioni. Alla fine dell’incontro foto di gruppo: la cultura in gioco per Rasmussen e Balzani è la cultura del Noi.
Al
convegno Lego & Architecture, sono intervenuti Patrizia Bertini, organizzatrice dell'evento, Robert
Rasmussen, Per Kristiansen, uno dei più esperti facilitatori Lsp, Lucio Margulis per un'applicazione del metodo in architettura, Elena Marchiori, executive director Webatelier, Carlo Bughi per i laboratori Lsp con gli studenti di architettura, Giuseppe Mincolelli, Marcello Balzani.
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