Muoversi sul filo che conduce verso l’altro è
un esercizio che richiede attenzione, sensibilità, empatia. Si cerca un
passaggio, uno “stare-tra” le trame di visioni del mondo diverse. Si diventa equilibristi interculturali: il termine è di Anna Granata,
pedagogista e ricercatrice dell’Università di Torino, che lo ha usato per la
prima volta nel libro Sono qui da una vita e che ieri
all’auditorium Stefanini di Treviso ha presentato il suo ultimo lavoro: Intercultura,
report sul futuro. Un dialogo a più voci, un libro che diventa metafora
dell’accoglienza, dell’incontro, del confronto fra differenze.
Alla domanda se l’incontro con l’altro sia una sfida impossibile, Anna Granata risponde con un sorriso: “Perché usare il termine altro che già introduce una distanza, perché non lo chiamiamo scambio tra persone. L’altro per alcuni è sinonimo di straniero, invece per me l’altro è chiunque io incontri, il vicino di casa, lo studente, mia sorella.”
Alla domanda se l’incontro con l’altro sia una sfida impossibile, Anna Granata risponde con un sorriso: “Perché usare il termine altro che già introduce una distanza, perché non lo chiamiamo scambio tra persone. L’altro per alcuni è sinonimo di straniero, invece per me l’altro è chiunque io incontri, il vicino di casa, lo studente, mia sorella.”
Il movimento, la fluidità, l’attraversamento, lo
sconfinamento sono i fili su cui avanza il libro: le maestre di Milano che
vanno ad insegnare al campo Rom, i bambini di seconda generazione che passano
dalla lingua madre all’italiano, al dialetto, il perdersi nella città che
diventa esperienza di crescita, di esplorazione dei confini, l’andirivieni
dagli spazi reali d’incontro a quelli virtuali, dai luoghi ai non-luoghi,
l’ospitalità come dialogo alla pari, il prendere del tempo per ascoltare le
persone, il coraggio di sconfinare dalle proprie convinzioni, di uscire dalla
building paranoia (Steven Flusty): l’ossessione di costruire muri per difendere
i nostri territori.
L’incontro, organizzato dall’Auser di Treviso,
è proseguito con una tavola rotonda aperta al pubblico che ha offerto storie
davvero emozionanti. Daniela, moldava, raccontava la battaglia nazionalistica
in famiglia: la figlia minore si sente italiana e canta l’inno di Mameli, la
ragazza di quattordici anni, invece, si sente rumena e non vede l’ora di
tornare. Francesca, nata in Italia da famiglia originaria del Togo, ha
raccontato quando ha iniziato a sentirsi diversa: “Alle elementari nessun
problema, alle medie qualche domanda da dove venivo, ma il momento in cui ho
capito che non ero uguale agli altri è stato alle superiori: per andare in gita
ci vuole la carta d’identità e io non ce l’avevo perché chi nasce in Italia
diventa cittadino italiano solo se è figlio di italiani. Quindi, anche se
conoscevo meglio di alcuni miei compagni la storia e la letteratura di questo
paese, sono dovuta rimanere a casa”. Oleg, di origine russa con passaporto
rumeno, ha raccontato del viaggio che ha intrapreso sei anni fa per venire in
Italia: “Una scelta non facile se non hai un soldo in tasca, ti devi arrangiare
con mezzi di fortuna, un mio amico è morto”.
Il viaggio fra territori diversi avrebbe
sempre bisogno di essere illuminato da una guida, perchè come ricorda una
bellissima citazione di Antoine de Saint-Exupery contenuta nel libro:
“L’assenza di una sola stella, come un’imboscata, è sufficiente per annientare
una carovana sul suo cammino.”
E l'ospitalità vera, forse, non sta in una norma, ma nell'accogliere incondizionatamente l'altro senza chiedergli e imporgli domande, lingua, obblighi, come scrive Derrida nel suo saggio Sull'ospitalità: "L’ospitalità giusta rompe con l’ospitalità di diritto; non che la condanni o vi si opponga, può anzi metterla e tenerla in un moto incessante di progresso; ma è tanto stranamente diversa dall’altra, quanto la giustizia è diversa dal diritto al quale tuttavia è così vicina”.
Intercultura, report sul futuro (ed. Città Nuova) è stato scritto da Anna Granata insieme a Michele De Beni, Davide Girardi, Elena Granata, Francesco Grandi, Afef Hagi, Ivo Lizzola, Caterina Martinazzoli, Giuseppe Milan, Magda Pischetola, Marina Santi, Alice Sophie Sarcinelli.
E l'ospitalità vera, forse, non sta in una norma, ma nell'accogliere incondizionatamente l'altro senza chiedergli e imporgli domande, lingua, obblighi, come scrive Derrida nel suo saggio Sull'ospitalità: "L’ospitalità giusta rompe con l’ospitalità di diritto; non che la condanni o vi si opponga, può anzi metterla e tenerla in un moto incessante di progresso; ma è tanto stranamente diversa dall’altra, quanto la giustizia è diversa dal diritto al quale tuttavia è così vicina”.
Intercultura, report sul futuro (ed. Città Nuova) è stato scritto da Anna Granata insieme a Michele De Beni, Davide Girardi, Elena Granata, Francesco Grandi, Afef Hagi, Ivo Lizzola, Caterina Martinazzoli, Giuseppe Milan, Magda Pischetola, Marina Santi, Alice Sophie Sarcinelli.
spesso il dialogo passa in secondo piano, ci si ferma davanti ai pregiudizi che offuscano ogni forma di comunicazione con "l'altro". Complimenti per l'articolo! occorre dare maggiore visibilità a queste iniziative..
RispondiEliminakaoutar