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"Che fai tu luna in ciel...?" chiedeva Leopardi. Difficile rispondere, ma i greci alcune idee le avevano. E riguardavano il comportamento amoroso del nostro pianeta. Per noi, nelle canzoni e forse anche nella vita, la luna fa innamorare: per loro, si innamorava, e di conseguenza aveva degli amanti. Rappresentata, a quei tempi, come una giovane donna di straordinaria bellezza, Selene (così si chiamava, allora), ogni notte percorreva il cielo su un carro d'argento trainato da due cavalli, e notoriamente aveva avuto un considerevole numero di avventure amorose. Tanto per non smentirsi, Zeus l'aveva corteggiata, e si diceva avesse avuto un figlio da lei; in Arcadia erano celebri i suoi amori con Pan, il dio dei pastori e delle mandrie. Ma l'amante preferito pare sia stato Endimione, un pastore, superfluo a dirsi, bellisssimo, di cui Selene si era innamorata non appena, durante uno dei suoi giri notturni, il suo sguardo era caduto su di lui. Ufficialmente Endimione era nato da Etlio e Calice, figlia di Eolo, ma alcuni sostenevano che il suo vero padre fosse Zeus. Quand'anche la diceria fosse vera, comunque Endimione non era immortale. E così, quando Selene s'innamorò di lui, Zeus acconsentì a esaudire un suo desiderio: dormire eternamente, evitando la morte e rimanendo giovane per sempre. Come, poi, nel sonno, il bel pastore sia riuscito a generare ben cinquanta figli non è facile capire. Ma da un mito così romantico non è possibile pretendere una logica ferrea.
Eva Cantarella (nella foto un dettaglio dell'affresco di Annibale Carracci, Palazzo Farnese, Roma, 1597)
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