giovedì 9 agosto 2012

L'ombra di un viso

"Avevo scritto un testo sulla scrittura e la differenza che cominciava così: Scrivo per non avere più un volto. Era un'intuizione, una specie di verità profonda che usciva dal mio inconscio: non avere più un volto è un modo  di cancellarsi, di non mettersi in mostra. Se ho qualcosa da dire, se merita di essere detto, allora bisogna scriverlo e non gettare un'ombra sulle parole, l'ombra di un viso che tende a piacersi troppo. "
Tahar Ben Jelloun, Marocco, Romanzo
Un brano che ha fatto discutere gli amici di FB, un'interessante conversazione che riporto:




  • Domenico Riposati In realtà lo scrivere è uno dei gesti più egocentrici ed autocelebrativi che l'uomo possa compiere. Con la scrittura ci si mette a nudo, si esprimono i propri stati d'animo, si dispone del proprio essere e lo si mette a disposizione del lettore. Mai alla mercè. Chi scrive dà di sé una propria immagine, un proprio volto, che non è detto che sempre rispecchi ciò che si è, in quanto si può mentire, si può rispondere a logiche di mercato. Anche se in realtà bisogna essere molto bravi per nascondersi dietro al tratto di penna e pochi sono in grado di farlo. Esattamente il contrario di ciò che dice lo scrittore marocchino: chi scrive vuole sempre avere un volto e vuole mostrarlo.
    9 agosto alle ore 11.08 ·  · 1

  • Mario Anton Orefice ‎... e se fosse una necessità, e se fosse impossibile non scrivere, non registrare, non mentire, e davvero quando leggi un autore vedi il suo volto e non il tuo?
    9 agosto alle ore 13.50 ·  · 1

  • Domenico Riposati È probabile che il lettore veda il proprio volto nello scritto dell'autore. Il discorso però verte dalla parte dello scrittore che quando scrive vuole dare la propria immagine, la propria verità. Vuole esprimere il proprio essere egocentrico, titolato di verità. Pochi sono coloro che scrivono al fine didattico. I più, da tempo immemorabile, per fattore estetico e quindi in risposta al proprio Io.
    Dall'altro lato il lettore, nel vedere una verità non sua, ci si può avvicinare e farla diventare propria. Di contro, sarebbe scrittore anch'egli.
    9 agosto alle ore 14.36 tramite cellulare ·  ·1

  • Mario Anton Orefice Mi fai venire in mente il grande Calvino che in Lezioni Americane scrive: "Magari fosse possibile un'opera concepita al di fuori del self, un'opera che ci permettesse d'uscire dalla prospettiva limitata d'un io individuale, non solo per entrare in altri io simili al nostro, ma per far parlare ciò che non ha parola, l'uccello che si posa sulla grondaia, l'albero in primavera e l'albero in autunno, la pietra, il cemento, la plastica...

  • Domenico Riposati Bella citazione! Nella lezione sulla Esattezza dice: come Hofmansthal ha detto, la profondità va bene nascosta. Dove? Alla superficie. E Wirtgenstein andava ancora più in là di Hofmansthal, quando diceva: Ció che è nascosto non ci interessa.
    Ecco, nello scrittore c'è questo credo, nel manifestarsi xke altrimenti non vi è interesse in ció che scrive.
    9 agosto alle ore 15.45 tramite cellulare · 

  • Isabella Gianelloni Come siete complessi oggi, amici miei! Io, sarà per la prossimità della partenza e dell'affastellarsi di biancheria, abiti (oddio cosa mi porto, non ho niente di buono in questo armadio), chiavetta USB, libri (2), sto pensando che la congerie degli oggetti somiglia un po' a quella delle parole, delle immagini, dei colori e degli odori pensati. Un po' alla rinfusa, all'inizio, senza una forma e un ordine precisi, in attesa che qualcosa accada per metterle insieme. Un treno su cui necessariamente bisogna salire: vagoni veri, grossi e cigolanti; ma anche parole che necessariamente devono prima o poi uscire. Quando il convoglio parte non si può più scendere, quando la penna verga il foglio si è innescata una reazione che va lasciata andare, irruenta o dolce, brevissima come un lampo o che scivola lentamente. Si scrive. Punto. Il passo successivo è mettersi in gioco, con l'attesa del giudizio altrui, con la speranza di aver condiviso le emozioni, con quel po' di istrioneria che desidera il sorriso, con la curiosità di sapere cosa ognuno dei lettori avrà letto. In parte somiglierà a ciò che si era pensato, immaginato, voluto dire; in larga parte, invece, sarà qualcosa di totalmente nuovo. E così si aspetta un'altra partenza, per un lido diverso, per un'avventura nuova.
    9 agosto alle ore 17.33 · Modificato ·  · 1

  • Loıd Ǝddǝsnıƃ Essere o apparire? This is the question.
    Nei primi anni '80, dopo che l'onda punk s'era assunta l'onere di eliminare la figura della rockstar (celebrazione dell'esibizionista), con l'esito fallimentare di creare la mostruosa punkrockstar; si diffuse una sorta di filosofia esoterica tra le band postpunk (Joy Division, Cure, Bauhaus, ecc.) che mai avrebbero messo le loro facce sulle copertine dei loro dischi, e spesso neppure i loro nomi, sostituendo ogni informazione con immagini cripriche, minimaliste e talvolta funeree.
    Forse dalla stessa filosofia esoterica furono ispirati quegli artisti, performer, squatters, e quant'altri che, senza alcun contatto tra di loro, negli anni '90 si posero dietro il nome multiplo di Luther Blisset.
    Ma non era già Borges che si metteva nella posizione del falso bibliotecario citando scrittori e testi immaginari? O Lovercraft che delegava i suoi deliri paranoidi al Necronomicon? E allora Quì Quò Quà quando sfoderano l'omniscente Manuale delle Giovani Marmotte?
    Questi esempi per dire che chi scrive a tutti gli strumenti per esibirsi o camuffarsi, e addirittura cancellarsi a seconda di quale sia la sua indole, la sua intenzione, o gli obblighi occulti: pensiamo al ghost writer. Comunque vada, per quanto scriva di sè o della sua vita lo scrittore è sempre un costruttore di menzogne, e il lettore un inguaribile credulone, e ci sta bene così!
    9 agosto alle ore 18.51 ·  · 1

  • Mario Anton Orefice ‎-) Domenico, sei sempre uno stimolante conversatore, hai ragione sul fatto che Jelloun non mette in pratica ciò che teorizza (e che condivido), personalmente, come avrai intuito sono più vicino a Derrida quando scrive Un testo è un testo solo se nasconde al primo sguardo, al primo venuto, la legge della sua composizione e la regola del suo gioco, o al Wittgenstein interpretato come filosofo dell’indicible;
    Isabella, che bel testo sul testo, sulla necessità di scrivere e sull’eco della risposta come complessità, come incontro di piani diversi, come inarrestabile fluire, quando parte il prossimo treno?
    Caro Beppe tu chiami-evochi un autore a me caro, Pessoa, che scrisse Il poeta è un fingitore. | Finge così completamente | che arriva a fingere che è dolore | il dolore che davvero sente.
    Credo si scriva per lasciare una traccia del non più rintracciabile, per mettere ordine nel disordine, per acciuffare i pensieri , e la grande letteratura credo sia quel luogo in cui i personaggi e le storie diventano più vere dell’autore...

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