Interno
treno: non ti saluto neanche con un cenno, e nemmeno mi sposto, non voglio
parlare con Te, non m’importa nulla di conoscerti. Né Te che sembri un
insegnante che ha rinunciato alla felicità, nè Te che sembri una turista con
quella giacchina bianca a pois neri, né Te che che giochi a fare il divo con la
maglietta grigia attillata e i mocassini in finto camoscio. Non m’importa nulla
che stai seduto di fronte o di fianco, io guardo il mio cellulare, controllo
messaggi che non ci sono, fingo di dormire, ascolto canzoni che so a memoria con le orecchie tappate dagli auricolari, gioco all’Alieno di Los
Angeles aggrappato
alla playstation, non tolgo il gomito dal bracciolo, né levo le ginocchia,
porto gli occhiali scuri per non
incontrare il tuo sguardo, e quando arriveremo continuerò a starti
distante, appoggiato alla porta opposta a quella dove si scende.
In quel
viaggio una voce anonima ripeteva spesso Chi viaggia con noi viaggia
nel massimo comfort, e Il controllore nell’esercizio delle sue funzioni è
un pubblico ufficiale pertanto...
Arrivati
alla stazione il capotreno aprì le porte sbagliate e il passeggero Né finì
lungo disteso fra i binari con i timpani perforati dagli auricolari.
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